Storia dell'organo (IV)
- Letteratura Capracottese
- 3 giorni fa
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E non ti fermi,
convinto che ti si può ricordare.
Hai davanti una canzone nuova
e una città per cantare...
[Ron, "Una città per cantare", 1980]

Una breve pausa... La Basilica Vaticana di S. Pietro ha sempre avuto un rapporto "complicato" con gli organi, pur alla luce dell'alta considerazione che la chiesa latina ha per tale strumento. La stessa Cappella Sistina, poiché tempio della polifonia e del gregoriano, è stata sempre priva, fino a pochi anni or sono, di un organo effettivo. Le stesse dimensioni degli ambienti e la diffusione del suono conseguente costituiscono tuttora intralcio non indifferente alla progettazione e funzionamento di un organo maggiore.
Ma nel 1875 il grande organaro francese Aristide Cavaillé-Coll, autore anche degli organi maggiori della Chiesa di S. Sulpice e della Cattedrale di Notre-Dame a Parigi, propose al papa Pio IX la realizzazione di un poderoso strumento degno della grandiosità della Cattedra di Pietro. Una fastosa e monumentale cassa neobarocca alta 26 metri e larga 20, progettata dall'architetto Alphonse Simil, posta in controfacciata, avrebbe conservato i 155 registri distribuiti su 5 manuali e pedaliera per un totale di 8.316 canne. Le canne della "mostra" (facciata) erano rappresentate dal registro di Principale '32. Ne vennero realizzati diversi disegni e un modellino in scala fu donato alla fabbrica della Basilica. Considerate che l'attuale imponente organo maggiore realizzato nel 1962 dalla Pontificia Fabbrica Tamburini unendo due strumenti precedenti e collocato ai due lati dell'abside dispone di 4 manuali e pedaliera con 76 registri. I fondi per la costruzione vennero reperiti tramite una colletta a cui parteciparono anche i più grandi musicisti dell'epoca, ma il papa, dopo averli ricevuti, li destinò al rifacimento del pavimento della Basilica... Vi prego di dedicare un attimo di raccoglimento per il destino subìto «dell'alta considerazione della chiesa latina» che abbiamo incontrato nelle prime righe.
Tuttavia anche l'Italia di oggi lascia da pensare: l'Auditorium della Capitale è privo di organo (cosa unica al mondo) e altri auditoria sparsi per lo Stivale presentano strumenti inservibili poiché parzialmente smontati o totalmente abbandonati. Per non parlare dei molti edifici sacri con strumenti storici tenuti in condizioni pietose qualora non abbandonati e vandalizzati.
Organo iberico
L'organo iberico si dimostra, causa il bacino liturgico cattolico cui faceva riferimento, molto simile all'organo italiano. Anche qui spicca la presenza di più manuali (teclados), ma spesso anche uno solo, con registri (tiradores) spezzati (teclado partido), e numerosi furono i tientos (toccate) con parte cantante al basso (de bajo) o al soprano (de tiple). La pedaliera, ove raramente presente, è costituita da pochi bottoni di forma circolare utili alla emissione di note lunghe. Nelle strutturazioni a due manuali il corpo d'organo secondario era chiamato "positivo tergale" perché posto vicino l'assemblea, integrato nella balaustra della cantoria e sporgente dalla tribuna, alle spalle dell'organista: conformazione che troveremo anche in alcuni strumenti italiani (melodium tergale), ma quasi universale negli strumenti francesi (positiv) e negli strumenti della Riforma (Rückpositiv). Dal manuale la catenacciatura passava al di sotto dell'organista nello spessore del pavimento della cantoria per collegarsi al somiere di questa sezione (meccanica di rimando). Diffusissimi gli organi rurales o "di parrocchia" strumenti resi spesso ancor più particolari dalla presenza di una pittura sita al posto del leggio: moltissimi organisti di quell'epoca non conoscevano la scrittura musicale. La divisione e disposizione dei registri somiglia a quella italiana. La predominanza di canne in legno dà un suono caldo, espressivo ed avvolgente. Anche il ripieno (lleno) è strutturato come il ripieno italiano. Ricordiamo che per molto tempo i territori meridionali italiani furono direttamente sottoposti alla Corona spagnola e gli scambi non solo culturali furono molteplici. Lo stesso Luigi Campanelli, nel suo volume dedicato alla Chiesa di Capracotta, ricorda come una accesa diatriba legale tra il vescovo di Trivento e il capitolo della Collegiata, nel XVIII secolo, terminò con il giudizio finale presso la Suprema Corte di Madrid.
La tecnologia adottata dagli organari iberici si rivelò per molto tempo più avanzata di quella dei colleghi italiani.
Padre dell'organo iberico viene considerato il presbitero francescano Josè de Echevarrìa (+ 1691) la cui scuola influenzò non solo la Spagna ed il Portogallo ma anche le Fiandre e le Filippine. Gli schemi costruttivi iberici vennero esportati anche nella realizzazione degli strumenti antichi dell'America Latina.
Ma il vanto dell'organo iberico sono i registri ad ancia. Distinti in ance con padiglione verticale (registros de lengueterìa) e a padiglione orizzontale (trompeterìa tendìda o trompeterìa de batailla). Ma il nome più frequentemente conosciuto di quest'ultima varietà è chamada che, francesizzato in chamade, verrà esportato e conosciuto in tutta Europa. L'aspetto imponente delle facciate con le chamade a vista preannuncia la potenza del suono (trompeta real e trompeta imperial). Scelte in un primo tempo forse per la facilità di accessibilità per l'accordatura (le ance richiedono frequenti aggiustamenti: la croce di molti organisti) e perché meno suscettibili ad intasarsi (la polvere e le ragnatele formano dei tappi molto fastidiosi) divennero il suono caratteristico dell'organo spagnolo. I padiglioni orizzontali riversano in navata verso gli ascoltatori degli armonici non percepibili dalle tube verticali. Spesso il suono diretto della chamada alternato al suono sparato verso l'alto dalle lengueterìe veniva sfruttato per spettacolari giochi sonori durante le esecuzioni. Il primo esempio di chamada è del 1588 sull'organo della Cattedrale di S. Pietro a Jaca (Huesca). Ma anche passare sotto la galleria virtuale creata dalle quattro chamade dei due organi battenti del Santuario di Santiago de Compostela crea un atavico timore prima ancora che il vento fluisca in quelle poderose ance. Ciononostante le prime ance storiche erano alquanto dolci e contenute nella sonorità (trompeta, clarin, bajoncillo) e solo più tardi raggiunsero volumi poderosi. Tali registri, già costosi di proprio rispetto alle canne ad anima, se costruiti in orizzontale comportano un onere maggiore per il committente: il sistema di travi e cavi per sostenere il considerevole peso della struttura dei padiglioni fa lievitare notevolmente i costi dello strumento e richiede una progettazione accurata: esattamente sotto quella batteria di padiglioni c'è l'organista e poi l'assemblea!
La chamade si diffuse in Francia dove compare nel 1772 sull'organo di S. Maximin-en-Var (Provenza) ma sarà il celebre organaro Aristide Cavaillé-Coll a farla conoscere a livello internazionale.
Sicuramente importata dalla tradizione iberica e mediata dagli organari napoletani, anche se non è ancora chiaro come questo sia avvenuto, la prima chamade italiana compare sull'organo anonimo del XVII secolo nella chiesa di S. Giovanni Battista (o S. Domenico) ad Atri (CH) che ho avuto il piacere di suonare come allievo durante uno splendido masterclass del M.° Matteo Imbruno nell'ambito del Festival dei Duchi d'Acquaviva durante l'estate 2023.
Altra caratteristica peculiare è la presenza della "arca degli echi" o "cassa degli echi": delle canne d'organo chiuse in una cassa per creare effetti di "camera chiusa", successivamente comandata da un teclado apposito, e anche con meccanismi per aprire e chiudere gli sportelli onde ottenere effetti di "forte" e "piano". Originariamente conteneva tre registri de tiple e veniva collocata sopra l'organo maggiore e successivamente fu portata a dimensioni più ampie. Sicuramente la possiamo considerare tra le progenitrici della "cassa espressiva" presente sugli organi moderni.
La visione di uno di questi strumenti anche se di piccole dimensioni è imponente: dalle ricchissime e civettuole decorazioni dorate che sembrano quasi voler soffocare le canne di mostra si proiettano caparbiamente in avanti e sui lati le spettacolari chamade come a voler incutere timore. Ma gironzolando per le province possiamo ammirare anche dei piccoli prodigi architettonici ed ingegneristici come l'organo della chiesa di S. Hipólito el Real a Tamara de Campos, Palencia (Castiglia), costruito nel 1732 da Pedro Merino de la Rosa la cui cantoria barocca poggia su un'unica e sottile colonna apparentemente in marmo ma invece totalmente lignea. Tutta la Castiglia, con Palencia in particolare, oltre alle altre regioni, è un forziere pieno di queste gemme: la Ruta de los organos (Percorso degli organi) consente di ammirare strumenti di tutte le fatture da XVI al XVIII secolo. Corre subito il pensiero alla analoga "Via dei D'Onofrio", il percorso turistico dei nostri organi molisani.
L'organo iberico: uno strumento particolare da ascoltare e studiare in maniera più accurata insieme alla sua letteratura ancora poco conosciuta nelle nostre regioni.
Francesco Di Nardo