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Castore e Polluce a Capracotta


G. De Chirico, "I Dioscuri che abbeverano i loro cavalli", 1934, olio su tela.

Castore e Polluce? Ma che c'entrano con Capracotta? Tutto iniziò un giorno, quando chiesi a zio Emilio di raccontarmi una storia... – C'era una volta in un bel paese, disteso su una rupe impressionante, una casa speciale, ultima del paese verso valle, dove viveva un bambino speciale che aveva due mamme, due papà e due angeli custodi. Quel bambino, nato nel 1935, ultimo di cinque fratelli e due sorelle, crebbe in un ambiente fatato, immerso nella natura e nei suoi ritmi, vigile e attento osservatore di quanto accadeva intorno a sé. Si accorse subito di avere due mamme: Mamma Ména e Mamma Cenzélla; Cenzélla restata vedova molto presto, viveva nella sua stessa casa in una stanza al secondo piano e faceva parte della famiglia. Crebbe accudito anche da due padri: infatti, quando nacque, suo fratello Carmine aveva 20 anni e da sempre si era fatto carico di molte responsabilità familiari, supplendo così alle limitazioni motorie e lavorative del padre, Domenico, tornato invalido e mutilato dalla prima guerra mondiale. E scelse di avere anche due angeli custodi. Tra le prime letture, in seconda elementare, come esempio di fulgido amore fraterno (il fascismo era solito infarcire anche innocenti racconti di roboanti paroloni), in una mezza paginetta del sussidiario ecco Castore e Polluce, gemelli bellissimi e ardimentosi. Castore mortale e Polluce immortale, sempre insieme e quando in un combattimento Castore fu ferito a morte, Polluce, volendo seguire il destino del fratello, chiese al padre Zeus di non separarli; gli fu concesso di vivere per sempre nel cielo, come due stelle vicine, nella costellazione dei Gemelli a loro dedicata. Qualche giorno dopo un'altra lettura: l'angelo custode; mentre il bimbo leggeva sul tavolo di cucina, alzando lo sguardo verso il caminetto, per la prima volta guardò attentamente i due angioletti dorati posti sulla cappa e all'istante decise che loro due sarebbero stati i suoi angeli custodi; mischiando sacro con profano li chiamò Castore e Polluce. Un giorno, con il fratello Italo di tre anni più grande, decise marinare la scuola in una bellissima giornata primaverile; a San Giovanni passando vicino ad una falegnameria, fu colpito da una specie di mulino a vento che in quel momento non girava; mastro Savino Sammarone gli spiegò che bastava un soffio di vento per mettere in moto le pale e far funzionare tutti i macchinari; poi scese per un viottolo fin sotto il dirupo e da lì vide per la prima volta la maestosa chiesa quasi sospesa nel cielo; andò a controllare un cespuglio di sempreverde agrifoglio, per poi utilizzarlo come albero di Natale; si avvicinò alla masseria di Cambaniéglie e adocchiò un maestoso albero di noci decidendo di tornare in autunno per assaggiarle; tornò arrampicandosi per il dirupo attraverso un ripido e pericoloso viottolo, per trovarsi vicino alla scuola, giusto in tempo per la fine delle lezioni; in tutto questo bel vivere, appena sbucò dove c'è attualmente la villa comunale, si accorse che gli alunni erano già usciti perché incontrò Remo, suo compagno di banco, che lo salutò con un sorriso beffardo. Quella sera, a letto, per la prima volta immaginò un battibecco tra i due angeli custodi; Castore accigliato rivolto a Polluce:

– Ma ti sembra logico insinuare in un bambino il desiderio di non andare a scuola approfittando della bellissima giornata primaverile? Di questo passo che ne verrà fuori dal nostro protetto?

E Polluce:

– Ma come sei pesante, non hai visto che bella esperienza ha fatto oggi? Non hai visto come gli brillavano gli occhi mentre ascoltava mastro Savino, non hai visto come era contento, come si muoveva agile e felice?

– Sì tanto agile che, se non ci fossi stato io a sorreggerlo in quel pericoloso passaggio nel dirupo, ora saremmo tornati tutti e tre nel paradiso!

E Polluce di rimando:

– Ma tu hai fatto solo il tuo dovere, allora che razza di angelo custode saresti?

Quel bimbo speciale, quella sera, si addormentò in dolce compagnia e sorridendo. Il giorno dopo buscò dal maestro un paio di spalmate senza motivo e si rese conto che la soffiata era arrivata; di nuovo la sera, prima di addormentarsi, con le manine ancora doloranti, giocò con la fantasia con i due angeli custodi; Castore, rivolto a Polluce:

– Hai visto che bel risultato hai ottenuto? Povero piccolo! – e Polluce:

– Certo,oggi non è stata una bella giornata, ma non si può essere felici tutti i giorni e poi ha capito che non può fidarsi di tutti; ogni ragazzino pensa a modo suo; – si addormentò ugualmente con un sorriso. Il giochino gli piacque tanto che da quelle prime volte continuò ogni sera ad immaginare come i due angeli custodi avrebbero commentato i fatti del giorno, quasi come un moderno telegiornale. Così piano piano Castore e Polluce divennero una componente rassicurante della sua crescita e i dialoghi con essi sempre più ricchi e divertenti. Attribuiva ora all'uno ora all'altro lo spunto per le sue azioni immaginando Castore calmo, riflessivo e prudente, e Polluce tutto genio e follia. Alcuni di quei fantastici dialoghi collegati a avvenimenti speciali rimasero per sempre nella sua memoria. ...Nei primi di settembre del 1943 giunsero i tedeschi e improvvisamente in tutto il paese si respirò un'aria intrisa di paura e di preoccupazione. Poi arrivò il giorno del terrore e dello sgomento quando Gasperino e Rodolfo Fiadino, colpevoli di avere dato da mangiare a soldati inglesi sbandati e affamati, furono fucilati; quella sera, con Castore e Polluce, tentò di dare risposte ai suoi accorati perché; ma, comunque si sforzasse, non riuscì a immaginare un dialogo con loro; come raramente succedeva, si addormentò senza sorridere. ...Una mattina, improvvisamente, sordi e potenti boati fecero sobbalzare tutti; colonne di polvere e di fumo arrivavano fino al cielo. Le preziose case saltavano in aria squarciate e ridotte a cumuli di macerie o incendiate. Per due giorni quel bimbo si guardò intorno intimorito e confuso da tanta ferocia; nulla gli sfuggiva, nemmeno che dalle finestre e dal tetto della casa dei Carfagna uscisse fumo in continuazione e nessuna lingua di fuoco.

(Il fumo cessò solo dopo che i tedeschi abbandonarono il paese ed allora si scoprì l'astuto stratagemma ordito dai proprietari: bruciarono per tre giorni e due notti sacchi di iuta inumiditi; riuscirono ad ingannare i tedeschi, rischiando la vita, ma salvando la casa anche se annerita!) Quel bimbo restò senza parole anche quando incendiarono la casa, la bottega e il deposito di legnami dei fratelli Giuveddì, rinomati falegnami: le fiamme arrivarono alle nuvole e l'incendio durò due giorni e due notti. Sperava che la sua casa fosse risparmiata ma così non fu; era l'ultimo giorno di distruzione e di mattina presto, giunsero tre soldati e cacciarono tutti dalle case; un botto spaventoso si diffuse ovunque; saltarono in aria quattro case della fila, solo la casa di quel bimbo restò in piedi; di nuovo minata, il secondo botto sradicò la finestrella del tetto facendola volare fino alla falegnameria di Giuveddì. I tre soldati si allontanarono forse rinunciando all'impresa, ma subito incrociarono altri soldati che trasportavano un cassetto di comò colmo di candelotti di dinamite; questa volta lo scoppio fu terrificante: la casa letteralmente scomparve in un polverone enorme. Quella sera, rannicchiato in un angolo del pagliaio di fortuna costruito velocemente appena sotto casa, di nuovo dialogò con i suoi angeli custodi. Castore e Polluce, rammaricati ma sereni:

– Hai visto, abbiamo fatto di tutto per salvare la tua casa, ma anche noi a volte dobbiamo arrenderci! Quelli non erano soldati ma diavoli travestiti e noi siamo sempre in guerra con le forze del male; non sempre però vinciamo.

Non prese sonno quella notte ma immaginò le epiche battaglie tra fulmini e saette, tra diavoli e angeli custodi, tra male e bene. ...A Casalnuovo, sfollati, spiaccicò un forte ceffone ad un ragazzo che con altri stava per picchiare il fratello Italo; di nuovo la sera immaginò Castore accigliato: – Ma sei sempre il solito, adesso lo istighi pure alla violenza – e Polluce:

– E smettila una buona volta; ma come avrei potuto abbandonarlo? Che bello quel sonoro ceffone assestato a quel prepotente! Proprio ci voleva, che gioia! Non vedi come sta crescendo bene il nostro protetto? Dalle macerie della casa furono recuperati anche i due angioletti: Castore aveva un braccino staccato di netto mentre Polluce, oltre al braccino, aveva un'aluccia spezzata. Quella sera prima di addormentarsi tornò a giocare con i due; Castore:

– Non ne potevo proprio più di stare sotto le macerie, però ce ne hai messo di tempo per ritrovarci – e Polluce:

– Sei sempre il solito brontolone, non ti accontenti mai; non eravamo alla luce del giorno ma ben presenti nella sua mente. Ricostruita la casa, anche i due angioletti, riparati da un mastro ferraio, ripresero il loro posto. Armeggiò un intero pomeriggio con un proiettile di mitragliatrice battendo sulla pallottola per sfilarla e ricavare una manciata di spaghettini grigiastri; la sera immaginò Castore urtato verso Polluce:

– Ma sei proprio incorreggibile; invece di proteggerlo ti diverti a metterlo sempre in pericolo? – e Polluce di rimando:

– Ma non hai visto come guidavo la sua mano dosando i colpi per evitare che il proiettile scoppiasse? Non hai visto come era contento quando al buio, dallo spaghettino acceso, si sono sprigionate migliaia di scintille colorate?

Portava il nipotino scalzo, a cavalcioni sulle spalle, quando, di ritorno dal prato di Conti in cerca di funghi, accorciò il percorso per tornare a casa passando per i campi coltivati e per poco non calpestò una vipera; la sera immaginò Castore adirato contro Polluce:

– Ma è possibile che questo testardo di ragazzo fa sempre quelle cose pericolose e proibite che tu gli suggerisci? Mica è immortale come te!

– Meno male che ci sono anche io a stimolarlo! Ma non vedi che alla fine tutto torna e che le difficoltà lo aiutanoa crescere? Se ascoltasse solo e sempre te, diventerebbe un inetto spaventato anche dal volo di una mosca. Un fastidioso raffreddore, in una freddissima mattina di dicembre gli impediva di respirare; indossata la divisa di calcio come se dovesse giocare una partita, uscì di casa correndo sulla neve gelata tornando sudatissimo, accaldato e, come per miracolo, senza più raffreddore; di nuovo Castore a Polluce:

– Ma sei propriomatto? Ma come ti salta in mente di invogliarlo a fare queste pazzie? – e Polluce:

– Hai proprio la memoria corta! Hai dimenticato che il nostro protetto ha letto che il freddo ammazza i microbi? Preferivi forse vederlo soffrire, triste e sconsolato aspettando di guarire? Guardalo adesso come è soddisfatto!

Anche quella sera si addormentò sorridendo. Suo cugino Antonio, compagno ideale di giochi e avventure, spericolato fino ai limiti estremi, per recuperare il pallone rimasto sul tetto della casetta del Tiro a Segno cadde e si procurò una lunga ferita in testa; la sera immaginò di chiedere ai due perché non avessero fatto nulla per aiutarlo. – Ma lo sai che Antonio ha una folta schiera di angeli custodi che lo proteggono? È colpa sua se in quel momento erano tuttisfiniti e stanchi; stavano riposando.

– Ué ragazzo, noi due siamo già impegnati al massimo per proteggerti, ma adesso pretendi che dobbiamo pensare anche ai tuoi parenti?

Si addormentò sorridendo al pensiero che le numerose malefatte del cugino tutto matto richiedessero tanti angeli custodi necessari alla sua sicurezza! Festeggiò in modo speciale il suo quindicesimo compleanno rubando nei campi, aiutato da Antonio, oltre 20 chilogrammi di patate barattati in piazza con 10 chilogrammi di squisita uva fragola; al solito Castore:

– Se continui a solleticarlo così, ne farai un perfetto ladro, non solo di patate – e Polluce:

– Ma come era buona quell'uva fragola, era da tempo che la desideravo e questo compleanno, festeggiato così, non lo dimenticherà mai, non credi? Nel 1964, i suoi genitori si trasferirono da Capracotta lasciando la casa della Fundióne; staccò a fatica dalla cappa i suoi due angeli custodi e li portò con sé. Ogni tanto ripensando ai fantastici appuntamenti con Castore e Polluce, sorride soddisfatto. E qui finisce la storia. – Zio, è sempre un piacere ascoltarti; gira gira mi hai raccontato ancora una volta alcuni episodi della tua vita; però, complimenti, nonostante i tuoi 76 anni ne hai ancora di fantasia! Mai avrei pensato che così, su due piedi, saresti arrivato ad inventarti la favoletta dei tuoi due angeli custodi!

– Tu dici, ma... aspetta un momento, che c'è una sorpresa per te.

Tornò poco dopo e da una vecchia scatola di scarpe tirò fuori due angioletti dorati, con evidenti saldature sui braccini e su un'aluccia.

– Ecco, questi sono Castore e Polluce, li ho conservati gelosamente per tanti anni e da tempo aspettavo questo momento; ora che ho quasi percorso tutto il cammino della mia vita li affido a te perché tu possa un giorno sistemarli di nuovo sulla cappa di un caminetto con la speranza che qualche altro bambino li scelga come fantastici compagni di sogni e di avventura.


Domenico Di Nucci

 

Fonte: D. Di Nucci, Castore e Polluce a Capracotta, in AA.VV., I racconti di Capracotta, vol. II, Proforma, Isernia 2012.

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