Ben diversa rispetto a quella di Adele fu la vicenda di un'altra insegnante che aveva iniziato la sua carriera nella scuola "Settembrini": era Elisa Avigliano, fidanzata all'epoca di Salvatore Di Giacomo, che aveva vissuto durante la sua permanenza a Lagonegro una delle fasi più intense del fidanzamento con il poeta napoletano.
Elisa era nata il 13 ottobre 1879 a Nocera Inferiore dal magistrato Antonio Avigliano, consigliere di corte di appello e dalla baronessa Silvia Falcone, originaria di Capracotta, discendente di una famiglia di galantuomini che avevano sostenuto le idee liberali. Prima di sei figli, si era dedicata all'insegnamento dopo aver completato gli studi presso la scuola di magistero di Napoli: ebbe cinque fratelli Raffaele, medico, Alfonso, ufficiale di cavalleria, Roberto, ufficiale di artiglieria, Carlo, funzionario delle poste, Mario, avvocato.
Salvatore aveva conosciuto Elisa nell'estate del 1905 quando lei lo aveva contattato per raccogliere notizie per la sua tesi di laurea proprio sulla poesia del cantore napoletano. Le prime frequentazioni erano avvenute nella stessa biblioteca "Lucchesi Palli" dove Di Giacomo lavorava: lei, una brunetta alta e delicata, aveva ventisei anni e lui era già quarantacinquenne.
Slanciata, molto bella, Elisa era all'epoca del tutto presa dall'amore per Salvatore, anche se la lontananza non la lasciava tranquilla e, a volte, era molto turbata da attacchi di gelosia; lei, immaginando chissà quali giri del fidanzato tra bar e ristoranti, dichiarava nelle sue lettere di soffrire per quelle frequenze mondane e per quella carica di vitalità e di esuberanza. A Elisa non piaceva neppure la grande passione di Salvatore per il teatro; in una lettera spedita da Lagonegro il 22 novembre 1912 aveva inveito contro quella sua ricerca spasmodica di gloria.
Prima di essere nominata a Lagonegro, aveva conseguito nel 1912 a Roma, presso il ministero, l'abilitazione all'insegnamento di italiano e storia, superando la prova con non grande soddisfazione, né contenta, né del tutto soddisfatta. Era stata successivamente nominata come supplente di lingua italiana presso la scuola complementare "Settembrini", dove era giunta il 9 ottobre 1912, probabilmente prendendo il treno sulla linea Eboli-Lagonegro in quanto era la via più diretta e semplice per raggiungere la sua sede di servizio. Ad accoglierla era stato l'allora direttore Giuseppe Bruno Spampinato, docente di scienze fisiche e naturali e di agraria che l'aveva assegnata al corso complementare. Lì aveva incontrato Giuseppina Maccaroni Gorini, insegnante di lingua francese, sempre del corso complementare, «madre di tre bambini e moglie del locale ricevitore del Registro» che svolgeva le funzioni di vice-direttrice e che le aveva affidato il compito non proprio gradito di compilare l'orario delle lezioni: una di quei tre bimbi era Donata Doni, futura poetessa lagonegrese.
Sperò a lungo che il fidanzato la raggiungesse a Lagonegro; in realtà, lui era molto restio ai viaggi e l'avrebbe accontentata solo in una occasione, quando, però, lei si era già spostata a Benevento. Nel frattempo, nelle lettere, Elisa confidava a Salvatore, anche in modo minuzioso, tutti gli eventi legati al suo lavoro, rassicurandolo che tra le colleghe, «niente c'è di bello e di fresco! Mi lusingo perfino (modestia a parte) di essere io quanto c'è di meglio nella compagnia. Immagina un po'!».
Presa dai pensieri per il suo Salvatore, Elisa non si legò molto all'ambiente lagonegrese; strinse amicizia con la collega di origini leccesi Emma Gerunda, maestra assistente ai lavori donneschi, con la quale, raccontava, di aver cenato una prima volta, mangiando un po' di pastina e una bistecca, «neanche molto giovane dev'essere ed è ancora una graziosa donnina. Piccola, bianca, delicata, con due begli occhi azzurri che sembrano fiori, coi capelli castani tirati su semplicemente con un nastro ha davvero qualche cosa che mi pace e specialmente nel carattere; energico, buono, generoso, ospitale. Pare che sia rimasta incollata a Lagonegro da un affare di cuore e pare che l'oggetto dei suoi pensieri sia proprio quel tale giovanotto studente che mi presentò a lei».
Non frequentò molto le altre colleghe, anzi, nelle sue lettere non fu proprio benevola nei giudizi nei loro confronti, come, ad esempio, con Beatrice Spotti Tenchini, moglie dell'ispettore scolastico, che insegnava lingua e lettere italiane, «che serba ancora le vestigia di una discreta bellezza che ella cerca tuttavia di rinfrescare con delle toelette stringate, un'aria giovanile nonostante la sua mole rispettabile e la sua parrucca», o con la professoressa di disegno, Beatrice Lanzavecchia, «brutta e antipatica».
Elisa avrebbe lasciato dopo un solo anno la scuola "Settembrini", partendo il 9 ottobre 1913 alla volta della sede di Benevento, ottenendo solo l'anno successivo il trasferimento a Napoli, forse per l'interessamento dello stesso Di Giacomo. Il loro fidanzamento avrebbe continuato ad essere caratterizzato da sentimenti contrastanti, tra passione e gelosia, per tutta la sua lunga durata di ben quindici anni circa: si sarebbero sposati a Napoli il 20 febbraio 1916, andando ad abitare in un appartamento a S. Lucia che lui aveva arredato nel tempo. Elisa sarebbe morta il 15 giugno 1962, quasi trent'anni dopo la morte di Salvatore, avvenuta il 4 aprile 1934.
Nunziante Capaldo
Fonte: N. Capaldo, La formazione delle maestre fra '800 e '900. La scuola normale "Raffaella Settembrini" di Lagonegro (1880-1925), Basilicata University Press, Potenza 2022.