top of page

Cannatella


E. Delacroix, "La Liberté guidant le peuple", 1830, olio su tela.

La prima donna a rompere il ruolo di fattrice, pur se di una grande economia domestica, è Cannatella. Ovviamente questo non è il suo nome di battesimo né, tantomeno, il cognome. È un soprannome, di quelli che venivano affibbiati ad ogni donna e uomo come un tatuaggio indelebile.

Nel 1861 Cannatella capeggiò la rivolta popolare in paese contro i liberali risorgimentali che avevano conquistato Capracotta all'ideale dell'Unità d'Italia. E guidò la sommossa e il corteo finale con un fiasco di vino (cannatèlla) in mano.

Lo strumento in legno utilizzato per bere dal fiasco era, per l'appunto, la cannèlla. Distanziando di qualche centimetro il fiasco dalla bocca aperta, si faceva scendere a cascata (i più bravi anche da oltre dieci centimetri) il vino direttamente in gola, piegando la testa all'indietro e senza alcuna interruzione. Ci voleva maestria a bere così e il vino regalava forse maggior gusto, ma credo che ormai nessuno sappia tracannare a quel modo.

Da bambino, quando mi capitava di assistere a una scena simile, simbolo di spavalderia, si formavano dei capannelli come quelli attorno ai mangiatori di fuoco: solo che, mentre questi tenevano in bocca petrolio e sputavano fuoco, quelli bevevano vino in modo "divino" tra lo stupore, le risate, i commenti e le grida di incitamento.

Cannatella divenne per pochi mesi la Marianne della rivolta capracottese, che scaturì dalle scelte politiche dei nuovi governanti, dall'imposizione di un Regno unitario, dalla retorica patriottica, mentre le politiche economiche aggravavano le condizioni delle masse meridionali e del popolo. Tuttavia gli scontri non furono cruenti. Nonostante ciò, tutto terminò con l'instaurazione del nuovo Stato italiano, anche se questo accentuò il fenomeno del brigantaggio.

Sulla vita di Cannatella urge effettuare una ricerca approfondita perché finora non sono riuscito a reperire altre informazioni. Il dato per me sostanziale è che la rivolta fu capeggiata da una donna che, al momento opportuno, non disdegnava un bicchiere di buon vino, bevanda di quasi esclusivo uso maschile: il significato di quel fiasco era forse che il popolo (le donne in particolare) non voleva solo il pane, ovvero la sopravvivenza, ma anche il vino, l'inebriante succo della vita.


Antonio D'Andrea

 

Fonte: A. D'Andrea, La pecora che miagola perde il boccone. L'immensa eredità di Lucia di Milione: strega, amazzone e sacerdotessa di Capracotta, Youcanprint, Lecce 2019.

Complimenti, ti sei iscritto a Letteratura Capracottese!

© 2015-2024 Letteratura Capracottese di Francesco Mendozzi

Via San Sebastiano, 6 - 86082 Capracotta (IS)

*** Contattami ***

bottom of page