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Il masso caduco di Franceschiello


Erberto Paglione dinanzi al presunto masso borbonico.

Per inaugurare la serie di escursioni esplorativo-letterarie da me ideata, ho pensato di dedicare la prima uscita del 25 luglio scorso a un evento storico che ebbe vasta risonanza nel Molise ottocentesco: la visita del principe e futuro re Francesco Gennaro Giuseppe Saverio Giovanni Battista Borbone (1777-1830) nel 1824 a Capracotta.

Il 16 settembre di quell'anno, infatti, il principe ereditario delle Due Sicilie, che da alcuni giorni soggiornava a Montedimezzo, entrò a cavallo a Capracotta dal Rione S. Antonio, scortato dal suo fedelissimo codazzo e accolto dal sindaco Leonardo Antonio Conti e dall'arciprete Vincenzo Campanelli. Francesco aveva deciso di visitare la nostra cittadina perché intenzionato ad osservare dal punto più alto le sette province del Regno, quel Regno che quattro mesi dopo sarà suo per la morte improvvisa del padre Ferdinando I (1751-1825).

La nostra escursione ha quindi avuto come obiettivi quello di ripercorrere una parte del sentiero borbonico dall'abitato di Capracotta alla croce di Monte Campo e, soprattutto, quello di cercare la grossa pietra sulla quale il principe Francesco aveva appoggiato l'augusto piede due secoli fa mentr'era intento ad ammirare il panorama: quel masso era rimasto sulla sommità del Campo almeno fino al 1900 quando alcuni sacerdoti e cittadini capracottesi di idee liberali non decisero, in sfregio al Borbone, di precipitarlo nel dirupo a settentrione.

Per cercare il "masso caduco di Franceschiello" (così lo definì erroneamente la scrittrice Lina Pietravalle) ci siamo basati su due fotografie: una scattata sulla vetta di Monte Campo dal cav. Giovanni Paglione prima che il macigno venisse scaraventato giù, l'altra realizzata da Alfredo Trombetta nel 1910 subito dopo il "fattaccio".


Fotomontaggio tra la foto originale di Giovanni Paglione e il masso rinvenuto.

Partiti alle 8:15 da piazza Emanuele Gianturco, siamo stati guidati dagli esperti Erberto Paglione e Achille Conti fin sulla cima del Campo dove abbiamo cercato e trovato il luogo esatto in cui poggiava il "masso caduco": al di sotto di quella cresta una conca in cui poteva trovarsi l'agognato masso. Tornati a Portella Cieca abbiamo velocemente attraversato la faggeta a nord di Monte Campo e, poco prima di toccare la Selletta, ci siamo diretti al valico esistente tra il Campo e il Ciglione. A quel punto abbiamo nuovamente asceso, al di fuori della sentieristica convenzionale, la parete rocciosa del Cuandóne Pezzùte per giungere perpendicolarmente sotto la croce di ferro, dove pensavamo che stesse il pietrone. Dopo alcune indagini legate alla conformazione, alle dimensioni e alla sua posizione, abbiamo individuato un papabile "masso caduco di Franceschiello".

A ciò si aggiunga che Luigi Campanelli scrisse nella sua monografia capracottese del 1931 che su quel macigno esisteva forse un'iscrizione a ricordo dell'evento del 1824, il che la renderebbe unica e inconfondibile. Tuttavia, giacché la pietra che abbiamo identificato come quella più probabile è conficcata orizzontalmente nel terreno ed offre all'escursionista il suo "lato b", sarebbe necessario capovolgerla per verificare la presenza di una qualche incisione: operazione che non può avvenire se non grazie all'aiuto di molte braccia.

Carichi di timido ottimismo ci siamo diretti sulla strada che porta a Prato Gentile e, intrapreso un sentiero della Guardata, siamo rientrati a Capracotta alle 12:00, certi che serviranno ulteriori indagini per confermare o confutare la nostra modesta scoperta.


Francesco Mendozzi

 

Bibliografia di riferimento:

  • L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Tip. Antoniana, Ferentino 1931;

  • A. De Nino, Bellezze naturali di Capracotta, in «Il Secolo XX», V:7, Milano, luglio 1906;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;

  • N. Mosca, Libro delle memorie, o dei ricordi, Capracotta 1742;

  • L. Pietravalle, Nel Sannio mistico, in «La Lettura», XXIV:1, Corriere della Sera, Milano, 1 gennaio 1924.

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