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Un'escursione a Capracotta in Molise (II)



Un'altra località sul versante occidentale del Monte Campo, ai piedi del Monte delle Cornacchie, è stata pur'essa appena colpita da una frana. Anche il Monte delle Cornacchie si è formato da una piega che è il prolungamento di quella di Capracotta. Questa frana ha parzialmente distrutto la strada Capracotta-Pescopennataro, tracciata negli scisti argillosi del flysch. Il risultato presenta spostamenti di terra piuttosto importanti: un piccolo ponte sul quale passa la strada è stato messo fuori servizio. La dislocazione del ponte mostra la potenza della pressione esercitata da questo scivolamento e, senza dubbio, minaccerà la nuova strada, costruita un po' più giù sullo stesso terreno. Dopo la mia ultima visita a Capracotta ho saputo della completa distruzione del ponte.

In questa stessa località, sopra la strada, alle pendici del Monte Campo si vede un enorme ammasso di blocchi calcarei provenienti da uno smottamento della cima; la frana è stata determinata dalla rottura della piega che forma la sommità del Monte Campo e che è parallela e identica a quella del Monte delle Cornacchie (fig. 4). Questi prodotti coprono un'area di 150.000 mq. per una lunghezza di 1 km. e una larghezza di 150 m.; sono in gran parte formati da brecce calcaree con denti di pesci, frammenti indeterminati di Pecten, nummuliti, numerosi frammenti di selce e da conglomerati con elementi molto grandi.

La frana, la cui origine è di certo recente, ha netto il margine meridionale; il limite settentrionale, invece, è piuttosto indefinito. Il trasporto dei blocchi alla distanza di circa un chilometro non può certo essere spiegato dalla spinta originaria; l'altezza della caduta e la pendenza sono troppo basse perché i blocchi possano rotolare. A mio avviso il trasporto dei massi è stato successivo alla frana, prodotto da un carico lento e continuo, a seguito della frana su cui si sono appoggiati. Qui, come sotto, il terreno è costituito da scisti argillosi eocenici sempre in movimento.

Negli scisti argillosi tra le due pieghe parallele del Monte Campo e del Monte delle Cornacchie e che formano un altopiano dolcemente inclinato verso il secondo sono disseminate piccole depressioni palustri. Alla base del Campo, dove le brecce calcaree della piega di cui ho già parlato sono state spogliate del loro manto di scisti e marne, appaiono dei veri e propri imbuti doliniformi, che non ho rinvenuto in nessun'altra parte della regione. Si trovano principalmente sulla sommità del monte, a destra del passo tra Capracotta e Pescopennataro, oltre che sul versante settentrionale, in una magnifica pineta.

Il burrone del Monte Campo, che può essere scalato con difficoltà, ha alla base calcari dolomitici con rognoni di selce dello spessore di circa 18 m. La selce è nera negli strati inferiori e grigiastra verso la parte superiore, dove gli strati sono piuttosto notevoli. Questi calcari contengono fossili molto piccoli, fortemente cementati nella roccia e impossibili da determinare; in alcuni strati più scistosi, invece, ho trovato abbondanti Bryozoa e numerose tracce di Taonurus tenuestriatus, che permettono di datare l'insieme al tardo Cretaceo (fig. 5).



Al di sopra si trovano strati molto forti di conglomerati con elementi abbastanza grandi (a volte da 60 a 70 cm. di diametro), contenenti anche rognoni di selce. Il cemento di questo conglomerato, che deriva indubbiamente dall'erosione degli strati sottostanti a una forza di 15 m., è argilloso-calcareo.

La parte alta del Monte Campo è invece costituita da una breccia calcarea con molte schegge di selce e con rari rognoni intatti. Queste fratture contengono denti di Chrysophrys e Oxyrhina e nummuliti mal conservati. In alcuni blocchi sciolti di questa roccia ho visto anche Pecten e frammenti di Ostrea che non sono riuscito a rimuovere a causa dell'estrema durezza del cemento. Questo insieme di conglomerati e brecce deve appartenere al basso Eocene e non al Cretaceo, come indicato nella carta geologica del Comitato geologico italiano (ed. 1890). Lo spessore di queste fessure è compreso tra 35 e 40 m., la loro superficie è irta di punte aguzze di frammenti di selce e presenta in tutta la sua bellezza il fenomeno del lapiaz, o karren [campi solcati, n.d.t.]. Questi sono ben visibili sia su un piano al di sotto della vetta del Campo, risalendo il fianco della frana, sia sul versante meridionale del monte stesso. Detti lapiaz presentano solchi paralleli che talvolta raggiungono 2 o 3 m. di profondità e, dalla morfologia dei bordi, indicano che son dovuti all'allargamento e alla confluenza di più fori in serie lineari.

Si tratta quindi di una superficie molto spugnosa che assorbe tutta l'acqua piovana e dà origine a sorgenti sottostanti più o meno importanti come la Fonte del Duca, sulla mulattiera per Agnone, la Fonte Fredda, che sgorga a 1,5 km. ad est di Capracotta, le acque sorgive sotto la frana del Campo od infine alcune altre sul versante settentrionale del monte.

Alcune di queste sorgenti restano attive anche dopo periodi straordinari di siccità e forniscono una grande quantità di acqua; altre, al contrario, si stanno prosciugando. Due o tre di queste sorgenti sono state sfruttate per fornire acqua potabile a Capracotta, ma i guasti alle tubature hanno corrotto l'acqua con agenti patogeni che lasciano che il tifo domini la città. Inoltre, la quantità di acqua scaricata da queste sorgenti è troppo piccola, soprattutto nella stagione secca. Questi pericoli potrebbero essere evitati utilizzando l'acqua della Fonte Fredda, di cui ho già parlato, che è sempre molto abbondante; ovviamente ci sarebbe da rifare completamente la tubatura e ripulire le sorgenti odierne qualora si volesse continuare a utilizzarle.

Più in basso, sul versante occidentale del massiccio del Monte Campo, nel letto del torrente Molinaro, si trovano altre sorgenti fortemente mineralizzate che, sebbene note e descritte da tempo, sono attualmente trascurate; queste potrebbero essere utilizzate in ragione della loro elevata altitudine (1.000 m. sul livello del mare) per dar vita a una stazione climatica. Tali sorgenti sgorgano a pochi metri dal confine tra Capracotta e Castel del Giudice, sul talweg [mezzo del confine fluviale, n.d.t.] del Molinaro, sotto una piccola cascata nei pressi della masseria Campanelli. Ci si arriva, seguendo un sentiero molto faticoso che funge da strada laterale tra Capracotta e Castel del Giudice, dopo un'ora buona di cammino.

Le sorgenti in questione sono di tre tipi: solforose, magnesiache e ferruginose. Le prime sono fortemente mineralizzate e abbondante. Ho effettuato delle misurazioni in loco da cui è emersa, senza contare l'acqua che si perde nella roccia, una portata di oltre 4.000 litri al giorno. Effettuando piccoli lavori di captazione, tale quantità potrebbe essere raddoppiata e, inoltre, potrebbe essere molto maggiore nella stagione non umida. La temperatura dell'acqua era di 16,5 °C mentre la temperatura dell'aria era di 21,5 °C.


Senofonte Squinabol

(trad. di Francesco Mendozzi)




 

Fonte: S. Squinabol, Une excursion à Capracotta en Molise: observations de géographie physique sur un territoire mal affermi, in «La Géographie», VIII:1, Société de Géographie, Paris, 15 luglio 1903.

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