XXXVIII
I due uomini erano rimasti lì nella sagrestia come due allocchi: letteralmente colti di sorpresa dalla reazione forte di Elisa, il prete se ne stava seduto alla sua scrivania con gli occhi che ancora tentavano di inseguire la figura bella e forte della donna fiera che si era ribellata come una tigre; don Salvatore invece teneva ancora un braccio steso e proteso in avanti, quasi a voler fermare Elisa che nel frattempo era già sparita dalla vista.
Poi... dopo quasi un minuto di silenzio...
– Don Salvato'... ma voi avete visto?
– Don Alessa'... visto e sentito, purtroppo!
Al prete non è che venissero troppo le parole in bocca: era davvero sbigottito!
– Ma cheste so' cose 'e pazze! Una donna che reagisce così... così ..... Ma in che mondo viviamo? Dove andremo a finire? Che scostumata, davanti al suo prete e al suo fidanzato! Invece di ascoltare, assentire con umiltà e essere grata che le stavamo offrendo, no tendendo una mano, questa la mano l'ha morsicata, un altro poco se la mangiava!
– Aaah... – fece don Salvatore – bellissimo, davvero grande! Superba... E che occhi! Scagliavano lampi! Che donna, che donna!
Il prete sbigottì ancora di più:
– Don Salvatore... Ma state bene? Che state dicenne? Ma l'avete vista bene? Quella n'atu poche ve sbranave e vuie...
Il poeta scoppiò in una sonora risata:
– Aaah, don Alessandro... non preoccupatevi! Cose mie, cose di poeta! Tutto a posto, missione compiuta! Siete stato un vero amico, è andata meglio di come pensavo! Mi avete aperto la porta giusta per riconquistare Elisa e oltretutto me l'avete fatta amare ancora di più! È proprio 'a femmena che fa per me! E che ne dovevo fare di una pecorella docile e sottomessa, sai che noia!... Grande, grande! E come mi ama!
Il prete lo ascoltava con la bocca aperta incredulo:
"Poveretto, questo si è nu poche rimbambite! La mazzata è stata forte, na femmena che risponne accussì non se l'aspettava e mò nun sape chelle che dice... Povero uomo!", così pensava don Alessandro, guardando l'altro uomo ormai di una certa età che invece ora aveva preso ad andare avanti e indietro per la sagrestia con energia e sorrideva da solo e parlava, parlava.
– Grande, sì, è stata grande! E mò il gioco si fa interessante! Mò ci divertiamo! Mò scendono in campo le truppe corazzate! Aimme vede' chi è più forte! Madonna, che spasso! E che fuoco! Che sguardo la mia Elisa! Io una donna così me la sposo! E certo che me la sposo!
Poi sembrò rinsavire e si rivolse a don Alessandro:
– Caro amico mio, mi fareste l'ultimo favore di accompagnarmi alla stazione? Devo tornare a Napoli e c'è un treno fra mezz'ora, a piedi potrei non farcela...
– Allora... Tutto a posto, don Salvatore? Sicuro tutto a posto? – chiese titubante il prete.
– Sì, sì, ancora grazie amico mio... da questo momento consideratemi un vero amico vostro... Ma avete un carrozzino pronto per...
– Non preoccupatevi don Salvatore... Fuori ci sta la carrozza di Cicce a meza botta, vicine al Gran Caffè... Quello vi porta alla stazione in un lampo!
– Ah, bene, bene! Allora me ne vache e vi saluto con grande affetto! Ci vediamo in questi giorni don Alessandro... – l'uomo era tutto sorridente e felice – È certo che ci vediamo!
Infilò poi la tenda che separava la sagrestia dalla chiesa e a sua volta andò via, lasciando solo don Alessandro che capuzziava ripensando a quanto era accaduto: poco ci aveva capito, tranne che a parer suo donna Elisa era na grande scostumata! Ce vuleva 'o curpine pe na femmena accussì!
Francesco Caso
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