La Basilica di San Sabino a Canosa, consacrata nel 1101, ha vissuto alterne vicende legate alla cattedra del suo vescovo. L'indipendenza dell'arcipretura di Canosa da quella di Bari fu infatti confermata da Pio IV e poi da Clemente VIII con un breve del 2 giugno 1602. In seguito al concordato tra la Santa Sede e il Regno di Napoli del 1818, la diocesi di Canosa fu invece soppressa e il suo territorio annesso a quella di Andria. Si pensi che soltanto nel 2002 Canosa ha riottenuto la sede vescovile titolare.
Tornando al XVI-XVII secolo, e precisamente a cavallo tra il documento pontificio menzionato poc'anzi, il Capitolo canosino si ritrovò a gestire una delicata faccenda con Marco Antonio Renna, un personaggio del luogo che vantava il patronato sull'altare della Madonna di Costantinopoli, interna alla chiesa stessa. Il cosiddetto giuspatronato era un privilegio ecclesiastico altomedievale che riguardava la relazione tra un beneficio (in questo caso un altare) e colui che ne aveva costituito la dote patrimoniale. Attraverso questo istituto giuridico coloro che dotavano un altare, una cappella o un'intera chiesa, disponevano infatti anche del beneficiato.
Il Renna era stato richiamato dal Capitolo di Canosa a «provvedere alla quasi totalità degli arredi mancanti o indecenti». Sapendo di essere nel torto, egli dispose che alla sua morte venisse ceduta al Capitolo di San Sabino la sua apotheca in località Pagliarone, ovvero «un magazzino situato nella piazza di questa città», in cambio di una messa a settimana in suffragio della sua anima.
Risolta in tal modo la questione con Marco Antonio Renna, il Capitolo si attivò per rendere presto redditizio quel magazzino, tant'è che «illam alienavit Ioanni Baptiste de Ianno de Capracotta tractu temporis absque assensu Apostolico, ut apparet ex visitatione facta ab illustrissimo Domino Felice Siliceo Preposito Canusino felicis Recordationis in anno 1611, et ad presens de novo possidetur per Reverendum Capitulum que non solum non locatur sed de proprio solvit Carolenos decem singulis annis Beneficiato Sancte Caterine pro Censu supra dictam apothecam functo».
A quanto pare, prima del 1611, il capracottese Giovan Battista Di Ianni - certamente un benestante che non si occupava di armenti, in quanto non iscritto alla Dogana di Foggia - affittò dal Capitolo di San Sabino il magazzino per stoccarvi forse il grano, dietro la corresponsione di un canone annuo di 10 caroli. E la visita del preposito canosino Felice Siliceo (1568-1626) conferma l'esistenza di quel contratto di locazione. Il medesimo contratto che legava il Di Ianni al Capitolo di San Sabino rimase in vigore finché, durante la successiva visita del prevosto Giovanni Giacomo Siliceo (1624-1677), il Capitolo determinò di «rinunziare al magazzino: [ma] si decide di parlarne al di fuori della visita» ufficiale dell'altro Siliceo.
Questa semplice storia mercantile che ebbe luogo a Canosa nel primo '600 vuol soltanto riaffermare la storica intraprendenza imprenditoriale e commerciale dei capracottesi in terra di Puglia e, semmai, aggiungere al novero dei 36 maggiori "locati" del XVII secolo anche coloro che operavano in settori diversi dall'industria armentizia, come il suddetto Giovan Battista Di Ianni.
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
C. Drago, «Atti della Santa Visita fatta del Reposto Giovanni Giacomo Siliceo, dove vi è la Visita locale e reale di tutte le cose esistenti in questa Chiesa», in L. Bertoldi Lenoci, San Sabino. Uomo di diaologo e di pace tra Oriente ed Occidente, Atti del convegno, Canosa, 26-28 ottobre 2001;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, Youcanprint, Tricase 2016;
M. Pierno, Artisti nella Puglia centro-settentrionale tra XI e XIII secolo. Produzione artistica tra stile, identità e autocoscienza, in «Venezia Arti», 26, Ca' Foscari, Venezia, dicembre 2017.
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