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I "casi riservati" al vescovo nei confessionali di Capracotta

  • Immagine del redattore: Letteratura Capracottese
    Letteratura Capracottese
  • 20 giu
  • Tempo di lettura: 5 min

Confessionale Capracotta
Uno dei confessionali di Capracotta.

Lungo le navate laterali della Chiesa di S. Maria in Cielo Assunta di Capracotta esistono due coppie di antichi confessionali in noce, e la coppia presente nella navata sinistra appare di più pregevole fattura. Quei due confessionali si differenziano tra di loro per le decorazioni della parte superiore. Il primo ha al centro una specchiatura con uno stemma circondato da motivi foliari e ai due angoli vasi lignei con fiori; il secondo confessionale, invece, presenta decorazioni a girali e grosse foglie con al centro una croce. Stando al Catalogo generale dei Beni culturali, si tratta di opere di intagliatori (a mio avviso autoctoni) del XVIII secolo.

All'interno di questi due pregevoli confessionali, inoltre, è ancora possibile ammirare le tavole dei «casi riservati all'Ill.m° e R.m° Monsignor Vescovo di Trivento, colla scomunica annessa», ossia gli elenchi dei delitti per i quali l'arciprete di Capracotta non poteva assolutamente impartire l'assoluzione. I "casi riservati" non erano che reati più gravi che richiedevano un trattamento specifico, con indagini e processi condotti dalla Diocesi stessa.

Le procedure per affrontare questi casi sono state aggiornate nel tempo, tant'è che anche nei due confessionali di Capracotta sono presenti tre differenti liste, la più recente delle quali porta la data del 1903 ed è stampata in latino, mentre quella mediana, anch'essa su carta stampata, appartiene agli anni '60 dell'Ottocento, mentre la più antica - quella di cui mi occuperò - è autografa e pare avere qualche lustro in più (forse è degli anni '40 del XIX secolo). Nella prima tavola di quest'ultima sono elencati nove delitti per i quali era prevista la scomunica:

  1. Chi abbusa li sagramenti, o sagramentali, ed altre cose sagre, e chi dà, o chi riceve queste cose per abusarle, benché l'abuso non ne seguisca.

  2. Chi dà, o promette ossequio, o servitù al demonio, invocandolo espressamente in suo ajuto, o fa, e fa fare legature, per impedire l'uso del santo matrimonio o altri incanti, magie, superstizioni, o maleficj per eccitare amore, o odio, o nuocere in qualsivoglia modo alcuno, ancorché non siegua l'effetto, e non vi sia errore nell'intelletto; chi sa, e non denuncia.

  3. Chi rubba, trattiene, impedisce, accusa, o in qualsivoglia modo defrauda le decime, ed altre rendite, o frutti ecclesiastici.

  4. Chi commette omicidio volontario, o procura l'aborto di feto animato, ancorché non seguisca l'effetto, e chi in queste cose dà conseglio, ajuto, comando, e in qualsivoglia maniera coopera.

  5. Chi ritiene in letto le creature prima d'aver compito l'anno, seguito il caso della soffocazione.

  6. L'incendiarj volontarj prima della denuncia, perché dopo la denuncia il caso è riservato al Papa.

  7. Chi proferisce parole disoneste in presenza delle monache, novizie, educande ne' monasteri, e canda [sic] canzoni lascive intorno ad essi, o scrive lettere che queste cose contengono, o le manda, o scientemente le porta alle sudette, o in qualsivoglia modo parla con queste senza licenza di monsignor vescovo, o del suo vicario, o altro deputato.

  8. Chi apporta un impedimento falso per impedire il matrimonio, o pure sapendo il vero impedimento non lo rivela.

  9. Chi depone maliziosamente in giudizio falsa testimonianza, tanto nelle cause criminale quando [sic] nelle civile in grave danno del prossimo, o pure scientemente fa che altre la depongono. Come parimente il giudice, il notaro, lo scrivano, ché di minutamente, o con inganno, o dolo, pigliano, o scrivano le deposizioni de' testimoni.

Dalla lettura di questa prima tavola di casi riservati nascono obbligatoriamente alcune riflessioni di natura sociologica. I peccati più gravi erano sì quelli riguardanti gli atti sacrileghi in chiesa e il satanismo, tuttavia erano seguiti dal reato di defraudare «in qualsivoglia modo» il clero locale. Riguardo all'art. 2, va segnalata la «legatura», una forma di fattura ritenuta tra le più efficaci: con essa si pensava di ridurre all'impotenza uno degli sposi, generalmente l'uomo, nella prima notte del matrimonio. L'aborto di un feto già formato, poi, era praticamente equiparato all'omicidio volontario, così come lo è ancor oggi nella giurisprudenza italiana. Tuttavia, colpisce il caso dei piromani («incendiarj volontarj»), i quali venivano scomunicati perché il dolo procurato causava serissimi problemi di sopravvivenza a tutte le popolazioni, figuriamoci quella capracottese, che si nutriva e riscaldava grazie ai suoi boschi.

Colpisce anche la casistica, peraltro moderna, di punire i genitori che solevano dormire nel letto assieme ai neonati, causandone, seppur involontariamente, il soffocamento: ancor oggi capita di leggere cronache legate al cosiddetto co-sleeping, pratica molto dibattuta ma fortemente sconsigliata dai pediatri. Beh, la diocesi di Trivento di due secoli fa era piuttosto all'avanguardia in questo senso!


La tavola dei "casi riservati alla Diocesi di Trivento" nel confessionale capracottese.
La tavola dei "casi riservati alla Diocesi di Trivento" nel confessionale capracottese.

Vi erano, inoltre, altri sei delitti la cui giurisdizione rimaneva riservata al vescovo di Trivento, ma per i quali non era prevista la scomunica:

  1. Chi bestemmia Iddio, la Beata Vergine per una volta, [cancellato].

  2. Chi percuote il padre, la madre, ed i maestri.

  3. Chi taglia arbori fruttiferi con danno, ed ingiuria altrui.

  4. Il ratto delle vergini, lo stupro, l'incesto, in primo, e secondo grado di consanguinità, e affinità corporale, e spirituale, la sodomia, la bestialità, il concubinato, al quale non si deve assolvere, ancorché ha avuta da' superiori la facoltà, se il concubinato almeno due mesi non si sia contenuto, ed abbia fatta la separazione della concubina, non solamente dal letto, [ma] dalla casa, ed abitazione.

  5. Chi procura l'aborto del feto inanimato, e chiunque questo consiglia, commanda, e dà ajuto.

  6. Li sposi de futuro, che prima di sposare si conoscano carnalmente.

Anche in questo caso vi sono delle riflessioni da fare. Era oggetto di stigma - ma evidentemente accadeva - malmenare i propri genitori o i maestri, da intendersi nel senso estensivo di "datori di lavoro". Anche il taglio degli alberi da frutto era considerato un peccato grave, il che probabilmente seguiva la logica giuridica dell'art. 6 della tavola precedente. Se l'aborto entro le prime 12 settimane non produceva scomunica, tuttavia rimaneva un fatto esecrabile, così come l'incesto, la zoofilia, l'omosessualità, la convivenza e i rapporti sessuali consumati prima del matrimonio. È interessante notare come sia stato cancellato, in entrambi i confessionali, il secondo comma dell'art. 1, secondo cui bestemmiare due volte i santi rientrasse tra i "casi riservati".

Ahimé non ci è pervenuta la terza tavola, quella dei «casi riservati al sinodo», ossia a quell'assemblea locale di rappresentanti del clero e laici (notabili), convocata per discutere e deliberare su questioni importanti riguardanti la disciplina ecclesiastica. Grazie alla seconda lista (firmata dal vicario di Trivento mons. Daniello Maria Zigarelli), è possibile però desumere gli ultimi cinque delitti previsti:

  1. Coloro, che tengono i figli nel proprio letto conjugale passati i 7 anni, e che dormono con altre femmine di anni 10 parenti, ed affini.

  2. Coloro, che essendo di anni 14 dormono con le femmine di anni 10 parenti, ed affini.

  3. Chi ascolta bestemmie ereticali è tenuto a denunciare tra un mese, scorso il quale cade nella censura.

  4. I confessori sì regolari, che secolari, i quali assolvono per una volta il loro complice sia in peccato carnale, sia che abbiano fatto omicidio, furti, o libelli famosi, o abbiano consigliato, o in qualche modo cooperato.

  5. Gli sposi, che abitano nell'istessa casa, e se dietro l'ammonizioni continuassero, s'intende allora essere puniti colla scomunica.

Dalla lettura di questi «casi riservati», insomma, emerge il ritratto di una società sicuramente sottomessa al potere clericale e alla morale cattolica, le cui regole, però, non appaiono né molto stringenti né sembrano richiamare grandi questioni teologiche, quanto invece faccende materiali quali l'appropriazione indebita, le lesioni personali, i rapporti familiari, la sicurezza ambientale, i gusti sessuali ed il cosiddetto "buon costume". Traspare, tra il XVIII e il XIX secolo, una diocesi dalla struttura sociale piuttosto "liberale", che ammoniva severamente le sue pecorelle smarrite ma che, in fondo, lasciava loro ampi pascoli di libertà personale e collettiva.


Francesco Mendozzi

Bibliografia di riferimento:

  • L. Campanelli, La Chiesa Collegiata di Capracotta. Noterelle di vecchia cronaca paesana, Tip. Molisana, Campobasso 1926;

  • V. D'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie (nullius) del Regno delle Due Sicilie, Ranucci, Napoli 1848;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;

  • D. M. Zigarelli, La invidia, Napoli 1854.

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