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Implicazioni politiche nell'epopea del Capracotta-Clipper


Il vecchio cingolato spazzaneve di Capracotta, ormai inservibile.

Quella del Capracotta-Clipper è un'epopea, una storia talmente lunga ed entusiasmante che meriterebbe un intero libro, magari un romanzo, e chissà che un giorno non arrivi davvero a pubblicarlo!

Finora il contributo più organico su questa vicenda l'ha realizzato Michele Potena nel 2005 sulle pagine di una rivista edita a Rocchetta a Volturno, "La Città del Sole", oramai fuori commercio: il titolo del suo lungo articolo era "Capracotta, il paese della neve tra passato e futuro", ripubblicato su questo sito in quattro puntate. Esistono poi una miriade di articoli giornalistici, scritti da firme illustri come Tommaso Besozzi, Ilario Fiore, o Lina Pietravalle e che, dal 1949 ad oggi, hanno parlato in diverse salse del nostro Capracotta-Clipper: del suo acquisto, della partenza da Boston, del suo viaggio in nave, dello sdoganamento a Napoli, dell'arrivo a Capracotta, del suo funzionamento, del mostruoso consumo di benzina, delle modifiche meccaniche, del pensionamento ed, infine, del suo definitivo collocamento a riposo nella "teca" di via S. Maria delle Grazie.

Quel che farò oggi è un riassunto (veritiero perché documentabile con fotografie e pubblicazioni) sulla storia del nostro "gigante giallo", per tutti i capracottesi semplicemente Clipper, in inglese colui che taglia la neve, che la buca, che la tosa quasi fosse l'erbetta del prato di casa.

Partiamo dalla lettera del 23 luglio 1949 in cui l'allora sindaco di Capracotta, il farmacista Gennaro Carnevale (1899-1967), chiedeva al suo omologo di Jersey City, John Vincent Kenny (1893-1975), che «abbiamo urgente bisogno d'uno spartineve, magari vecchio, non importa, purché ci liberi la via che conduce fuori di Capracotta. I nazisti vollero divertirsi un giorno a ridurre in frantumi l'unico spartineve che possedevamo e che ci era tanto utile ed indispensabile».

Quest'ultima affermazione, di per sé, è falsa.

Il precedente spazzaneve, acquistato dal Comune nel 1935, non era infatti stato distrutto dai nazisti nel '43 ma dagli Angloamericani stessi. Grazie alle fotografie del serg. Jim Christie, scattate il 16 marzo 1944, sappiamo che il piccolo bulldozer capracottese era stato requisito dagli Alleati dopo la ritirata tedesca ed utilizzato, giustamente, per sgomberare la strada di Monteforte e favorire l'entrata delle truppe polacche. Se quindi lo spazzaneve anteguerra era inservibile nel 1949 non era di certo colpa del Terzo Reich ma dei nostri alleati. È chiaro che il sindaco Carnevale non poteva scrivere a Kenny che il nostro automezzo era stato danneggiato dalle truppe americane, per cui preferì far ricadere la colpa sui Tedeschi, che di colpe, vere e ben più gravi, ne avevano da vendere. Era invece vero che «il dicastero del Tesoro, tramite il Sottosegretariato ai Danni di guerra, chiarì che uno spazzaneve non rientrava nell'elenco ufficiale degli oggetti da risarcire».


Il nostro bulldozer utilizzato a Monteforte nel marzo 1944.

Fu così che la comunità italoamericana del New Jersey, dove risiedevano tanti emigrati capracottesi, diede vita a un comitato per raccogliere i fondi per l'acquisto di un potente spartineve da spedire a Capracotta. Su impulso di Giovanni Paglione, Vincenzo Di Rienzo e Nicola Paglione - ma soprattutto grazie all'azione del sindaco John Kenny, del giudice Edward Zampella e del campano John Arbitelli -, il comitato "Carnival for Capracotta" raccolse in appena un mese la considerevole cifra di 24.600 $ (318.000 € attuali). Per raggiungere un traguardo tanto ambizioso quelli del comitato organizzarono per il 9 dicembre 1949 una serata musicale a conclusione della raccolta fondi: al "Carnival of the Stars" parteciparono artisti del calibro di Frank Sinatra e Jimmy Durante e pugili come James Braddock.

Ora bisognerebbe chiedersi perché un sindaco di origini irlandesi come John Kenny si diede così tanto da fare in favore degli italiani. In merito a ciò esisteva a Capracotta una leggenda che ha del mitologico, secondo cui, in tempo di guerra, il soldato Kenny fosse in volo su Capracotta quando il suo aereo venne abbattuto dalla contraerea tedesca ed egli, lanciatosi in tempo col paracadute, atterrò dalle parti dell'alto Verrino, dove venne soccorso e rifocillato dai nostri compaesani, cosicché il futuro sindaco giurò a quei montanari italiani che un giorno li avrebbe in qualche modo ricompensati.

Sul territorio di Capracotta, però, non è mai stato ritrovato il rottame di alcun aereo militare, per cui questa leggenda resta tale per definizione.

Si fa sempre più strada il sentore, invece, che l'operazione di Kenny sia stata un atto di mera propaganda elettorale in vista della possibile elezione al Senato del New Jersey, uno Stato abitato perlopiù da emigrati italiani (circa 35.000 persone, di cui 4.000 abruzzesi e quasi 500 capracottesi). Il dono del Clipper, allora, avrebbe rappresentato, per la stragrande maggioranza della popolazione, un gesto di grande considerazione del candidato nei riguardi della prima patria degli elettori. Questa ipotesi troverebbe conferma nel fatto che il Clipper fu accompagnato, fin dentro l'abitato di Capracotta, nientedimeno che dall'ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, il che rappresenta un fatto straordinario che lascia sottintendere la presenza di accordi politici di alto livello tra l'establishment americano e quello italiano, allora guidato da Alcide De Gasperi.

Una seconda conferma arriverebbe dal fatto che in alcuni scatti d'epoca il Capracotta-Clipper sfilava per le strade di New York già sul finire dell'ottobre 1949, diretto al porto di Boston, il che significa che il Comune di Jersey City aveva acquistato lo spartineve più di un mese prima della fine delle sottoscrizioni del "Carnival for Capracotta", che a sua volta lascia supporre che «se invece di 20.000 dollari se ne fossero raccolti di meno, lo spazzaneve sarebbe stato inviato ugualmente al Comune di Capracotta».

John Kenny e il suo consigliere Louis Messano, d'altronde, abbandonarono presto l'ambizione di una corsa al Senato visto che dal 1953 in poi il primo venne coinvolto in diverse inchieste di corruzione che lo portarono, nel 1971, all'abbandono definitivo dell'attività politica.

In ogni caso, al raggiungimento dei primi 20.000 $, il comitato poté finalmente annunciare l'acquisto di un Walter Snow-Fighter, un gigantesco apparecchio di 12 tonnellate per 240 cavalli, di quelli che pulivano le piste aeroportuali del New Jersey, un camion che presentava un vomere a tre lame - una centrale alta e bipartita, e due ali basse laterali - e poté provvedere alle imponenti spese di spedizione via mare del potente automezzo.


Come sarebbe apparso il Clipper con tutta la dotazione spazzaneve.

Gli italoamericani, infatti, speravano di spedire il Clipper in tempo utile per poterlo consegnare ai capracottesi entro la fine del '49 o, al massimo, prima dell'Epifania del '50, cosicché sembrasse davvero un regalo natalizio. In realtà non fu possibile imbarcarlo prima del 30 dicembre, per cui non sarebbe arrivato in Italia prima di 15 giorni.

La spedizione fu affidata alla American Export Lines che caricò il "gigante giallo" sulla nave Exiria, un enorme bastimento varato 7 anni prima ed utilizzato per il trasporto di truppe durante la Seconda guerra mondiale. L'Exiria, partita da Boston, giunse al porto di Napoli sabato 14 gennaio 1950 ma il Clipper non poté essere scaricato subito a terra perché sopraggiunsero problemi burocratici legati allo sdoganamento.

Il 12 gennaio 1950, sulle colonne del "Corriere della Sera", Enrico Colombi paventò l'ipotesi di una tassa doganale del 10% sul valore del bene (circa 1.000.000 di lire), una cifra che il Comune di Capracotta non poteva permettersi. Cinque giorni dopo, sulle pagine de "La Stampa", Crescenzo Guarino rispondeva tirando in ballo una legge dell'Ente Nazionale per la Distribuzione dei Soccorsi in Italia (Endsi) secondo cui «tutto ciò che è donato per aiuto e beneficenza, gode della completa franchigia». Tuttavia anche su questo punto, legalmente ineccepibile, pesarono delle ostruzioni politiche poiché, contemporaneamente allo sdoganamento del nostro Clipper, alcuni dirigenti del Pci stavano imbarcando un'elegante automobile per donarla al sanguinario dittatore Iosif Stalin in occasione del suo 70° compleanno. È legittimo pensare che la Dc, intenzionata ad ostacolare in ogni modo una donazione dei comunisti italiani verso l'Unione Sovietica, dovette riflettere sull'opportunità o meno di fare due pesi e due misure.

La mattina del 16 gennaio l'impasse fu superata e il Clipper venne finalmente sdoganato. Lì per lì ebbe luogo una scarna celebrazione con pochi presenti - la maggior parte dei quali arrivati in corriera da Capracotta - e le autorità di rito: l'ambasciatore americano James Clement Dunn (1890-1979), il sindaco di Napoli avv. Domenico Moscati (1884-1953), il sindaco di Capracotta dott. Gennaro Carnevale, il deputato agnonese on. Remo Sammartino (1913-2006) - colui che effettivamente aveva sbloccato la situazione doganale -, l'armatore Achille Lauro (1887-1982), il comandante dell'Exiria Charles Reilly e un autista italoamericano, Armando Gaito (1918-1953).

Anch'egli, infatti, era arrivato dal New Jersey a bordo dell'Exiria: il suo compito era quello di istruire gli autisti locali affinché potessero guidare senza impaccio il difficoltoso Clipper, anche se era nevicato pochissimo e le stradine di Capracotta, come avrebbe constatato lo stesso Gaito, erano molto diverse dalle highways americane.

Alla cerimonia, oltre al fotografo della prestigiosa agenzia Corbis/Bettmann, autore del più celebre scatto del Clipper, ve n'era uno venuto apposta dagli Stati Uniti. Il suo nome era Jack Birns (1919-2008) ed è grazie a lui se oggi esistono circa 200 fotografie di quegli indimenticabili giorni, fotografie che ho ritrovato e messo a disposizione di tutti. Birns nasce come fotografo di guerra al servizio della rivista "Life", per la quale realizzò un prezioso reportage sulla guerra civile in Cina del 1947-49, dopodiché si occupò dell'epopea del nostro spartineve, confermando una volta di più quanto il progetto Capracotta-Clipper fosse stato gestito ad un livello superiore al Piano Marshall.


Gift Arrives for Italian Village sul molo di Napoli (foto: Bettmann).

Terminato il rito del dono, il Clipper sarebbe dovuto partire per Capracotta quel 16 gennaio ma s'era fatto troppo tardi per intraprendere un viaggio di 150 km con un automezzo così lento e pesante e che, tra le altre cose, non era ancora stato omologato dalla Motorizzazione Civile per la circolazione sulle strade pubbliche italiane. Dopo una notte in albergo, la mattina di martedì 17 gennaio l'autista Armando Gaito tornò sul molo di Napoli e il Clipper partì finalmente alla volta di Capracotta. Nel far ciò riscosse grande successo per le strade di Napoli, coi partenopei letteralmente sbalorditi nel vedere un "gigante giallo" Made in U.S.A.

Mentre il Clipper si avvicinava all'abitato di Capracotta, gli andò incontro un camion carico di entusiasti capracottesi. I due mezzi si incontrarono sulla Montesangrina all'altezza de Le Fonticelle: le persone che erano a bordo del camion italiano salirono sul "gigante giallo" così da rendere più trionfale l'entrata ufficiale in paese. Il piccolo corteo automobilistico era formato dall'auto di rappresentanza dell'ambasciatore Dunn, una Cadillac Series 62 coupé, e dalla Lancia Aprilia del prefetto di Campobasso dott. Francesco Diana (1898-1969).

La cerimonia ufficiale di presentazione del Clipper avvenne in piazza Stanislao Falconi: fra le autorità ecclesiastiche figuravano il vescovo di Trivento mons. Epimenio Giannico (1891-1957) e il parroco di Capracotta don Nicola Angelaccio (1910-1967) ma ovviamente era accorsa quasi tutta la popolazione, compresi gli alunni delle scuole e gli atleti dello Sci Club Capracotta... come sempre mancavano i pastori, sperduti nelle Puglie sotto il sole e la pioggia a mangiare pancotto e acquasale. Al termine dei discorsi, dei ringraziamenti e delle benedizioni, le autorità si recarono all'Albergo Vittoria di corso S. Antonio per il pranzo dei dignitari.

Andati via tutti gli esponenti politici, istituzionali ed ecclesiastici, Armando Gaito restò a Capracotta fino al 26 gennaio, nell'attesa che una bella nevicata gli permettesse di mostrare a tutti le qualità del Clipper; nel frattempo aveva pure ricevuto la notizia che il bimbo che sua moglie portava in grembo era una lei. Durante le manovre, però, si era ferito ad una mano, tanto che il fotografo ufficiale lo ritrasse all'interno della Farmacia Conti di via Roma dove il dott. Alfredo Conti (1874-1959) lo medicò per bene.

La nevicata tanto attesa, tuttavia, non arrivò mai.

Tre anni dopo entrò invece una bufera in casa Gaito: un incidente si portò via quel giovane padre di famiglia. Sono orgoglioso di poter dire che ho rintracciato la figlia ultrasettantenne di Armando Gaito, Donna Marie Piccillo, con cui ho parlato di suo padre, morto troppo presto, e le ho promesso che avrei fatto di tutto per farle vedere dal vivo quel mezzo a cui il papà - per lei il vero Hero of Capracotta - era tanto legato.


Il Clipper all'opera negli anni '60.

Col passare degli anni e degli inverni, tanto gli amministratori locali quanto gli autisti si resero conto che i consumi di benzina del Clipper erano diventati una spesa non indifferente: negli anni '60 le spese di manutenzione del "gigante giallo" rappresentavano una voce troppo gravosa per il bilancio comunale. Ma, anche su questo tema, emersero degli attriti politici con la Provincia di Campobasso che hanno risvolti paradossali.

Gli altri comuni dell'Alto Molise, quali ad esempio Pescopennataro, S. Angelo del Pesco, S. Pietro Avellana e Vastogirardi, non avevano uno spartineve e quindi ottenevano dall'ente provinciale, secondo il loro diritto e senza alcuna spesa da parte loro, che fosse mantenuto sgombro, in presenza di neve alta, almeno un tratto delle strade. Capracotta, invece, che uno spartineve ce l'aveva (e che spartineve!) era considerata privilegiata e il suo diritto alle strade pulite veniva quindi, puntualmente, disatteso dall'amministrazione provinciale. Anzi, il più delle volte, era la Prefettura a chiedere al Comune di Capracotta affinché il Clipper sgomberasse le strade di competenza dell'Anas.

Per tentare di abbattere i costi del Clipper, negli anni '70 qualcuno ebbe la discutibile idea di sostituire il motore a benzina con uno diesel. Il risultato fu un abbassamento della sua potenza nominale e una trascurabile diminuzione dei consumi di carburante, controbilanciata dalle tasse governative imposte sui motori a gasolio in seguito alla crisi energetica del '73.

Al netto di tutte le implicazioni politiche che hanno segnato l'epopea del Capracotta-Clipper, non pensate che il "gigante giallo" sia stato sempre strumentalizzato per fini elettorali?


Il Clipper nel 1990 sulla piazza di Capracotta (foto: N. Mendozzi).

Al popolo americano

ed ancor più

ad Armando Gaito

a nome di Capracotta tutta

ché la gratitudine

non si è ancora estinta.


To the American people

and even more

to Armond Gaito

in the name of all of Capracotta

'cause the gratitude

has not yet died out.


Francesco Mendozzi

 

Bibliografia di riferimento:

  • A. Arduino, Capracotta: 30 anni di storia, S. Giorgio, Agnone 1986;

  • T. Besozzi, Neve e pancotto la loro vita: quando piove i pastori di Capracotta dormono a due a due sotto l'ombrello, in «L'Europeo», VI:2, Milano, 8 gennaio 1950;

  • R. W. Charles, Troopships of World War II, The Army Transportation Association, Washington 1947;

  • R. De Renzis, I primi quarant'anni dello spazzaneve, in «Il Quotidiano del Molise», Campobasso 1990;

  • I. Fiore, Jersey City, NJ, spazza la neve di Capracotta, in «La Settimana Incom», II:46, Roma, 12 novembre 1949;

  • D. Gaito Piccillo, The hero of Capracotta, in «Primo», XIX:19, Washington 2017;

  • C. Guarino, Prigionieri della neve, in «La Nuova Stampa», VI:14, Torino, 17 gennaio 1950;

  • C. Guarino, Da anni isolato dalla neve un comune del Molise, in «Corriere della Sera», Milano, 17 dicembre 1967;

  • Il Maggiordomo, Tutto va bene. Madama la Marchesa!, in «Il Travaso», LI:4, Roma, 22 gennaio 1950;

  • K. Kramer, Previews from the "Crosby Clipper", in «Business Week», 1121, Albany, 24 febbraio 1951;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. II, Youcanprint, Tricase 2017;

  • Pangloss, I due doni, in «Corriere della Sera», Roma, 11-12 gennaio 1950;

  • M. Potena, Capracotta, il paese della neve tra passato e futuro, in «La Città del Sole», Rocchetta a Volturno 2005;

  • V. Ricciuti, Il "Capracotta-Clipper" è stato scaricato a Napoli, in «Il Giornale d'Italia», XLIX:14, Roma, 17 gennaio 1950;

  • M. Scacciavillani, Sfondato dopo sei giorni il "muro bianco", in «Il Giornale d'Italia», Roma, 14 febbraio 1965.

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