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I miei nonni


Filippo Di Tella e Domenico Di Nucci.

I miei nonni, Filippo Di Tella e Domenico Di Nucci, erano due personalità in antitesi.

Il primo, classe 1896, era reduce dalla Grande Guerra, con tre anni trascorsi sul Carso, addetto al traporto di vettovaglie, di armamenti e muli, da sollevare con speciali carrucole sulle postazioni di controllo collocate dai 2.000 metri in su. Tornò dalla guerra pelle e ossa e lo Stato, nel 1970, lo premiò con l'onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto, una modesta pensioncina e tre medaglie, una per ogni anno passato nelle trincee in compagnia del caldo e del freddo, degli scarafaggi e di chissà cos'altro. Ma ogni medaglia valeva soprattutto per quei 10 chili di peso persi ogni anno!

Era restio a parlare della sua guerra per il semplice motivo che ne aveva passate di tutti i colori e che aveva perso ben 65 amici capracottesi in quella assurda tragedia.

L'altro nonno, classe 1906, all'età di 13 anni si imbarcò per l'America e ritornò dopo cinque anni con un elevato bagaglio culturale e di esperienze acquisite sul campo: sapeva leggere, scrivere, fare iniezioni, legger l'orologio ecc. Era un apicoltore, e con le api ci parlava, ma gli animali da soma che preferiva erano gli asini perché li considerava più intelligenti. Nonno Domenico era una persona colta ed eclettica e, forse, era un uomo tenace fuori dal suo tempo, in un luogo in cui purtroppo regnavano alti tassi di analfabetismo.

Durante la notte tra il 10 e l'11 settembre 1943 entrambi i miei nonni parteciparono, coi carabinieri di Capracotta e un gruppo di Guastra, al totale sgombero dell'armeria ubicata nel Tiro a Segno di Capracotta, allora utilizzato come poligono per i militari dell'Esercito Italiano.

Lo stesso gruppo si adoperò, tra settembre e ottobre dello stesso anno, a spostare i prigionieri alleati fuggiti dal campo di concentramento di Sulmona, ma questi sono racconti di cui parlerò un'altra volta, quando tratterò i 60 giorni di occupazione nazista nelle contrade di Guastra e Macchia, episodi che lasciarono il segno nella vita sociale di Capracotta e in tutti i coloni delle due frazioni.


Filippo Di Tella

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