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Don Filippo Falconi contro la «sbirraglia borbonica»


L'ingresso di Giuseppe Garibaldi a Napoli.

Se il medico Fortunato Conti (1822-1865) fu il più illustre tra i patrioti capracottesi, tra coloro che realmente lottarono per l'Unità d'Italia, vi furono tuttavia altri personaggi che, con ruoli minori nella storia risorgimentale del nostro paese, rappresentano ancor oggi un esempio di ideali. Uno di questi è certamente l'arciprete prof. Filippo Falconi (1827-1917).

In lui, scriveva Oreste Conti, «dottrina ed ingegno sono pari alla nobiltà dell'animo e alla santità della vita, predicò in chiesa e in piazza a quei giorni luttuosi contro l'esoso governo borbonico». Il magistrato Vincenzo Falconi aggiungeva che era «uomo nel quale non sai se più debba pregiarsi la potenza dialettica eccezionale della mente, tanto culta, o la santità del costume, e con queste la pietà e l'amore della patria, sposato a quello della più pura evangelica religione».

Nel 1857 il trentenne Filippo Falconi era difatti stato incarcerato a Napoli per motivi politici e, a tal proposito, vi racconto un simpatico aneddoto.

Proprio in quell'anno Filippo era uscito dal seminario di Montecassino, dov'era stato discepolo dell'abate Luigi Tosti, celebre monaco benedettino ed esponente del neoguelfismo. Trasferitosi a Napoli, il Falconi fu vittima di una perquisizione da parte della «sbirraglia borbonica», la quale, «scorrazzante famelica», andava a caccia di libri antigovernativi. Nella concitazione del momento don Filippo si ritrovò fra le mani un libercolo, "Il salterio del pellegrino", pubblicato proprio da padre Tosti nel 1845, in cui era contenuto un "Canto del soldato", «preconizzante fatidico ai tempi della imminente riscossa». Il Falconi, credendo di possedere materiale "scottante", prese le pagine più compromettenti di quell'opera e, una volta appallottolate, ne fece un sol boccone, lasciando atterrita la polizia borbonica che, ciononostante, procedette al suo arresto.

Padre Luigi Tosti (1811-1897).

Pochi anni dopo, durante la Reazione d'Isernia del 1860, don Filippo fu imprigionato anche nel suo paese natio, Capracotta, rinchiuso nelle carceri della Chiesa Madre assieme ad «un nutrito gruppo di liberali». Si pensi che il Comitato liberale capracottese - fra cui vi erano i massoni del cosiddetto "Verrino trionfante" - si riuniva proprio in casa di don Filippo, presidente di quel gruppo politico semiclandestino.

Quando il Regno borbonico fu definitivamente spazzato via dalla storia contemporanea, Filippo Falconi riprese con rinnovato spirito la sua vita di sempre, fatta di impegno civile e religioso: nel 1876 fu il massimo propugnatore per la fondazione dell'asilo d'infanzia, che elevò in ente morale e di cui divenne primo direttore, e nel 1879, in qualità di ispettore scolastico, divenne presidente della commissione di vigilanza scolastica.

Nel 1889 don Filippo fu nominato arciprete della Chiesa collegiata di Capracotta e lo rimase fino alla morte, che lo colse nel 1917.


Francesco Mendozzi

 

Bibliografia di riferimento:

  • A. Battista, L'insurrezione borbonica nell'Alto Molise, in «Voria», V:1, Capracotta, dicembre 2011.

  • O. Conti, I moti del 1860 a Capracotta, Pierro, Napoli 1911;

  • Cronaca, in «La Libertà», III:86, Campobasso, 1 novembre 1879;

  • V. Falconi, Incredibilia sed vera, ossia I delitti di un farresiasta e i fasti della crisomoscolatria, Mozzon, Firenze 1899;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;

  • F. P. Tanzj, La storia che ci unisce: storia dell'Alto Molise, San Giorgio, Agnone 2015.

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