I costumi di Capracotta sono singolari. L'enorme mastino, più grosso dei lupi in agguato nelle campagne, che in inverno conduce la slitta del servizio postale fino alla ferrovia a tre leghe di distanza, ha avuto una donna per nutrice. Il contrario della favola di Romolo e Remo. Ciò non deve sorprendere poiché corrisponde ad un'usanza del luogo.
Ieri ho guardato con un telescopio le vele sull'Adriatico. A 1.400 metri d'altezza l'occhio ti porta assai lontano. Si vede il mare dal piccolo giardino condominiale sul bordo del baratro. Il sito della città, al pari di molti centri abitati italiani, è ideale per difendersi dagli attacchi nemici. Nel fondovalle il Sangro corre verso oriente, ove il sole suona la fanfara, con le sue acque di ghiaccio e di schiuma, sbattuto contro le rocce che strappa dalle rive stesse. Durante il suo corso la catena montuosa muore in un deserto posto ai margini del fiume, che s'inonda d'ampia luce torrenziale: guerra e pace ispirano ad un tempo quiete e tempesta. Gli alti Appennini, pel calore e la varietà dei colori, singolarmente superano la bellezza delle Alpi. Sotto le lunghe nuvole bianche qua e là cerchi di pietra nera, insurrezione del regno minerale, arenarie demoniache per far duellare gli uragani, troni notturni e, divorati in silenzio, villaggi ammassati, cicli d'una perduta umanità, dove mandrie s'irraggiano come stelle raminghe, diffuse in estate nel solitario abbandono dell'anima, con tenerezza tuttavia, quasi fosse, non è da escludere, l'inferno di Madame Guyon.
Christian Beck
(trad. di Francesco Mendozzi)
Fonte: F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016.
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