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La contadina di Capracotta


Una delle illustrazioni di Arnaldo Ferraguti contenute nel romanzo di Edmondo De Amicis.

Siamo negli anni di fine '800: da Genova partono i piroscafi diretti verso l'America Latina e, in particolare, per l'Argentina; quasi senza tema di sbagliare, credo che forse in uno di questi viaggi si sia imbarcata anche la nonna italiana, piemontese, di un bimbo, che sarà un grande, in Argentina e poi nel mondo, per la sua missione: papa Bergoglio.

Il piroscafo, di cui parla De Amicis nel suo romanzo-diario di bordo, è il Galileo.

Partito dal porto di Genova, il piroscafo imbarcava 1.600 passeggeri: in prima classe l'aristocrazia, in seconda classe la borghesia, in terza classe il popolo: 400 fra donne e ragazzi-bambini, da una parte, e, gli uomini, dall'altra parte.

Gente che non espatriava per vaghezza di far fortuna: agricoltori, merciaiuoli, pecorai o caprai, contadini diffidenti, fabbricatori, calderai; molti con seggiole pieghevoli, coperte e strane valigie; alcuni bambini ancora allattanti al seno o tenuti stretti per mano. Molti anche senza alcun mestiere, proprio alla ventura: i più destinati a fare, nel Nuovo Paese, facchini, lustrascarpe, menestrelli e lavori minori, ancora più umili, ed anche alcuni suonatori d'arpa o di violino della Basilicata e dell'Abruzzo.

Il popolo di un intero villaggio sul piroscafo: fame e coraggio di tutte le province, di tutte le professioni! Compagni di viaggio per tre settimane, sconosciuti e inquieti, confusi nell'affollamento dei corridoi stretti, seduti sulle loro seggiole pieghevoli o sul cordame del piroscafo o sulle coperte; famiglie intere - mariti, mogli e figli - con visi sudici e capelli arruffati. Tutti si guardano tra loro, quasi scrutandosi reciprocamente con aria di smarrimento, di abbandono e di tristezza, con l'aspetto più da deportati che da emigranti.

Sui loro visi ancora i segni tangibili di stanchezza e di dolore, dopo gli ultimi addii:

– Ti raccomando, vai a salutare mio fratello!

– Questo pacchetto per mia nonna, non lo dimenticare sulla nave!

– Speriamo di rivederci!

– Buon viaggio!

Quindi le ultime parole d'ordine: "Chi non è passeggero a terra!". Parole in tante lingue: italiano, francese, inglese si sovrappongono: "Addio! Addio! È la separazione!". Un fremito al cuore di tutti.

Il ponte e le scale tolte, l'oscurità più fonda, e il piroscafo salpa, scivolando lentamente...

Sulle facce della maggior parte dei passeggeri una struggente amarezza, poi l'apatia in una confusione e disordine inestricabili... Poi le voci cominciano a calmarsi. La maggior parte scende in un intricato dedalo di stanzini, lungo strettissimi corridoi e nella pancia del piroscafo spariscono pian piano tutti: gli occhi velati di tristezza, ora sono velati dal sonno, ancora nel caro mare della patria, per qualche giorno. Nei corridoi del piroscafo resta ancora la voce concitata di qualche cameriere; poi dai recessi profondi e umidi, profumi vari misti a quello maleodorante in verità di animali imbarcati, i cui muggiti o belati si confondono con le grida dei marinai e dei facchini.

La misteriosa città galleggiante si muove lentamente!

Uffici del personale di bordo di ufficiali e del comandante, bugigattoli, stanzini, depositi di provvigioni, di bagagli, di cavi, laboratori d'ogni sorta, sterminati magazzini di carbone, torrenti di acqua dolce conservata in cisterne, stanze per dormire, numerose cucine, innumerevoli bagni e camerini cominciano tutti a svolgere il loro specifico ruolo.

E, in sottofondo, il brontolio sordo della macchina a vapore...

Contadina capracottese (foto: G. Paglione).

Il viaggio di 6.000 miglia inizia e con esso il mal di mare e le inevitabili conseguenze, specie in terza classe. Saranno 24 giorni di riposo (!?) e di mancanza di notizie della terraferma; intanto, si assopisce anche il ricordo di qualche animale o di un pezzo di terra o un vano di casa venduto, per pagare il biglietto.

Nella inevitabile familiarità del viaggio, nei giorni seguenti ci si scruta: parole a voce bassa, visi dai quali traspaiono alterni sentimenti: dubbi e noia, tristezza e nostalgia, astuzia o amarezza, soggezione o spigliatezza, che il cattivo tempo amplifica costringendo i passeggeri a stare dentro.

Ma sulla terrazza vastissima, come una piazza pensile, orizzonte senza limite, e un mondo sconosciuto su cui sono proiettate le speranze e i sogni. E aria purissima: un senso nuovo di piacere, come se già arrivassero i profumi potenti delle grandi foreste dell'America Latina! Nell'Atlantico, all'aperto, uno sciame saltellante di delfini, grida e fischi, e uno spicchio bianco di luna nella soavità dell'azzurro.

Inaspettata a Gibilterra - quel vestibolo dell'oceano dove si baciano i due continenti - la nebbia! Quindi cautela! Altri piroscafi rispondevano con suoni rauchi come ruggiti di leoni o allarmi, come di minaccia o di supplica: visi tesi e famiglie strette di passeggeri, senza sorriso; e il comandante visto come un santo protettore - sospeso tra l'oceano e il cielo. Silenzio pauroso a bordo, mentre lentissimo va il piroscafo...

Però la povera gente s'adatta a tutti i vani, come l'acqua. E... nell'eterogenea compagnia di passeggeri nascono relazioni, simpatie, gelosie, contrasti, conoscenze e pettegolezzi come in un grosso villaggio a terra.

Nei lunghi viaggi «l'amore è alma del mondo» e alcune donnine allegre, spinte da un'insolita tendenza alla tenerezza per la solitudine, davano maggiore preoccupazione anche al comandante del piroscafo.

Ed ecco, nella varietà di facce ridenti o tristi, stanche o allegre, come un covata di gatti, De Amicis notò una donna del nostro Alto Sannio...

Ma, l'oceano essendo tranquillo e l'aria limpida e fresca, molti erano allegri. E si poteva notare che, quietata l'agitazione della partenza, nella quale erano stati assorti tutti i pensieri, l'eterno femminino aveva già ripreso il suo eterno impero anche lì; non solo, ma che per effetto della scarsità ne era già cresciuto il valore, come in America. Pochi uomini stavano rivolti verso il mare; i più̀ passavano a rassegna le passeggiere. I giovani, seduti sopra i parapetti, con una gamba spenzoloni di fuori e i cappelli arrovesciati sulla nuca, pigliavano degli atteggiamenti di baldanza marinaresca, parlando forte e modulando il riso in maniera da attirar l'attenzione, e quasi tutti guardavano verso la boccaporta del dormitorio femminile, dove s'erano raccolte, come sopra un palco molte giovani ben pettinate, con nastrini nei capelli, con vestiti chiari, con fazzoletti vistosi, annodati con garbo: la parte intraprendente, pareva, del bel sesso di terza.
Fra queste spiccava una bella donnetta, – una contadina di Capracotta con un visetto regolare e dolce di madonna (lavata male), a cui diceva, mirabilmente, un fazzoletto da collo, che portava incrociato sul petto, tutto purpureo di rose e di garofani, che parean veri e fiammeggiavano agli occhi. E notai due ragazze, l'una bruna e l'altra rossa, due graziose facce sfrontate, messe con una certa civetteria cittadinesca, che discorrevano con grande animazione, dando di tratto in tratto in risate squillanti, dopo aver fissato ora un passeggiere, ora un altro, come se facessero la rivista dei tipi ridicoli dell'"emigrazione".
Il Commissario, capitato là mentre le osservavo, mi disse che eran lombarde, sole, sedicenti coriste, due diavolesse che promettevano di dargli molte noie durante il viaggio. E come io non capivo a che genere di noie volesse accennare, egli mi rivelò una delle maggiori piaghe della vita di bordo, in quelle piene d'emigranti: la gelosia delle donne maritate. Una tremenda cosa!...
«Miserie! – disse il commissario – Ce n'è da per tutto: ma in mare paion più tristi».

Allora, alla fine dell'800, era l'Italia che saliva a bordo, analfabeta, povera, in cerca di fortuna. Oggi altri emigranti arrivano in massa sulle nostre coste...

Sul web si trova certo il riassunto completo dell'opera, mentre la mia bustina si ferma a questa pagina: "finqui" si scriveva sul nostro testo di studio ai miei tempi. Ma io mi riprometto di continuare a leggere questo romanzo; anzi, perché qualcuno di voi non mi fa compagnia?


Marisa Gallo

 

Fonte: http://www.altosannio.it/, 25 settembre 2016.

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