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I funebri di Francesco Mascia



Riuscirono solenni ed imponentissimi. Tutta Sansevero, senza distinzione di classi e di partito, volle rendere un estremo tributo di compianto al giovane buono e modesto, dall'animo mite e gentile, aperto così volentieri alla voce del bisogno dei miseri, al soccorso pei numerosi operai e contadini, che da lui ricevevano pane e lavoro. È stato un vero pellegrinaggio di simpatia e di affetto, e di tenerezza e di compianto infinito per la nobile donna Teresa Mascia-Masselli - mater dolorosa, nel vero significato storico e pietoso della ineffabile parola.

Parlarono sulla bara gli studenti signori Malice, Leone, Salcito e l'amico Francesco Mollica.

Ed a proposito della morte del nostro distinto amico sig. Francesco Mascia e delle cause che la determinarono, dobbiamo rettificare che l'egregio ed infelice giovane fu prima colpito da auto-intossicazione intestinale, la quale ebbe un'azione riflessa sul cuore, sicché la morte fu conseguenza d'una paralisi cardiaca, auto-intossicazione confermata dall'analisi chimica e microscopica dell'urina, eseguita a Napoli.

La malaria venne anche ammessa come malattia sopravvenuta tanto vero che essa fu opportunamente ed efficacemente combattuta in tempo dall'egregio dott. Mangione, il quale, pur non essendo stato chiamato come medico curante dall'infermo (tanta era l'ansia in lui di recarsi la dimane a ritemprare la sua fibra nelle salubri e montanine aure di Capracotta), ma accorgendosi, in una visita familiare, che era affetto da febbre, consigliò e somministrò subito una prima dose di chinino per bocca, e poscia iniettò pel mezzo ipodermico altre generosissime dosi di chinina, ricordando all'infermo la imperiosa necessità di detto farmaco, dacché egli, frequentando un sito eminentemente malarico, doveva stare sempre in guardia contro una possibile insidia di infezione palustre.

Il metodo di cura adottato dal bravo dottor Mangione trovò piena approvazione dai distinti dottori Gervasio e Morrone, i quali confermarono la diagnosi del nostro amico pur approvando la cura preventiva di chinino adoperata dall'egregio dott. Mangione.

Era fatalità che l'ottimo giovane doveva soccombere, tanto vero che fin dal Maggio scorso, senza che alcun dottore fosse edotto del fatto, si ebbero a deplorare fenomeni di lipotimia con minaccia di paralisi cardiaca (dovuti al cuore oltremodo adiposo) mettendo lo sgomento e destando seriissime apprensioni, pel momento, in coloro che si trovavano presenti.

Ci piace, intanto, pubblicare la seguente lettera che l'on. Antonio Masselli, zio dell'estinto, ed a nome della desolata famiglia dirigeva al dottor Mangione:

Carissimo Felice, trascorso il primo momento di abbattimento e di sconforto per la tremenda sventura, che ci ha colpito, sento il dovere di ringraziarti delle pronte, complete, intelligenti e più che fraterne cure da te e dai colleghi Gervasio e Morrone prodigate al mio diletto, per quanto disgraziato nipote, Ciccillo. Io, come medico, non avrei saputo fare di più e meglio di quel che avete fatto per non fargli perdere la vita. Era così destinato, che la cara esistenza dovesse finir tanto presto!...

Giuseppe Polverino

 

Fonte: G. Polverino, Su e giù per la città, in «Il Vaglio», II:32, San Severo, 3 settembre 1905.

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