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Il culto di san Sebastiano a Capracotta

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    Letteratura Capracottese
  • 18 lug
  • Tempo di lettura: 11 min

Per affrontare in modo esauriente ed organico la questione del culto di san Sebastiano a Capracotta, a mio avviso, è bene cominciare da quel che sappiamo, per poi integrare le notizie consolidatesi negli anni con ciò che ho scoperto con la ricerca d'archivio. Le domande a cui cercherò di rispondere sono formalmente tre:

  1. Perché san Sebastiano è il patrono di Capracotta?

  2. Da quando san Sebastiano è il patrono di Capracotta?

  3. Perché lo festeggiamo il 13 luglio?

Agiografia di san Sebastiano

San Sebastiano Capracotta

Sebastiano nacque a Narbona, in Gallia, da un funzionario romano e da una donna milanese. Nonostante fosse cristiano, fu inviato a Roma come guardia pretoria degli imperatori Diocleziano e Massimiliano, poiché era esperto nella fabbricazione e nell'uso delle armi. Credendosi immune dalle persecuzioni, Sebastiano cominciò a visitare i detenuti cristiani per recar loro un briciolo di conforto. Tale azione, tuttavia, apparve provocatoria agli occhi di Diocleziano al punto che venne tratto in arresto e processato. Il racconto della sua Passio, redatto da Arnobio il Giovane nel V secolo - e che persino "L'Osservatore Romano" non esita a definire «fantasioso» - tramanda il seguente dialogo fra accusatore ed imputato:

Io ti ho posto tra i grandi, dandoti libero accesso al mio palazzo, tu ordisci trame contro la mia salute e rechi pure ingiurie agli dèi dello Stato? Ho sempre pregato Cristo per la tua salute e per la sicurezza dello Stato in tutto l'impero ho sempre adorato il Dio che è nei cieli.

Sebastiano si rifiutò di abiurare alla propria fede e l'imperatore ordinò che fosse giustiziato secondo la condanna riservata agli ufficiali militari: il supplizio delle frecce.

Era il 288 quando, al teatro Flavio (poi conosciuto come Colosseo), gli arcieri lo legarono ad un palo e gli scagliarono un certo numero di frecce. Giacché il condannato sembrava morto, lo abbandonarono sul luogo dell'esecuzione. Tuttavia, una matrona romana di nome Irene si accorse che Sebastiano era ancora vivo: lo slegò, lo portò in casa propria e lo curò amorevolmente. Quando Diocleziano si rivide comparire innanzi colui che aveva condannato a morte, dopo un iniziale sbigottimento, ordinò ai soldati di ucciderlo una seconda volta, stavolta a bastonate, sul Colle Palatino, e poi di gettare il corpo nella Cloaca Maxima - la più antica e tuttora funzionante fogna di Roma - affinché nessuno potesse ritrovarne le spoglie. Sebastiano stavolta morì per davvero ma comparve in sogno alla vedova Lucina, un'altra donna romana, indicandole dove avrebbe potuto rinvenire il cadavere. Ella recuperò il corpo e lo seppellì nelle catacombe sulla via Appia dove, nel IV secolo, papa Damaso farà costruire una basilica dapprima intitolata a Pietro e Paolo e successivamente al martire Sebastiano, come risulta dall'autorevole Depositio martyrium del 354.

San Sebastiano e la peste del 1656

Il culto di san Sebastiano è stato sempre molto vivo in Italia e in Europa, ma è soltanto a partire dal 1656, in occasione della peste, che in tante regioni - soprattutto nel viceregno di Napoli, dove uccise 240.000 persone - san Sebastiano cominciò ad essere invocato in qualità di protettore contro questa letale malattia infettiva, poiché il popolo paragonava le ferite causategli dalle frecce ai bubboni della peste. Inoltre, tradizione voleva che l'intercessione del Santo era stata salvifica durante la peste del 680 a Roma. Per quanto riguarda specificatamente Capracotta, invece, dobbiamo tenere a mente quattro date ed altrettante informazioni ricavate dalla documentazione archivistica fin qui nota, proveniente dal "Libro delle memorie", conservato presso il Comune di Capracotta e compilato, a partire dal 1742, dal cancelliere Nicola Mosca.

  1. La prima data è il 1548. Da un punto di vista meramente toponomastico, nell'inventario delle rendite della Chiesa di S. Antonio Abate, figura «un pezzo di terra a S. Sebastiano di tomola quattro in circa»; non è dato sapere dove fosse situata esattamente la contrada di S. Sebastiano ma, giacché viene inserita tra i Vagli e le Fossata, potrebbe corrispondere all'area del Trione. L'ipotesi trova conferma nell'inventario «delli territorij dell'Arcipretato» del 1660, dove questa località è nuovamente menzionata quale confine di un terreno che si estendeva fino al mulino sul torrente Verrino. Di certo, laddove esiste un toponimo legato ad un santo, esiste pure un culto legato a quel santo.

  2. La seconda data è l'11 aprile 1671, quando il perito Antonio Cafaro, incaricato di realizzare una stima del feudo di Capracotta - dopo che questo era stato incamerato dal Fisco perché la precedente feudataria, Faustina d'Evoli, era morta senza discendenti -, firma una relazione in cui descrive, tra le altre, la Chiesa di S. Giovanni, che allora era intitolata anche ai Ss. Sebastiano e Rocco, «la quale è jus patronato del Barone, l'entrata della quale consiste in territorij, che rendono da docati 35 ogn'anno». È lecito pensare che, a differenza di tutte le altre, questa chiesa possedesse dei terreni profittevoli in virtù della peste di 15 anni prima, con molti cittadini capracottesi che, scampati al morbo, vollero ringraziare i martiri Sebastiano e Rocco, entrambi invocati contro le pestilenze, con donazioni terriere.

    Nell'apprezzo feudale di Cafaro, inoltre, sono menzionati anche i 22 ducati che l'Università di Capracotta versa al clero per «le processioni delle feste solenni di S. Sebastiano, e S. Margarita, e messe che si dicono [...] nelli quattro mesi d'estate, per commodità de' pastori, et altra gente di campagna». Questo fa capire come, dopo la Madonna, festeggiata il 15 agosto sotto il titolo dell'Assunzione e l'8 settembre sotto il titolo di Loreto, il terzo culto più importante nella Capracotta seicentesca fosse proprio quello di san Sebastiano.

  3. La terza data fondamentale è il 13 luglio 1676: avendo acquistato il feudo di Capracotta il 29 ottobre 1674, Andrea Capece Piscicelli (1646-1684) ne diviene primo duca e, per presentarsi ai suoi sudditi, dona al clero locale, esattamente 20 anni dopo l'epidemia di peste, le reliquie di alcuni martiri cristiani del II e III secolo, contenute in un grosso reliquiario di legno.

  4. La quarta e ultima data importante è il 18 agosto 1742: giorno in cui il Capitolo riserva l'altare di destra della nuova Chiesa Madre, di fresco consacrata, all'Università di Capracotta per custodirvi «l'imagine del nostro Padrone S. Sebastiano, e Ss. Martiri Protettori», altare consacrato il 12 maggio 1749. Allo stato attuale, è questa la prima attestazione ufficiale in cui san Sebastiano figura inequivocabilmente quale patrono di Capracotta. Quest'ultima attestazione è particolarmente importante soprattutto perché certifica che anche i santi Martiri sono protettori di Capracotta.

Queste notizie lasciano emergere con forza alcune ipotesi. Un qualche tipo di culto sebastianico esisteva a Capracotta già nel XVI secolo, come dimostra la toponomastica; tuttavia, l'epidemia di peste sembra aver propagato non soltanto il morbo ma anche il culto di san Sebastiano, giacché negli anni immediatamente successivi al 1656 si registra un exploit di donativi e contributi legati al Santo. Questa diffusione cultuale dovette essere particolarmente travolgente se si pensa che nel 1742, assieme ai Martiri, san Sebastiano è già, a tutti gli effetti, il patrono di Capracotta.


San Fabiano Capracotta
Le reliquie di san Fabiano papa a Capracotta.

Tuttavia, prima di concludere la parte relativa ai documenti che già conosciamo, dobbiamo risolvere la vexata quæstio su san Cristanziano. Qualcuno, infatti, ha creduto che il primo santo patrono di Capracotta fosse lo stesso di Agnone.

Fu san Cristanziano il primo patrono di Capracotta?

A mio avviso, è da rivedere completamente l'ipotesi secondo cui san Cristanziano fosse stato il protettore di Capracotta prima di san Sebastiano. Questa ipotesi, difatti, discende esclusivamente dalla trascrizione della "Notitia del glorioso S. Cristantiano nostro Protettore", un documento adespoto, anepigrafo e acronico (non ha autore, né proprietario, né data). In realtà, in quella notitia è semplicemente riproposta una breve storia della vita di san Cristanziano e di come, assieme a sant'Emidio (anch'egli venerato in Agnone), il suo culto si sia propagato dalle Marche alla Lombardia.

San Cristanziano Agnone
Il busto di san Cristanziano in Agnone.

Gli studiosi che, prima di me, si sono occupati del "Libro delle memorie", hanno ricondotto questa notitia al 1712, ma si sono certamente confusi con la data in cui Pietro Paolo Appiano stampò la vita di sant'Emidio. A ben vedere, a parte il fuorviante titolo, in quel documento non è scritto che Cristanziano fosse il protettore di Capracotta, né questa è mai menzionata; è invece lecito pensare che Nicola Mosca abbia trascritto quel documento per testimoniare ai posteri l'agiografia del santo patrono della vicina Agnone, che allora era uno dei centri più importanti del Contado di Molise. La notitia, molto probabilmente, risale al 1758, quando gli agnonesi, ignari del perché venerassero san Cristanziano, chiesero notizie in merito al vescovo di Trivento Giuseppe Pitocco, il quale a sua volta scrisse a Francesco Antonio Marcucci, storico di Ascoli. Fu così che quest'ultimo trasmise il testo della "Notitia del glorioso S. Cristantiano nostro Protettore" al vescovo di Trivento, ma tale risposta fu evidentemente intercettata dalla cancelleria di Capracotta. Trattandosi di un documento storico di una certa rilevanza, Nicola Mosca pensò bene di ricopiarlo sul "Libro delle memorie".

In effetti, se si legge per intiero la notitia, dopo aver raccontato quanto fosse venerato san Cristanziano in Nord Italia, essa termina con una sentenza che lascia pochi dubbi: «Negli [...] Caraceni è una terra, che posseduta ne' tempi antichi dagl'Ascolani, ha un tempio nobile, e maestoso col titolo di due santi, Emidio, e Cristanziano loro protettori», riferendosi probabilmente ad Agnone, dove il locale duomo, intitolato a sant'Emidio, fu eretto dai mercanti di Ascoli Piceno.

In aggiunta a questo, va detto che ancor oggi Sebastiano è un nome molto diffuso a Capracotta, tanto che ognuno di noi ha un genitore od un parente che porta questo nome, mentre quello di Cristanziano era insolito, per non dire irrintracciabile. Si pensi che tra i morti di peste dell'estate 1656, vi furono 8 Sebastiano e un solo Cristanziano. Rimontando ad epoche più remote, è possibile verificare un simile gap onomastico anche nella numerazione dei fuochi del 1561, quando il nome Sebastiano era già diffuso in paese mentre nessun capracottese si chiamava Cristanziano (o Cristinziano), elemento di certo non probante, ma che porta a pensare che quest'ultimo non fosse il patrono di Capracotta. Se poi ci avviciniamo ai nostri giorni, sul catasto onciario del 1743 vi sono ben 21 persone che portano il nome di Sebastiano e appena 4 quello di Cristanziano, perlopiù appartenenti a famiglie agnonesi trasferitesi a Capracotta, come i Del Papa.

Alla luce di questi fatti, credo che la figura di san Cristanziano vada definitivamente espunta da qualsiasi studio futuro sui culti religiosi capracottesi.

La data del 13 luglio

Ora veniamo ai documenti inediti. Sappiamo che la memoria liturgica di san Sebastiano cade il 20 gennaio, ma per ovvi motivi climatici i capracottesi la festeggiano in estate. Almeno sin dal '900, la festa, che prevedeva una processione corale di 13 santi, venne fissata al 13 luglio, probabilmente per commemorare la donazione di reliquie che il duca Andrea Capece Piscicelli aveva compiuto in quel giorno del 1676. Oltre 30 anni fa la data è diventata mobile, spostata alla seconda domenica di luglio, poiché resta inveterato l'uso di far le feste «per commodità de' pastori», comodità che è oggi riservata ai tanti emigrati di ritorno.

Dobbiamo fare delle ulteriori riflessioni sul giorno festivo del 13 luglio, che nascono dallo studio della pergamena originale con cui i "magnifici" Filippo del Baccaro e Domenico Pettinicchio, alla presenza dell'arciprete Pietro Paolo Carfagna e del sindaco Lorenzo Casciero, siglarono l'atto di donazione del Duca. In quel manoscritto si legge che «Sacras Reliquias de ord. ejusdem ex Alma Urbe Roma in dicta Terram Caprecotte vigi Pontificis facultatis translatas, et asportatas» (= le sacre reliquie del medesimo ordine furono traslate e portate da Roma a Capracotta per facoltà dell'autorità pontificia). Bisogna tuttavia precisare che le reliquie oggetto della donazione erano precipuamente quelle dei «Martyris Constantij, Faustini, Feliciani, et Aurelie» (= martiri Costanzo, Faustino, Feliciano e Aurelia), anche se dietro i vetrini se ne scorgono molte altre, come quelle di papa Fabiano, Benedetto, Giustina, Donata, papa Pio e Ilario, le cui spoglie furono rinvenute proprio nel 1656. Il primo duca di Capracotta, insomma, fece incetta di reliquie per fare bella figura presso il nostro popolo, il "suo" popolo. Nella pergamena è scritto che, a supervisionare l'intero processo traslativo, fu l'aquilano Giuseppe Eusanio, vescovo di Porfireone nonché prefetto del sacrario apostolico.

Al momento di detta donazione, il papa era Clemente X, il quale, sofferente di gotta, era in fin di vita, tanto che il 22 luglio 1676, nove giorni dopo l'arrivo delle reliquie a Capracotta, egli morirà. Nella storia della Chiesa, prima di Clemente X, nessun pontefice era giunto alla veneranda età di 86 anni. Essendo nato il 13 luglio 1590, è infatti possibile teorizzare che la data del 13 luglio, un anonimo lunedì d'estate, sia stata scelta dal Duca per onorare il genetliaco di un papa longevo giunto alla fine dei suoi giorni mortali e, ad un tempo, perché per sua disposizione gli era stato possibile portare le reliquie dei martiri romani sui monti di Capracotta. Il 13 luglio 1676, insomma, dovette essere festa grande a Capracotta, tanto che quella data rimase nel dna dei capracottesi, che la scelsero per festeggiare innanzitutto i santi Martiri e poi san Sebastiano.

Le reliquie di san Sebastiano

Dirò di più. Nel suo libretto del 1986, don Geremia Carugno scrive che, oltre agli «scarabattoli» (così li aveva definiti Luigi Campanelli!), esiste «un reliquiario portatile, tipo ostensorio, finemente lavorato in argento e che contiene, visibili dietro il vetrino centrale, le reliquie coi rispettivi nomi dei martiri», tra cui quello di san Sebastiano.


Reliquie San Sebastiano Capracotta
Il reliquiario portatile trafugato nel 2020.

Ho ritrovato l'atto di donazione di queste reliquie, avvenuta il 14 aprile 1717 per mano di Giuseppe Capece Piscicelli (1696-1755), quarto duca di Capracotta, il quale, grazie a mons. Antonio Sanfelice, vescovo di Nardò, donò alla chiesa di «S. Maria» una «particula ossis S. Sebastiani Martyris quam reposuimus in theca argentea forma ovata» (= scheggia d'osso di san Sebastiano martire che abbiamo riposto in una teca argentata di forma ovale), che altro non è se non il «reliquiario portatile, tipo ostensorio» di cui parlava don Geremia, che stava appeso da tempo immemore al collo della statua di san Sebastiano e che è stato trafugato, in piena emergenza Covid, il 17 agosto 2020. È curioso rilevare come le sante reliquie siano giunte dopo un'epidemia e, quasi 350 anni dopo, a seguito di un'altra pandemia siano state rubate.

La statua di san Sebastiano

Veniamo ora all'iconografia. Nelle rappresentazioni figurative più antiche, come il mosaico bizantineggiante della Chiesa di S. Pietro in Vincoli di Roma, Sebastiano appare come un uomo di età avanzata e con la barba lunga che tiene fra le mani una corona. Tuttavia, a partire dal '400, gli esempi più popolari della sua iconografia lo ritraggono come nel caso capracottese, in piedi, legato ad un albero col corpo trafitto dalle frecce. Sul fondo del basamento della nostra statua è presente la seguente dicitura:


Base san Sebastiano Capracotta
Pasquale e Giuseppe Di Capita fecero A.D. 1859

Si tratta della bottega dei fratelli Giuseppe (1810-1876) e Pasquale Amos Di Capita (1812-1877), intagliatori di Vastogirardi, il paese altomolisano che vantava una pregiatissima tradizione legata alla lavorazione del legno e al restauro. Nel 1870 sarà sempre la bottega Di Capita, guidata da Pasquale e dal figlio Francesco, a realizzare la bella statua di san Giuseppe che, ora restaurata, potete ammirare nel secondo altare di destra.

Conclusioni

Ricapitolando, sulla base dei documenti consolidati e dei manoscritti inediti che ho analizzato, è possibile affermare che il culto di san Sebastiano affondi le radici almeno nel XVI secolo a Capracotta, ma che questo conobbe la piena affermazione a seguito dell'epidemia di peste del 1656 che aveva falcidiato la popolazione (1.126 morti), per cui egli divenne il patrono di Capracotta probabilmente tra il 1656, anno dell'epidemia, e il 1717, anno in cui giunsero le sue reliquie. Prima di allora, è da escludere che il santo patrono di Capracotta fosse san Cristanziano, che invece è sempre stato il protettore di Agnone. Per quanto attiene alla festa religiosa e popolare di san Sebastiano, siamo soliti celebrarla il 13 luglio a ricordo del 13 luglio 1676, giorno in cui le reliquie di quattro grandi martiri, protettori di Capracotta, giunsero in paese, nonostante quelle del patrono principale siano giunte 41 anni dopo.


Francesco Mendozzi

Bibliografia di riferimento:

  • L. Campanelli, La Chiesa collegiata di Capracotta. Noterelle di vecchia cronaca paesana, Soc. Tip. Molisana, Campobasso 1926;

  • L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Tip. Antoniana, Ferentino 1931;

  • G. Carugno, La Chiesa Madre di Capracotta, S. Giorgio, Agnone 1986;

  • D. Di Nucci (a cura di), Capracotta: registro-libro delle memorie. 900 anni di storia dal 1040 (1011) al 1943, PressUp, Settevene 2020;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;

  • N. Mosca, Libro delle memorie, o dei ricordi, Capracotta 1742.

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