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Alla signora Maria Pizzelli in morte d'una sua figlia



Qual cresce al Liri, od al Sebeto in riva,

primo de' campi onor, tenero morto,

qual suole al mattutin fiato de l'aure

tra la fresc'erba aprir candido fiore,

tale, e più vaga ancora in sue sembianze

Violante sorgea...

Ahi donde uscì l'invidioso vento,

che svelse il gentil mirto, e sul bel fiore

chi passò con l'aratro? Acerbo, occulto,

lento, mortale, immedicabil morbo

le discorrea per ogni vena, e quasi

studiando crudeltà, dal sen materno

a poco a poco, e promettendo sempre

di ridonarla, ei la rapìo per sempre.


Torci da le ferale ultima pompa

gli occhi, o Madre, e poggiar vedila in alto,

qual novello sorgente astro, lasciando

lunga striscia di luce in suo cammino.

Vedila in faccia al vero Ben far paghe

l'alte sue voglie, e in quel gran Mar di lume

ber di quanto sofferse eterni obblii,

certa del suo riposo: e se talora

piega da quello, e giù china lo sguardo,

non è già per vedersi ai piè di sotto

i fissi nel gran vano astri sospesi,

o le armoniche danze, che gli erranti

tessono a quelli senza posa intorno;

ma il nostro globo sol ricerca, e solo

volge al caro Fratel, volge a l'amato

Padre il cupido sgaurdo, e su la Madre

l'arresta alquanto, e non però s'avvede

che già feo col pensier ritorno in terra.


Ippolito Pindemonte

 

Fonte: I. Pindemonte, Le poesie originali, a cura di A. Torri, Barbèra e Bianchi, Firenze 1858.

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