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In Abruzzo



Si cercano le mete naturali

tra le montagne grandi dell'Abruzzo

dal San Leonardo s'elevan trionfali


sulla Majella dal profilo aguzzo,

di qui sprofonda il canalon dell'Orta

cui sbocca l'Orfento incline allo spruzzo,


questo dal monte una cascata apporta

riguardo a quantità, pur è costume

percorrere sentieri d'acqua sorta


dalle grandi sorgenti, ed è comune

che la ghiaia fino al ponte in legno manda

prolungando un cammino al fango immune


d'acqua che scorre senza chi comanda

negando del silenzio la certezza;

su in alto a un aspro percorso rimanda


all'eremo che è record in altezza

e che s'alloca fuor d'ogni consesso

quel San Giovanni che come fortezza


non s'addice a chi ne teme l'accesso.

Di qui raggiunge un'altra acqua pulita

è del fiume Tirino che è dappresso


al Grande Sasso non sulla salita,

qui è sempre quella la temperatura:

è del passar tra le frasche condita


la pagaiata in mezzo alla natura

delle canoe che marcan la corrente,

d'estate dà rimedio alla calura;


da un lato all'altro l'acqua si consente

resistere al facilitar la corsa

un gioco d'equilibrio che non mente,


specie se è in senso avverso la risorsa

per poter fare in avanti il cammino

è d'affondar nel liquido la morsa.


Poi la collina spiana nel bacino

del fiume a stesso nome di Pescara

e qui si trova il regno del divino


quel Volto Santo a provenienza amara

essendo un velo posto nella tomba

che alla resurrezione ci compara


e di cui tuttora l'eco rimbomba

essendo il volto a colori di Cristo

prodotto da un volere che vi incomba.


Di Fossacesia si lascia la sponda

e di nuovo l'attende il gran prodigio

a Lanciano mutò l'ostia rotonda


in vera carne di muscolo grigio

di cuore e in sangue un vero vino rosso

e perché fosse alle regole ligio


anche quel gruppo A Bi venne riscosso;

e tutto per risposta a un dubbio arcano

di quello che non era a fede mosso.


Ora dal sacro si passa al profano

Roccascalegna è regno d'un barone

che imponeva pedaggi da marrano


cogliendo alla sua legge le persone

che andavano a passar la prima notte;

ma fu colto sul fatto il mascalzone


e il suo sangue schizzò dall'ossa rotte.

Più avanti il Sangro diviene il cospetto

del procedere verso le ridotte


pianure, l'ultimo largo è costretto

tra le montagne che s'alzano ai lati

ed al lago di Bomba dirimpetto


sono di Pennadomo gli ammirati

flussi di cascate che fanno un rio,

su cui ai saltelli si è ben allenati.


Or scala dell'altra costa il pendio

e pensa a quel Tommaso che ad Ortona

toglieva le sante ossa dall'oblio


tranne quel dito che alla piaga dona

che resta dentro Roma in Santa Croce.

Giuliopoli di salita è corona


come di Casimiro dove è voce

e allora giunge al borgo di Rosello

dove per l'alta cascata è la foce;


ma al valico si passa sul più bello

e sotto Capracotta scende a Agnone

le tante chiese son da campanello


per la sorpresa che visita pone,

incomincia a gustar gli arredi in legno

di certe chiese persino nell'ambone


le statue d'Emidio fan tempio degno

e a San Francesco s'ammiran gli stucchi

ma specie Marinelli è d'arte pregno;


qui tutto è bronzo e non vi sono trucchi

a far suonar le migliori campane

con un concerto con le note a mucchi.


Infine giunge a Isernia dalle strane

trame dell'operar di merlettaie

ricamatrici a fitte filigrane


che del lavoro paziente son gaie.


Gioacchino Grossi

 

Fonte: G. Grossi, Propileo quadrato, Youcanprint, Lecce 2023.

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