Storia dell'organo (VIII)
- Letteratura Capracottese
- 8 lug
- Tempo di lettura: 11 min
Aggiornamento: 20 ore fa
Ti lascio una canzone
da indossare sopra il cuore...
[G. Paoli, 1985]

«A che serve provarlo? Tanto è un organo!». Questa risposta mi venne fornita dal parroco di un famoso santuario romano alla mia richiesta di fare una ricognizione dello strumento in preparazione ad una cerimonia dove ero stato convocato come organista. Ormai seguendo queste sgangherate righe avrete certamente intuito l'unicità di ogni singolo organo per l'area geografica e per l'ambiente in cui viene collocato e quindi come ogni repertorio debba essere precisamente studiato per utilizzare al meglio la fonica dello strumento nel valorizzare i brani. Pertanto, pur giustificando chi non sa, a Voi il giudizio sulla risposta da me ottenuta ed elaborare anche un pensiero su chi, per status, dovrebbe sapere ma spesso non conosce neppure il valore del gioiello che si staglia nella cantoria...
L'organo tedesco
Generato dalla radice comune medievale e fratello degli strumenti fiamminghi, l'organo germanico andò incontro ad uno sviluppo unico e straordinario, ma soltanto comprendendo lo spirito del Luteranesimo si può capire appieno l'evoluzione e la struttura dell'organo tedesco. La Chiesa riformata di Martin Lutero concepì la musica ed il canto della assemblea come parte integrante della Liturgia della Parola. Il concetto "verticale" della musica liturgica cattolica venne quindi ribaltato: il canto divenne "trasversale" coinvolgendo tutta l'assemblea. Compaiono così i famosi "corali", basati su melodie preziose e spesso mutuate dal gregoriano ma facilmente orecchiabili ed memorizzabili. Dai neumi gregoriani, però, si passò al canto sillabico: una nota per una sillaba anche con lo scopo di creare un ritmo comune nell'assemblea e riunire in uno tutti i cuori impegnati nella preghiera. Il coro e l'organo sostenevano tale pratica che si radicò profondamente nell'animo dei fedeli: uno specifico corale per ogni momento della liturgia e uno quasi per ciascun giorno dell'anno. I fedeli ascoltando l'organista improvvisare la melodia del corale, come introduzione, sapevano automaticamente cosa cantare senza neanche perdere tempo a cercare sul libretto dei canti. Assistiamo così alla nascita dei "preludi corali" per organo o Choralvorspiele. Recitando la melodia del corale l'organista provvedeva a creare un accompagnamento che ne esaltasse le singole frasi musicali e le parole di riferimento sottintese. Un fraseggio musicale contrappuntistico dove simbolismo, armonia e poesia si fondevano: non a caso il Rinascimento e il Barocco sono la culla della musica figurativa. Si ricorda l'episodio in cui l'ormai anziano ma sempre autorevole Johann Adam Reincken (1643-1722) ascoltando Johann Sebastian Bach (1685-1750) improvvisare sul corale "An Wasserflüssen Babylon" ebbe a dire: «Credevo che quest'arte fosse morta, ma la vedo rivivere in Voi!». Erroneamente si è portati a pensare che Il vecchio Reincken si riferisse al semplice improvvisare in armonia ma in realtà elogiava la capacità di Bach nell'improvvisazione figuraliter, cioè accompagnando il corale in maniera simbolica more antiquo. A conferma di questo molti critici ravvisano nella elaborazione, che poi Bach mise su carta, sonorità e movimento visivo delle parti evocanti il lento scorrere delle acque del fiume e lo scoramento degli Ebrei nel ripensare alla lontana Sion. Lo stesso Bach riteneva cosa estremamente importante una corretta ed equilibrata improvvisazione rimproverando le sfuriate musicali senza senso di alcuni organisti da lui definiti «ussari della tastiera». Bach eseguì questo corale in onore al vecchio Reincken che precedentemente ne aveva scritto una interessante e celebre versione. Tuttavia pur se armonicamente e contrappuntisticamente perfetto il corale di Reincken non trasuda lo spirito poetico che illumina la versione di Bach.
Per adempiere a tale complessa funzione gli organi si svilupparono acquisendo sempre più importanza nel credo luterano e nel cuore del popolo germanico al punto che, per i fedeli, era inconcepibile il solo pensare ad una chiesa priva di organo. Il Natale del 1924 vide una scarsa affluenza di fedeli alla messa tradizionale della Cattedrale di Passau. Il vescovo, infuriato, identificò tale crisi di presenze nel malfunzionamento dell'organo che era praticamente ridotto al silenzio per mancanza di manutenzione e di cura nel corso degli anni. Diede così ordine di restaurarlo ed ampliarlo e con le sue circa 20.000 canne ed una sezione collocata nel sottotetto, per dare l'idea del suono discendente dall'alto, lo strumento divenne uno degli organi più grandi di Europa. Nell'articolo sull'organo dei bidoni abbiamo inoltre constatato come anche nella prigionia i soldati tedeschi abbiano sentito la necessità di avere a disposizione un organo per accompagnare le funzioni religiose. Spesso le grandi vetrate e le caratteristiche architettoniche di molte cattedrali gotiche impedivano l'installazione di uno strumento adeguato e, allora come oggi, si ricorreva ad artifici ingegneristici. A testimonianza di tale caparbia volontà rimasta immutata nel tempo, la costruzione da parte della fabbriceria Rieger, nel 2009, di un poderoso e maestoso strumento del peso di 37 tonnellate e dotato di 80 registri ripartiti su quattro manuali e pedaliera nella Chiesa di S. Pietro a Regensburg. Tale colosso è sospeso nella navata tramite quattro cavi di acciaio ancorati ai pilastri portanti del transetto. La robustezza delle portanti è tale che ciascun cavo può da solo reggere il peso dell'intera struttura. L'amore per questo strumento con la sua funzione simbolica e di preghiera è testimoniato anche dal soffermarsi dei fedeli a termine funzione fino al completamento del brano musicale, quando invece, nelle nostre latitudini, il "Ite Missa est" risuona come il colpo di pistola dato dallo starter alla partenza dei 100 metri piani delle Olimpiadi e con molti astanti che già durante il Communio si sono portati ai blocchi di partenza nei pressi delle bussole.
Possedere un organo prestigioso, come in Olanda, era il vanto della comunità di appartenenza e avere alle dipendenze un bravo organista, responsabile anche dello strumento, un ulteriore fiore all'occhiello. Lo stesso avveniva nelle corti nobiliari. Ad esempio nel 1708 a Weimar (Turingia) l'organista di corte (Hoforganist), oltre agli altri incarichi, era Bach, mentre l'organista cittadino (Stadtorganist) era suo cugino Johann Gottfried Walther (1684-1748). A differenza della Chiesa Cattolica, e per diversità anche dei sistemi educativi e scolastici (un proverbio raccontava che «i contadini del Margravio di Brandemburgo sono più acculturati dei cortigiani del Re Sole»), nella Chiesa riformata l'organista non era un religioso, ma un professionista che veniva accuratamente selezionato. Tale incarico, come anche quello di musicista cittadino (Stadtpfeifer) o di corte (Hofmusiker) o ancora di Maestro di Cappella (Kapellmeister), si tramandava di padre in figlio e intere famiglie erano dedite all'arte musicale per la liturgia e le cerimonie civili. Per esempio la famiglia Bach contava tra il XVII e il XVIII secolo così tanti musicisti, diffusi nei borghi e nelle cittadine della Germania, che il termine "die Bache" (il Bach) divenne sinonimo di musico.
Inoltre la scuola del Nord, di cui abbiamo parlato in occasione dell'organo fiammingo, tramite i grandi esponenti tra i quali Praetorius, Buxtehude, Bohm, il predetto Reincken, Lubeck, Tunder, Bruhns, Weckmann, Leyding, Werkmeister e, per formazione, Bach, portò la tecnica dell'uso della pedaliera alle massime capacità espressive e funzionali al punto che questi maestri vennero definiti "esplosivi". Pertanto le pedaliere acquisirono registri autonomi e "solistici". La scuola meridionale, scaturita prevalentemente da Froberger, allievo di Frescobaldi, annoverante organisti tra cui Erbach, Kerll, e Pachelbel ne fece meno uso di riservandola quasi esclusivamente a passaggi lunghi o al cantus firmus.
Rarissimi gli strumenti ad un solo manuale e prevalentemente legati alla scuola meridionale.
Ovviamente gli stili compositivi non si limitavano al corale ma anche alle toccate, i praeludia, le fughe ecc. Sarà interessante, appena possibile, fare una passeggiata tra le varie forme musicali.
Gli organi venivano costantemente ampliati e rinnovati seguendo le esigenze dettate dall'organista e dalla liturgia, inglobando spesso il materiale fonico preesistente e aggiungendo ulteriori corpi d'organo. Possiamo ancora ammirare casse dove la sezione centrale a torri squadrate rinascimentali è affiancata ai lati dalle grandi torri dedicate ai registri della pedaliera e dal corpo del Rückpositiv sulla balconata realizzati invece in stile barocco. Bach fu organista apprezzato ed ammirato a Mulhausen (Turingia) dal 1707 al 1708 dove su sua indicazione vennero apportati aggiornamenti ed ampliamenti al grande organo della Chiesa di S. Biagio.
Pur avendo lasciato l'incarico per trasferirsi a Weimar, venne chiamato per il collaudo e l'inaugurazione, scrivendo per tale occasione la fantasia sul corale "Ein Feste Burg ist unser Gott" (Una salda fortezza è il nostro Dio) i cui passaggi, tramandatici da Walther che lo assisteva, ci mostrano come il Maestro abbia sperimentato l'efficacia di tutte le modifiche ed aggiunte mentre, ne sono quasi sicuro, l'organaro ascoltava e seguiva il tutto in preda ad una crisi di ansia e con i capelli dritti...
Il Prinzipal può definirsi l’equivalente del nostro principale. Di taglio abbastanza largo e con sonorità generosa ed ampia ma comunque precisa per rendere al meglio la poderosa struttura contrappuntistica tedesca, dà origine a tutta la sequenza fondamentale verso i registri acuti e verso i bassi. Il suo sviluppo nelle mutazioni crea la sesquialtera, registro molto amato da Bach e dai suoi coevi, spesso "tagliente" col suo caratteristico suono tipico nel fraseggio della melodia portante dei corali, ma spesso anche aggiunta per completare il plenum.
I primi registri ad anima da '16 compaiono a cavallo del XV e XVI secolo fino ad arrivare ai profondi suoni del '32 e tale evoluzione si estenderà anche alle ance. Tuttavia tutte le basserie pur se di intonazione forte non apparivano "gonfie", caratteristica che sarà più tipica degli strumenti del XIX secolo.
Pochissime volte gli autori davano indicazione della registrazione da adottare: era lasciata al gusto dell'esecutore ed alle caratteristiche dello strumento rapportate al brano da eseguire: l'importante era costruire un preciso fraseggio e far intendere al meglio il dialogo delle parti. Un atteggiamento totalmente differente dai compositori francesi dove era la registrazione prescelta ad indicare la composizione (ad esempio: "Offertoire sur le gran jeu" oppure "Recit de chromorne").
Lo sviluppo del Prinzipal genera la Mixture, che potremmo definire con approssimazione l'equivalente del ripieno italiano. Ma qui occorre fare delle opportune distinzioni. Costruendo una fila di canne mano a mano che si va verso le note acute le canne andranno progressivamente accorciate e rimpicciolite. Ma arriverà un momento in cui per motivi tecnici non potremo realizzare canne ulteriormente più piccole e per aggiungere le note mancanti ripartiremo costruendo canne più lunghe da riaccorciare ancora in progressione. Ovviamente la canna di "ripartenza" sarà sempre accordata sulla nota corretta ma di una, due o tre ottave più bassa. Tale aggiustamento viene definito ritornello e più si va verso registri acuti più aumenteranno i ritornelli che dovremo realizzare su quella fila. Questo porterà ad avere parecchie canne di molti registri che sullo stesso tasto suoneranno la medesima nota e che saranno poi anche difficili da accordare tra loro (si dice che le canne "si rubano la nota"). Tale impostazione è fondamentale per capire ed apprezzare gli snelli e veloci giochi sonori degli autori italiani ma non è efficace per rendere correttamente la complessa struttura armonica dei compositori tedeschi. Infatti, in tale situazione, possono generarsi dei "vuoti" sonori sgradevoli. Pertanto nella Mixture gli organari tedeschi al momento di "ritornellare" non ripartivano necessariamente da una nota in ottava più bassa ma anche da una quinta e anche da trenta note indietro. Più che ritornello siamo davanti a una “nuova entrata” e questo avveniva con continuo scambio di note tra le file per evitare il più possibile le note all’unisono e quindi ottenendo una sonorità più "serrata" e corposa, meno verticalizzata del ripieno italiano ma più drammatica e intensa. Per questo motivo la Mixture non può essere costruita con file azionabili separatamente ma con tutte le file soggette ad un unico comando. Ecco perché Frescobaldi, che necessita di un ripieno all’italiana aguzzo e affilato per apprezzarne la freschezza e lo scintillante contrappunto che ti invita a guardare verso il cielo, appare grezzo e pesante portato su una Mixture, ed anche perché Bach sembra meno severo e deciso su un ripieno italiano, ma se fatto cantare su una mixture credi che il Padreterno stia direttamente scendendo dall’alto dei cieli per scuotere la navata con un intreccio armonico da togliere il respiro. Da qui anche la spiegazione del perché il cartellino del pomello azionante Mixture sia indichi anche il numero delle file presenti ed azionate in contemporanea.
Altro registro con caratteristiche vicine alla mixture e alla sesquialtera ma tipica dell’organo tedesco è il Rauschpfeife, costituito da due o tre file di canne in mutazione (quinta e terza) e come tutte le mutazioni, mixture compresa, da usare sempre in associazione ai registri di fondo o al plenum.
La sezione dei flauti (Rohrflöte e Spitzflöte) e dei bordoni (Gedackt) è ben rappresentata con voci dolci ma chiare e precise con tutte le evoluzioni e mutazioni relative. Ricordo che i registri di bordone, con sonorità più vellutata rispetto ai flauti, possono essere di legno o metallo e la loro caratteristica consiste nella presenza di tappi alla sommità delle canne.
La famiglia delle ance conosce molte e varie sonorità dalla Trompete al Krummhorn, dalla vox humana alla Posaune, dal Rankett (regale dolce) allo Schalmei (regale dal suono morbido affratellato allo chalumeau francese e alla chirimìa spagnola) ed ancora il misterioso ma corposo Fagott. Sono presenti anche nella pedaliera, concepita come tastiera a sé stante, e specialmente nell'organo pleno schiariscono la linea del basso mentre come soliste danno voce al cantus firmus. Certamente sono più contenute ed "educate" rispetto alle sorelle francesi spagnole ed inglesi ma sempre e comunque precise e dall’attacco pronto e, usate nel plenum, ben amalgamate.
Anche l'organo tedesco dispone di svariati accessori come il Pauke (cucù o timballo) - due canne o più che azionate in sequenza per effetto di battimento danno il classico suono - e il curiosissimo Zimbelstern: un getto di aria mette in rotazione una ruota a pale collegata a dei campanellini e, tramite lo stesso asse, fa girare una stella dorata posizionata sulla facciata. Ovviamente presenti i comandi di Tremulant (tremolo) leggero e forte.
Come per l'organo olandese le maestose casse sono costituite dalle classiche torri circolari tipiche del nord Europa che tuttavia differiscono dalle coeve francesi: le generose sezioni di pedale richiesero grandi e voluminose torri laterali assenti in questi ultimi strumenti. La tastiera principale fu definita Hauptwerk o Oberwerk. Il Rückpositiv è immancabile mentre una terza tastiera posizionata più in alto (il nostro recitativo) è il Brustwerk perché posizionata all’altezza del petto dell'organista. In alcuni strumenti si arriva anche a quattro manuali.
Le pedaliere più antiche mostrano l'assenza del Do1# e spesso, negli organi più antichi, la prima ottava era "corta". I tasti più lunghi di quelle "mediterranee" agevolavano l'esecutore. E da qui nasce l'eterna diatriba se gli organisti di quell'epoca usassero solo le "punte" o suonassero anche con i "tacchi": in medio stat virtus? Piccola disgressione medica: a causa dei microtraumatismi agenti sui talloni durante le esecuzioni alla pedaliera in molti organisti si crea una calcificazione posteriore del legamento plantare definito come spina calcaneare, spesso asintomatico. Tale patologia fu anche un criterio medicolegale utile nell'identificare con maggior certezza le spoglie mortali di Bach integrando lo studio del cranio e delle leggendarie mani.
La scuola organaria tedesca giunse anche nelle nostre latitudini come altre scuole nordiche di cui abbiamo già trattato: nel 1573 Wilhelm Hertelmann, probabilmente originario di Heidelberg, realizzò due strumenti per la chiesa del Convento di S. Marta a Brescia completati dal figlio Andreas.
Ma tra i grandi organari tedeschi, tra cui Silbermann e Stellwagen, spicca la figura di Arp Schnitger (1648-1719) i cui strumenti furono lodati anche da Buxtehude, Bach e Händel. Tra le sue caratteristiche costruttive la tecnica di ampliare e ricostruire integrando la fonica preesistente. Questa metodica, ripresa anche da altri organari coevi, ha permesso di conoscere le tecniche e le fasi costruttive più antiche dell’organaria tedesca. Di estetica inconfondibile i suoi organi mostrano potenza, chiarezza con colori ricercati e densi di maestosità nei plenum. Tra le sue creature l’organo della Chiesa di S. Ludgeri a Norden rappresenta un unicum strutturale e sonoro. Costruito tra il 1686 e il 1692, dotato di tre manuali e pedaliera con 46 registri, è letteralmente "avvolto" intorno ad un pilastro del transetto per ottenere una espansione controllata del suono. Ad una navata barocca bassa si contrappongono un transetto ed un coro gotici altissimi. Il suono pertanto sarà secco ed attenuato nella navata ed ampio e risuonante nel transetto. I bassi pertanto raggruppati in un’unica torre orientata verso la navata avranno un effetto avvolgente mentre il corpo principale direzionato verso il transetto colpisce direttamente l'ascoltatore. Ulteriore dimostrazione di come ogni organo sia un unicum per la progettazione e la collocazione.
A partire dal XIX secolo il suono dell’organo, poco in sintonia con la sensibilità del Romanticismo, verrà ad annoverare pochissimi compositori di spicco e le modifiche strutturali imposte da tale epoca, con registri voluminosi, "gonfi" e poco svettanti, vennero superate nel XX secolo con il recupero delle tecniche tradizionali. Ricordo ancora come Scweitzer, massimo interprete bachiano degli inizi del ‘900, lamentava la grossolanità cui erano arrivati gli organi in tale periodo storico al punto che le opere di Bach eseguite su tali strumenti sembravano come disegnate al carboncino. Tale rinascita, dove tradizione ed innovazione si fondono in modo stupefacente, fu il fulcro del restauro o della totale ricostruzione degli organi devastati dai massicci bombardamenti della Seconda guerra mondiale.
Dal 2018 l’arte organaria tedesca è annoverata come parte del patrimonio immateriale dell'Unesco.
A Baba che ha fatto rivivere un focolare...
Francesco Di Nardo