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Dal Kosovo all'Afghanistan


I funerali del sergente Salvatore Marracino (1977-2005).

San Severo (FG).

Tutto il paese sta aspettando il sergente dei parà Marracino Salvatore, perché tutto il paese lo conosceva e gli voleva bene. Gli amici di Salvatore, quelli dei suoi fratelli Luca e Massimiliano, i ragazzi del quartiere e i conoscenti di Gina e Antonio, i genitori, si sono ritrovati tutti in via Concetta Masselli e per tutto il pomeriggio e la serata di ieri hanno sostato sotto casa Marracino.

«Non doveva accadere. È una tragedia incredibile e troppo grande per noi», dice la madre del giovane sergente. Mentre il padre sembra una statua di marmo, le labbra serrate, gli occhi di chi cerca una smentita che non arriva da nessuno. La notizia l'ha portata un soldato, ieri pomeriggio, e la signora Gina prima è svenuta e poi ha pianto disperata. Il papà di Salvatore, Antonio, non voleva crederci. Fa il falegname e per tenere vicino a sé il figlio anche quando era lontano da casa aveva riempito la bottega di tutte le sue foto più belle e importanti, in Afghanistan, Kosovo, Iraq, sempre in divisa, sempre sorridente.

Salvatore aveva 28 anni e un'esperienza militare di tutto rispetto, perché questa era la vita che aveva scelto appena compiuti vent'anni. E mai, dicono ora i parenti e gli amici, aveva messo in discussione quella scelta. Nemmeno quando hanno cominciato a mandarlo in missione nei posti più pericolosi. Nemmeno quando Lucio Carnevale, nato nello stesso giorno, mese e anno del nonno di Salvatore, di cui era l'amico più caro, e che per questo aveva fatto da padrino al battesimo del ragazzo, aveva detto a Salvatore di cambiare idea. «Io sono di Capracotta, in Molise – dice Carnevale –, e mi ricordo i bombardamenti dei tedeschi. Avevo dieci anni, le mie gambe furono completamente ustionate. Da allora, ogni cosa che abbia a che fare con la guerra è per me da evitare. Ma Salvatore ha scelto così e io lo rispetto».

«Forse era scritto così, forse era questo il suo destino – dice il padre del sergente –. Noi siamo orgogliosi di questo nostro figlio». Però la banalità dell'incidente, quell'arma che si inceppa e da cui parte un colpo che uccide il loro ragazzo, di questo, Gina e Antonio proprio non riescono a farsene una ragione. Sapevano che Salvatore aveva una certa esperienza con le armi, lui stesso glielo ripeteva sempre, l'ultima volta 15 giorni fa, quando è venuto in licenza. Poi è dovuto ripartire per l'Iraq, destinazione Nassiriya, al posto di un altro militare. "Sostituzione" di emergenza, che per i genitori di Salvatore ora è un segno di quel destino che aveva stabilito di strappare loro il cuore.


Carlo Vulpio

 

Fonte: C. Vulpio, Dal Kosovo all'Afghanistan otto anni di servizio nelle aree più rischiose, in «Corriere della Sera», Milano, 16 marzo 2005.

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