Maria Lucia Santilli era una delle mie trisnonne, nello specifico era la mamma di Maria Giuseppa Di Nucci, a sua volta madre della mia nonna paterna Elena Comegna (1925-2009).
Per gli aneddoti che aleggiano sulla sua figura, credo che Lucia dovesse essere una persona piuttosto allegra e sagace, certamente saggia, e l'unica fotografia che conosco la ritrae nella tipica posa dell'epoca, anziana ma ben pettinata, lo sguardo serioso ma un pochino rassegnato. In fondo Lucia sopravvisse dieci anni alla sua prima figlia e quella è una brutta esperienza che segnerebbe chicchessia, in un qualsiasi periodo storico. Tuttavia era imperturbabile e utilizzava spesso l'espressione «via càcchie», come a voler ingentilire l'inflazionato «via càzze»! Si pensi che un giorno, in campagna, si tagliò un dito che le rimase penzoloni; a chi le intimò di andare immediatamente in ospedale, rispose: «Ne tiénghe àrr'e nòve!».
Fatto sta che il 14 giugno 1897 Lucia aveva sposato Tommaso Di Nucci, un umile bracciante. Il loro fu un matrimonio semplicissimo ma felice. L'unico problema risiedeva nel fatto che Tommaso, col passare degli anni, cominciò a soffrire di asma e di forti emicranie, alternate a frequenti stati febbrili.
Da perfetta casalinga qual era, Lucia si occupava dell'intero governo della casa e immagino che deve essere accaduto in una grigia mattinata di aprile allorquando, uscita di casa per fare la spesa, si sentì chiedere dalla sua vicina impicciona:
– Er Lucì, gnà ŝtà marìttete?
– Addumàne i vè la fèbbre a Tumàse! – volendo intendere che lo stato di salute di suo marito era talmente prevedibile, e sempre in senso negativo, che le speranze di vederlo fuori casa erano davvero poche.
Ancor oggi, quando una persona sta per ricevere un grave incarico che siamo certi non apprezzerà, a Capracotta si usa dire: «Addumàne i vè la fèbbre a Tumàse». Una vera e propria cit., come dicono sui social network!
Francesco Mendozzi
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