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I Pizzella: pecorai, papalini e poeti



Nel fondo capponiano della Biblioteca Apostolica Vaticana è conservata una "Succinta relazione della nascita, vita e costumi della famiglia di Benedetto XIII" stilata dopo la dipartita del papa: si tratta di un regesto teso a mettere in cattiva luce la famiglia di Vincenzo Maria Orsini (1649-1730), dove per "famiglia" deve intendersi la squadra clericale che il card. Orsini formò a Benevento e che si portò dietro a Roma una volta eletto pontefice.

Sappiamo che in quella famiglia figurava anche il capracottese Bernardo Antonio Pizzella (1686-1760), futuro cameriere segreto di Sua Santità, così descritto dall'anonimo compilatore:

Bernardo Pizzella da Capracotta venne in Benevento al servizio di m. Nunzio Baccari, che fù vicegerente di quella città, e lo chiamò di 6 anni, e lo lasciò scriba alla Curia, che esercitò più anni, poi fù fatto Canonico e Cancelliere, di più fù esaltato dal Cardinale fatto Papa.

Da questa stringata descrizione si evince che il Pizzella giunse a Benevento grazie a mons. Nunzio Baccari (1666-1738), il più anziano dei dignitari ecclesiastici capracottesi, che evidentemente, viste le precoci doti letterarie del bambino, lo chiamò al suo servizio nel 1692. Effettivamente Bernardo Antonio Pizzella fu anche scrittore e ci ha lasciato un sonetto composto proprio a Capracotta, il cui manoscritto, conservato presso la Biblioteca e Archivio diocesani di Gubbio, non abbiamo potuto visionare a causa della pandemia.

La parabola della famiglia Pizzella di Capracotta è fin qui paradigma: da padroni di pecore a pastori di anime.

I Pizzella, infatti, facendo affidamento su un uomo di Chiesa tanto vicino alle sfere papali, cominciarono probabilmente il loro trasferimento nella Città Eterna a ridosso della morte di mons. Bernardo e, giunti al periodo della Rivoluzione francese, possiamo affermare che i rapporti dei Pizzella con Capracotta si limitavano ormai al patrimonio armentizio. Il progressivo allontanamento di una delle più agiate famiglie capracottesi dal luogo natio lo si desume proprio in virtù del numero di pecore iscritte alla Regia Dogana: nel 1750 Mattia Pizzella ne registrò 10.000, trent'anni dopo suo figlio Giovanni ne iscrive appena un quarto. Dal 1790 in poi non vi è più nessun Pizzella sui registri doganali di Foggia.

Giovanni Pizzella, nipote diretto di Bernardo, aveva sposato Maria Cuccovilla (1735-1807), proveniente da una buona famiglia astigiana, che presto aveva dato vita a un raffinato salotto borghese nella Roma settecentesca. I coniugi Pizzella abitavano in un appartamento di Palazzo Bolognetti, in via dei Fornari, e avevano generato due figli: Pierluigi (1755-1827) e Violante. Il primo fu un compositore di musica sacra e un apprezzato filologo, la seconda morì nel fulgore degli anni.

Non è vero che Pierluigi «sarà ricordato come un modesto musicista» poiché era autore di «opere musicali d'alto concepimento», tanto che il Diario di Roma, il più importante foglio che circolava nell'Urbe, il 5 aprile 1827 gli dedicò la prima pagina, scrivendo che «sebbene la ristrettezza del nostro foglio non ci permetta di collocarvi spesso e volontieri articoli di Necrologia, [...] non possiamo defraudare i nostri leggitori di alcune notizie sulla persona del dotto Pierluigi Pizzelli Romano, chiamato da Dio il dì 10 dello scorso marzo al riposo de' giusti».

Il cav. Pietro Ercole Visconti (1803-1880), che era stato suo alunno, scrive che «alcuni non [lo] seppero apprezzare, altri non vollero». Pierluigi Pizzella lavorava alla Direzione Generale del Censo ma aveva studiato la filologia e la matematica, e possedeva la lingua ebraica, il greco, il latino e alcune tra le più utili lingue moderne del tempo: nei fatti era davvero un letterato.

Violante Pizzella, invece, non fece in tempo a dar prova di sé, eppur la sua dipartita fu motivo di alta letteratura, in quanto il poeta Ippolito Pindemonte (1753-1828), sotto lo pseudonimo di Polidete Melpomenio, compose nel 1784 per la madre un'ode in forma di epistola: "Alla signora M. Pizzelli in morte d'una sua figlia".

Nel ritrovo culturale di Giovanni e Maria Pizzella, insomma, passarono i migliori letterati e artisti del tempo, da Vittorio Alfieri ad Antonio Canova, da Angela Kauffmann a Vincenzo Monti, da Alessandro Verri ad Ennio Quirino Visconti. La morte di Maria Cuccovilla, che sopravvisse al marito Giovanni, fu anch'essa fonte di ispirazione per molti poeti che nel 1808 pubblicarono una "Accademia poetica in sette lingue per la morte di Maria Pizzelli" e persino sul cosiddetto Giornale Pisano comparve una lettera del grande commediografo Giovanni Gherardo de Rossi, spedita il 26 settembre 1807 a un suo carissimo amico per metterlo a conoscenza della dipartita della signora Pizzella.

La parabola della famiglia Pizzella di Capracotta si fa allora iperbole: da pastori di anime ad anime leggiadre.


Francesco Mendozzi

 

Fonte: F. Mendozzi, In costanza del suo legittimo matrimonio. Sociologia del popolo di Capracotta desunta dai registri dello stato civile napoleonico (1809-1815), Youcanprint, Lecce 2021.

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