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Il grande Sud



Fra le valli del Trigno e del Sangro, in vista della Maiella che domina l'orizzonte verso ovest, sembrano rivivere il Canada, la Baviera, la Scandinavia... A sud, oltre la Montagna di Frosolone, compaiono le giogaie del Matese. È difficile, nella geografia dell'Italia della neve, pensare a un luogo meno conosciuto di questo. D'inverno come d'estate, però, le alture in provincia di Isernia offrono molto a chi le visita. Per gli appassionati di storia, il fascino di questi altipiani sta nella presenza dei santuari sanniti di Vastogirardi e Pietrabbondante (il tempio di quest'ultimo centro è uno dei monumenti più famosi del Molise), nelle mura di Vignali nei pressi di Pescolanciano, nell'eremo medioevale di San Luca poco distante da Pescopennataro. Ad Agnone, la Atene del Sannio, spiccano per eleganza le chiese di San Francesco e Sant'Emidio, oltre le quali è obbligatorio visitare la Fonderia Marinelli, che ha prodotto campane dal Medioevo ai nostri giorni. Nella fabbrica, tra decine di campane in preparazione, si trova su un piano rialzato un piccolo museo che racconta la storia di questa particolarissima arte. Ma il fascino di queste montagne dall'altezza modesta (il Monte Campo arriva a 1.746 metri, il Monte Capraro a 1.730) sta soprattutto nella natura. A Pescopennataro e in altri centri dei dintorni, gli spuntoni calcarei ai quali si addossa l'abitato danno al paesaggio un aspetto fiabesco. Nei boschi innevati compaiono le tracce del lupo e quelle del capriolo e del cinghiale. In tutte le stagioni è possibile ascoltare il ritmico battere del picchio nero, o fermarsi in silenzio all'alba o al tramonto nella speranza di sentire il richiamo del gufo reale, il più grande rapace notturno italiano. Per i biologi, però, la principale attrattiva di questi monti sono le foreste di abete bianco, un'essenza diffusa in passato sull'intero Appennino, e che sopravvive oggi, oltre che nell'Alto Molise, soltanto nelle foreste dell'Abetone, del Casentino e dei Monti della Laga. D'inverno, la neve abbondante rende ancora più suggestivi questi boschi. Accanto alle strade, e in particolare a quella che sale da Pescopennataro alla montagna, le sagome imbiancate degli abeti formano una spettacolare muraglia. Non appena ci si inoltra nel folto con ai piedi le racchette da neve o gli sci, l'impressione di essere nel grande Nord è completa. Da qualche tempo l'Italia dello sci ha iniziato a scoprire l'angolo più settentrionale del Molise. Tracciate all'inizio degli anni Novanta, le piste da fondo di Capracotta sono diventate famose, e hanno ospitato nel 1997 i campionati italiani assoluti. Ogni fine settimana d’inverno, gli anelli ai piedi del Monte Campo si affollano di appassionati del passo pattinato e dello skating. Nonostante lo scarso impatto ambientale, però, lo sci da fondo sportivo non è il modo migliore per apprezzare le bellezze di queste piccole ma suggestive montagne. Per ammirare i panorami verso la Maiella e il Matese e per cercare le tracce della volpe e del lupo, la soluzione migliore sono le racchette da neve. Ormai diffusissime su buona parte dell'arco alpino, le ciàspole consentono ai visitatori dell'Alto Molise di apprezzare nel modo migliore le suggestioni dei boschi innevati. Nel Bosco degli Abeti Soprani, tra Pescopennataro e Capracotta, le piste da fondo riducono drasticamente il campo d'azione di chi preferisce le racchette. Brevi passeggiate sono possibili con partenza dalla strada che sale da Pescopennataro all'Eremo di San Luca e a Prato Gentile. Chi preferisce un'escursione più lunga deve partire dal camping (chiuso d'inverno) a monte di Pescopennataro, e inoltrarsi in salita nel bosco in direzione delle pareti rocciose del Monte Campo. Un valloncello e un tratto in obliquo a sinistra portano a incrociare le piste da fondo, oltre le quali si può salire al crinale nei pressi del Monte San Nicola. Per salire alla vetta del Monte Campo, "tetto" dell'Alto Molise e splendido belvedere sul Bosco degli Abeti Soprani, occorre invece salire in auto da Capracotta verso Prato Gentile. Una deviazione sulla destra porta all'albergo Monte Campo e alla chiesetta di Santa Lucia. Da qui, un viottolo innevato supera un ripido pendio, e poi continua con minore pendenza attraverso un rimboschimento fino all'orlo dei salti rocciosi che dominano il bosco. Verso sinistra, in breve, si raggiungono i 1.746 metri della cima.

Stefano Ardito a Capracotta.

A Rosello, dove il Molise lascia il posto all'Abruzzo, un'altra bella passeggiata con le racchette ha per meta il bosco di abete dell'omonima oasi WWF, istituita nel 1992 ed estesa su 211 ettari. Dal paese e dal Centro Visitatori si segue la strada per Pescopennataro, si devia a sinistra seguendo le indicazioni e si posteggia davanti a un albergo. La strada porta in breve all’ingresso del bosco. Dopo aver costeggiato l'area faunistica del capriolo si tocca la Fonte Volpona e si sale a destra verso Colle Zingarolo. A un bivio si torna a sinistra, si raggiunge in discesa il Fosso Turcano e si segue il sentiero-natura dell'oasi che riporta alla Fonte Volpona e al percorso dell'andata, lungo il quale si torna al posteggio. L'ultima bella escursione sulle racchette si svolge nella Riserva Naturale di Colle Meluccio, costeggiata dal tratturo che collegava Celano con Foggia. Esteso su 187 ettari e legato al nome di Desiderata Melucci, una nobildonna che lo acquistò nel 1625, il bosco è stato abbattuto tra il 1915 e il 1918 per fornire legname all'esercito, ed è poi ricresciuto grazie al Corpo Forestale dello Stato. Nonostante la limitata estensione, questa abetina merita senz'altro una visita. Da Pescolanciano si segue la strada per Pietrabbondante fino a una caserma del Corpo Forestale e alla vicina area da picnic. Il viottolo che si addentra nella riserva, indicato da un cartello, inizia 500 metri più a nord, oltre Case Colle Meluccio. Traversato un fosso, si supera una sbarra e ci si addentra nel bosco di abeti secolari per un tracciato stradale ben visibile che porta a un'ampia radura. Prima di tornare indietro conviene proseguire per un tratto verso sinistra, in direzione sud-ovest, addentrandosi nel tratto più spettacolare della foresta.


Stefano Ardito

 

Fonte: S. Ardito, Il grande Sud, in «PleinAir», 318, Milano, gennaio 1999.

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