Quando nei primi anni '80 del secolo scorso si decise di sottoporre a restauro la statua della Madonna di Loreto - il che significava trasferire altrove l'opera lignea - le donne di Capracotta, con mia nonna in testa, si opposero fortemente al parroco di allora ed ottennero che qualsiasi ritocco venisse fatto in situ. Questo timore apparentemente ingenuo dimostrava due cose: da un lato l'attaccamento viscerale dei capracottesi nei confronti della loro Madonna, dall'altro un malcelato atteggiamento di circospezione tipico dei montanari. Va detto che nei decenni molte opere e documenti custoditi nelle nostre chiese hanno lasciato Capracotta per restauro o per inventario e non sono più tornati a casa, quindi, a ben vedere, le donne capracottesi furono allora piuttosto lungimiranti.
Quella che vedete in foto è la nostra Madonna di Loreto spogliata della Sua raffinatissima veste azzurra. Come tutte le donne eccezionalmente eleganti - belle senza il trucco e l'abito da sera - anche Lei dimostra il Suo indiscutibile fascino in versione "acqua e sapone".
Ciò che primieramente colpisce è scoprire che il manufatto non è «costituito da un tronco d'albero appena sbozzato», come la tradizione orale tramanda da secoli. Il legno, probabilmente di pero, è lavorato dal basamento fino alla sommità ed è iconograficamente vicino a tante altre Madonne presenti sul territorio molisano e abruzzese, tutte databili tra il XII e il XV secolo, un periodo di molto anteriore al 1634, che è la data incisa sul piedistallo.
Nel vedere la statua spogliata e seduta della Madonna di Loreto sorgono tanti altri dubbi, uno dei quali riguarda l'onomastica. Potrebbe darsi che la nostra, al pari di tante altre del Sud Italia, sia nata sotto il titolo de lu rito, e che una corruzione lessicale abbia poi mutato la Madonna del Rito in quella di Loreto, una storpiatura che, qualora fosse avvenuta, è antecedente al 1671, visto che in quell'anno il tavolario confermava che la chiesetta all'ingresso del paese stava già «sotto il detto titulo di Loreto».
Il rito a cui si farebbe riferimento sarebbe quello orientale di Costantinopoli, il cosiddetto rito greco, portato in Molise nel XV secolo dagli albanesi (oggi arbëreshë), una devozione bassomedievale storicamente dimostrata dal fatto che nell'antica Chiesa Madre di Capracotta c'era una «Cappella di S. Maria di Costantinopoli della Famiglia Carnevale».
La possibilità che la Madonna che veneriamo ogni tre anni non sia quella di Loreto bensì quella del Rito bizantino è improbabile ma non impossibile: certamente su questo punto sono costretto a passare il testimone a studiosi più preparati di me. Io ho soltanto scoperchiato il vaso di Pandora...
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
M. Gioielli, La cultura musicale e le tradizioni orali dei pastori transumanti, in E. Petrocelli, La civiltà della transumanza. Storia, cultura e valorizzazione dei tratturi e del mondo pastorale in Abruzzo, Molise, Puglia, Campania e Basilicata, Iannone, Isernia 1998;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;
E. Novi Chavarria e V. Cocozza, Comunità e territorio. Per una storia del Molise moderno attraverso gli apprezzi feudali (1593-1744), Palladino, Campobasso 2015.
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