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La spalmata



Capracotta, 1951.

La nostra aula era situata al piano terra dell'attuale struttura per gli anziani con alle spalle la torre dell'orologio.

Il maestro Renato era severo ed inflessibile. La "spalmata" era una tavoletta di legno lunga 60 cm., messa in bella vista come deterrente per 36 maschietti, usata per punirci con le mani bene aperte poste verso il maestro.

Serviva per tenere a bada le tre file di banchi brutti sporchi e cattivi, ma era il prodotto di tempi in cui la sopravvivenza era una lotta.

Io e Nannino Trasciòtta sedevamo al centro in prima fila non per merito, bensì per la nostra taglia sotto la media. Frequentavamo la terza elementare quando un sabato, prima che finisse la lezione, il maestro Renato ci raccomandò per il lunedì successivo di munirci di 2 quaderni nuovi necessari per continuare le lezioni.

Nessuno di noi aveva rispettato la richiesta, e così il maestro, inviperito, fece parlare la spalmata, dichiarando con furore:

– Dieci spalmate a testa, così imparate a ricordarvi quando parlo! Cinque in un mano e cinque nell'altra, cominciando dalla prima fila!

Tutti eravamo in uno stato di agitazione incontrollata e si tremava dalla paura.

Giunti al terzo alunno, con le spalmate che risuonavano nell'aula, ebbi un sussulto e chiesi al maestro Renato se potessi andare al bagno. Praticamente sfuggii alla tortura.

Ma adesso cominciava un altro problema: come tornare a scuola?

I primi due giorni feci finta di andare a scuola nascondendomi da mia madre e da mia sorella Maria che aveva 10 anni più di me, ma ciò non bastò. Il terzo giorno fu mia sorella ad accompagnarmi a scuola. Il maestro nutriva del rancore nei miei confronti e così mi mollò uno schiaffone davanti a tutti, compresa mia sorella. Da stoico non dissi nemmeno "ah".

Insomma, mi salvai dalle dieci spalmate ma salvarsi dallo sganassone fu impossibile.

Questa storia mi è servita molto nella mia vita quando dovevo uscire da situazioni difficili.


Pietro Di Tanna

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