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Cronaca nera capracottese 1900-1909



La cronaca nera è il resoconto degli avvenimenti che turbano la regolare convivenza civile ed è sempre esistita: ruberie, violenze, assassini sono i mezzi attraverso i quali gli uomini, sbagliando, risolvono un conflitto. Mi interessa in questa sede presentare alcuni casi di cronaca che hanno investito la cittadina di Capracotta nel primo decennio del XX secolo, con la speranza di continuare la ricerca sugli anni successivi, al fine di tracciare una mappa dei delitti, piccoli e grandi, che i nostri avi hanno compiuto o subìto, e per capire come procedesse la convivenza civile nella Capracotta di allora, quali le angosce, le contraddizioni, le convenzioni.

Ho diviso la ricerca in sette sezioni sulla base della percezione della gravità del misfatto: contravvenzioni, minacce, furti, lesioni, disgrazie e omicidi. Come fonte del mio lavoro ho scelto la rubrica "Echi molisani" del quindicinale agnonese "Eco del Sannio" - storico giornale agnonese pubblicato dal 1894 al 1938 - dove trovavano spazio tutte le notizie di cronaca dei paesi del circondario, compresa Capracotta. Ovviamente renderò anonimi i colpevoli dei reati più gravi e non menzionerò in alcun modo i suicidi, per garantire il diritto all'oblio.

 

Per quanto riguarda le contravvenzioni semplici abbiamo 13 denunce in seguito all'uso improprio di armi all'interno dell'abitato, ad oltraggio all'Arma dei Carabinieri, al vandalismo (recisione di «due piante di ciliegi ed un noce del complessivo valore di £ 20») e al mal governo di animali. La contravvenzione più folcloristica è quella comminata il 25 febbraio 1900 a Carmela Santilli, Angelarosa Sammarone, Vincenzo Di Nucci, Giovannina Comegna e Maria Giuseppa Ianiro «perché gettavano dalle finestre acqua, che non era certamente quella di Colonia»: l'anonimo corrispondente vuole intendere che i summenzionati scaricavano l'urina sulla pubblica via attraverso re buccìtte, un finestrino presente in molte case capracottesi.

 

Per quanto riguarda le minacce abbiamo 6 denunce, la prima delle quali relativa a un'ingiuria proferita all'interno del Circolo d'Unione dal medico Michele Cervone a danno dell'ing. Luigi Tirone, entrambi agnonesi. Il primo, risentitosi per un mandato in danaro presentatogli dal secondo, lo offese gridando: «Si vede proprio che sei un imbecille, un cretino!» e la querela finì in Pretura.

Le altre denunce per minacce furono invece «per quistioni di donne» e «per quistione di giuoco». Ve ne sono poi un paio piuttosto singolari: la prima riguarda Nicola Buccigrossi, che il 3 luglio 1905, «trovandosi a lavorare nella conduttura d'acqua in costruzione, detta Fonte Fredda, che si esegue per conto di quest'Amministrazione Comunale, smise il lavoro, obbligando, anche con le minacce, i compagni d'imitarlo, onde ottenere un aumento di mercede». Il Buccigrossi fu licenziato e denunciato.

Il secondo caso è datato 1° maggio 1907, allorché «Monaco Antonio, vantando il diritto di poter egli solo trarre materiale da una cava di pietre di proprietà del Municipio, cava che lasciava a disposizione di tutti, usò minacce contro il muratore Di Rienzo Carmine, obbligandolo a smettere da un lavoro di scavo incominciato, e impadronendosi poi, dopo altro breve lavoro, delle pietre che l'altro aveva già scavate».

 

Per quanto riguarda i furti vanno distinti quelli ingenti da quelli piccoli, quelli contro uffici pubblici da quelli in danno di privati cittadini o esercenti. Nel decennio 1900-09 furono infatti denunciati 12 furti: si tratta di veri e propri ladri quando «con chiave falsa, aprirono la porta del fondaco di Del Castello Maria, e penetrativi, asportarono tanto grano ivi esistente, pel valore di £ 150 circa», e quando «mediante leva, da ignoti fu forzata la porta di quest'Ufficio del Registro. I ladri involarono carta bollata e cambiali per un valore di circa £ 5.465 [circa € 24.000, n.d.a.]», ed anche quando un pregiudicato, «abusando della fiducia che in lui riponeva Antonelli Alfonso, [...] presso il quale prestava l'opera sua di garzone calzolaio, rubò allo stesso una cambiale firmata in bianco, che poscia, riempita per la somma di £ 100 cercò di mettere in commercio», ed infine quando ignoti, «mediante scasso della porta, entrarono nella masseria di Antonio Sozio, rubando una doppietta a dietrocarica e del lardo, pel complessivo valore di £ 80 circa».

Che dire invece dei piccoli furti di grano e di legna, della domestica che invola 40 lire dal portafoglio del futuro sindaco Amato Nicola Conti, dei mietitori che rubano dalla tasca del compagno di lavoro e di ignoti che sottraggono una «lampada ad acitilene» lasciata incustodita dall'accenditore comunale?

 

I reati si fanno più gravi quando si tratta di lesioni personali. In questa fattispecie, che è la più corposa, si annoverano 19 denunce. Tuttavia la cronaca raccontata dal corrispondente capracottese è sempre leggera, quasi divertita.

C'è, ad esempio, il caso di Anna Di Bucci che, «allo scopo di danneggiare la salute della zia, [...] che conviveva con lei, le mescolava nelle vivande una certa quantità di cenere»; vi è pure il caso di Vincenzo Serlenga che, «si quistionò col fratello [...] e comprendendo che con questi avrebbe avuto la peggio, sfogò la sua ira con la moglie di costui, bastonandola, in pubblica via». Ci sono poi i casi del pastore Vincenzo Zarlenga che, «per frivoli motivi, venuto a diverbio col fratello Giuseppe, con un bastone cagionava a costui lesioni alla testa ed all'occhio destro»; o quello di Michele Conti, che «ebbe un forte pugno all'orecchio sinistro da Carnevale Francesco, riportando una lesione guaribile in giorni 10»; od anche il caso di Paolo Monaco, che «venne alle mani con Alfonso Di Francesco, dal quale si buscò una coltellata al pollice della mano destra»; oppure quello di Antonio Di Luozzo che, dopo una scazzottata con Martino Di Rienzo, riportò lesioni «di bastone alla testa, e la caduta di un dente incisivo, con indebolimento permanente nella masticazione».

I casi più esecrabili sono quelli ai danni di donne, anziani e bambini, ancor più se familiari conviventi. Si va dal calzolaio che «con pugni e morsi produsse alla ventisettenne Carmela Vecchiarelli di Filippo, lesioni in diverse parti del corpo», a un pessimo uomo di nome Francesco, arrestato il 21 aprile 1900, perché «continuamente maltrattava e bastonava la moglie Filippina Vizzoca, e le figlie Marialoreta di anni 18, e Bambina di anni 7»; per non parlare della «sessantatreenne Giuditta Ciccorelli [che] fu brutalmente malmenata, con pugni e calci, dal suo poco amorevole nipote» Pietro.

Ci sono poi le denunce di aggressione e resistenza alle forze dell'ordine o le violenze sul posto di lavoro, come nel caso del «beccaio Cardarelli Antonio, irritato perché il pastore Di Biase Donato, d'anni 12, che lo aiutava nella propria stalla a scorticare una pecora allora uccisa, non la teneva ben ferma, lo colpiva al capo con coltello insidioso», motivo per cui il feritore si diede alla latitanza. Vi è pure un primordiale pirata della strada (reato di lesioni stradali colpose): il 6 dicembre 1904, infatti, «in pubblica via, Concetta Carugno [...], di anni 26, fu investita da un carretto guidato da Rodolfo Paglione [...], riportando lesioni, in diverse parti del corpo, guaribili in 25 giorni. Il Paglione dettesi alla fuga».

Ritornando per un attimo leggeri, menziono una denuncia, registrata il 19 gennaio 1906, che lascia il sorriso sulle labbra. I cognati Paolo Venditti e Felice Di Nucci dormivano nelle medesima abitazione quando sentirono degli stornelli molesti e offensivi provenire dalla strada. Usciti per invitare i disturbatori a smettere di far baccano, ebbero da questi una sonora lezione. Il suonatore di armonio era Giancarlo Monaco e il cantante Luigi Mosca, e quest'ultimo altri non era che l'ex fidanzato di Agata Di Nucci, moglie di Felice. Probabilmente il motivo della molestia e della successiva rissa stava tutto lì, e visto che Paolo si beccò una bastonata in testa e Felice una coltellata alla regione lombare, era forse meglio per loro restare a dormire!

 

Nel decennio che va dal 1900 al 1909 Capracotta ha conosciuto 10 tristi disgrazie. Alcune di queste le ho raccontate nell'articolo sui drammi delle neve: mi riferisco a Giovanni Ianiro e a Giovanni Dell'Armi, entrambi morti assiderati, come al caso dei due carabinieri inviati a Staffoli sotto la bufera e miracolosamente tratti in salvo da una squadra di capracottesi. Ho anche già pubblicato la notizia originale della morte di Geremia Carugno, ucciso da un fulmine, per cui ora è la volta di parlare degli altri eventi di cronaca nera che sconvolsero Capracotta agli albori del Novecento.

Il primo caso è datato 8 maggio 1900, allorquando Giovanna, allontanatasi da casa per sbrigare delle commissioni, lasciò la figlia Vincenza, di 8 anni, a giocare con le sue amiche per strada; «disgraziatamente, la piccola Vincenza rincasò prima che la mamma tornasse, ed essendosi avvicinata troppo al focolare, le vesti presero fuoco. Per le forti ustioni riportate, la misera piccina morì il dì seguente». Disgrazia simile è quella accaduta il 2 ottobre dello stesso anno, quando all'adolescente Grazia, di 12 anni, venne data in custodia dalla madre la sorella Antonina, di appena 2 anni; nel tentativo di affacciarsi alla finestra mentre teneva in braccio la piccola, Grazia «si lasciò sfuggire di mano la sorellina, la quale andò a battere il capo sull'acciottolato e all'altezza di circa 8 metri, ed in conseguenza della frattura delle osse craniche, dopo poche ore morì». Sono fatti agghiaccianti, raccontati con disarmante freddezza dal cronista, non perché questi fosse disumano ma perché, purtroppo, la morte improvvisa era la normalità.

Tre giorni dopo, il 5 ottobre 1900, il pastore ventunenne Antonio Potena aveva portato, come al solito, le capre al pascolo. A sera queste tornarono in paese senza il loro custode. La cittadinanza si allarmò e il mattino seguente fu ritrovato «sul colle S. Nicola il povero Potena, il quale forse, sia per essere sdrucciolato, sia perché dovette avere qualche deliquio, precipitò nel burrone». Il 28 luglio 1903, invece, a perdere la vita fu Filomena Sozio, di anni 63, che «nel salire una scala precipitò, rimanendo cadavere sul colpo». Anche il giovane Amedeo Paglione, quindicenne, perse la vita in seguito a una disgrazia, che probabilmente si sarebbe potuta evitare: mi riferisco a quando, il 24 ottobre 1907, egli abbeverava i cavalli nella propria scuderia e, «passando dietro un puledro, questo scaraventò un calcio al disgraziato giovinetto, colpendolo alla regione temporale sinistra. Il Paglione stramazzò al suolo e poco dopo cessò di vivere». Il corrispondente scrisse che «le Autorità, accorse sul luogo, potettero constatare la grave disgrazia accaduta ai coniugi Paglione divenuti quasi pazzi pel dolore».

L'ultimo caso è quello del contadino Vincenzo Stabile, che il 28 giugno 1907 «sportosi sul ciglio di un dirupo, per soddisfare ad un bisogno corporale, perdette l'equilibrio e cadde nella sottostante valle ad un'altezza di m. 20, rimanendo all'istante cadavere». Vista la sitauzione, se non fosse per l'esito mortale, ci sarebbe quasi da sorridere...

 

In quegli anni Capracotta fu anche teatro di due omicidi, il primo dei quali, avvenuto il 16 settembre 1902, ho già raccontato in un lungo articolo. Il secondo, invece, trattasi di infanticidio e fu perpetrato nel dicembre del 1907 da una ventenne nubile di nome Lucia. Un omicidio come questo nasceva per due cause di forza superiore: il patriarcato imperante e l'assenza di una legge sull'aborto. Lucia, infatti, era una contadinotta ventenne che teneva «illecite relazioni» con Giuseppe, uno schifoso di Roccavivara, che aveva 37 anni. Semplicemente, «il seduttore, dopo sette mesi, e proprio quando s'accorse che l'amante trovavasi in istato interessante, emigrò nelle Americhe, e non diede più notizia di sé. Dopo il corso regolare della gravidanza, la notte dal 21 al 22 dicembre 1907, [Lucia] dava alla luce una bambina. Forse per consiglio, o per salvare il proprio onore, [...] ebbe la cattiva idea di seppellire la neonata».

In paese qualcuno sapeva che Lucia era incinta e la gente mormorò quando vide che non lo era più e che nessun neonato era venuto alla luce. Dopo 9 giorni, infatti, i carabinieri si presentarono nella sua abitazione in campagna, «facendo una minuta perquisizione in casa di lei e sottoponendola a minuzioso interrogatorio», da cui emerse che Lucia aveva abortito. Il brigadiere, non convinto di queste parole, mise sotto torchio anche la madre, finché Lucia confessò che la bimba era nata morta «e che per salvare il proprio onore, si era decisa a buttarla nel piccolo ruscello che passa presso l'abitazione».

Visto che la ricerca del cadaverino non portò a nulla, la donna fu nuovamente interrogata e finalmente la verità venne a galla: «la bambina era sepolta sotto un mucchio di pietre, con la complicità della madre. Infatti la bambina fu trovata, scavando, e le due donne furono arrestate». Se l'onore delle donne non fosse stato messo in discussione, Lucia non avrebbe ucciso quella bimba. Se Giuseppe si fosse assunto le sue responsabilità di padre, Lucia non avrebbe soppresso la neonata. Se fosse esistito un modo legale per abortire, Lucia non avrebbe ammazzato sua figlia.

114 anni dopo tutti questi "se" a cosa servono?


Francesco Mendozzi


 

Bibliografia di riferimento:

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», VII:4, Agnone, 25 febbraio 1900;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», VII:5, Agnone, 10 marzo 1900;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», VII:7, Agnone, 10 aprile 1900;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», VII:8, Agnone, 25 aprile 1900;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», VII:9, Agnone, 10 maggio 1900;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», VII:10, Agnone, 25 maggio 1900;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», VII:16, Agnone, 25 agosto 1900;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», VII:19, Agnone, 10 ottobre 1900;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», VIII:5, Agnone, 10 marzo 1901;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», VIII:16, Agnone, 25 agosto 1901;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», VIII:23, Agnone, 10 dicembre 1901;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», IX:17, Agnone, 25 settembre 1902;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», X:3-4, Agnone, 26 febbraio 1903;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», X:13, Agnone, 10 luglio 1903;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», X:15, Agnone, 11 agosto 1903;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XI:5, Agnone, 12 marzo 1904;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XI:6, Agnone, 26 marzo 1904;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XI:10, Agnone, 27 maggio 1904;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XI:12, Agnone, 28 giugno 1904;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XI:15, Agnone, 13 agosto 1904;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XI:20, Agnone, 28 ottobre 1904;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XI:24, Agnone, 24 dicembre 1904;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XII:12, Agnone, 28 giugno 1905;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XII:14, Agnone, 28 luglio 1905;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XII:15, Agnone, 12 agosto 1905;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XII:18, Agnone, 27 settembre 1905;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XII:19, Agnone, 12 ottobre 1905;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XII:22, Agnone, 10 dicembre 1905;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIII:2, Agnone, 27 gennaio 1906;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIII:4, Agnone, 28 febbraio 1906;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIII:5, Agnone, 13 marzo 1906;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIII:22, Agnone, 29 novembre 1906;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIII:24, Agnone, 31 dicembre 1906;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIV:4, Agnone, 12 marzo 1907;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIV:6, Agnone, 14 aprile 1907;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIV:8, Agnone, 15 maggio 1907;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIV:10, Agnone, 13 giugno 1907;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIV:11, Agnone, 28 giugno 1907;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIV:12, Agnone, 14 luglio 1907;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIV:17, Agnone, 16 ottobre 1907;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIV:18, Agnone, 31 ottobre 1907;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XIV:22, Agnone, 15 dicembre 1907;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XV:3, Agnone, 15 febbraio 1908;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XVI:11, Agnone, 28 giugno 1909;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XVI:13, Agnone, 7 agosto 1909;

  • Echi molisani, in «Eco del Sannio», XVI:18-19, Agnone, 8 novembre 1909;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016.

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