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L'infanzia capracottese di ieri e di oggi


Panorama di Capracotta (foto: A. Mendozzi).

Meno di sessant'anni fa Capracotta fu, come tanti altri paesi, mirino di eventi bellici durante la Seconda guerra mondiale. A questo proposito vi vorrei raccontare del mio bisnonno Umberto Di Rienzo (detto Passarèlla) che, nel momento in cui i tedeschi irruppero nella sua casa al Cutturiéglie con l'intento di farla crollare con la dinamite al grido di "Kaputt", stava dormendo nascosto con altri uomini nella stalla ed essendo un po' duro di orecchie, non sentì niente, neanche il crollo dell'edificio dove si era coricato.

Quando dell'edificio ne rimasero solo le macerie, tutti iniziarono a chiedersi dove fosse finito Umberto, ma nessuno trovava la risposta. Quando hanno iniziato a prendere in considerazione l'ipotesi che fosse rimasto sotto il crollo, la moglie Lucia ed i figli iniziarono a piangere disperati, mentre gli uomini iniziarono a togliere le macerie.

Intanto lui, che si era svegliato dal pisolino, si iniziò a chiedere dove fossero finiti tutti e cosa fosse successo. Quando gli uomini finirono di scavare, lo trovarono perplesso, ma sanissimo... non come la moglie, che immaginate che faccia avesse!

Come ha fatto a salvarsi? Beh, durante il bombardamento tutto il palazzo crollò, eccetto l'arco sotto il quale si appisolò! Se poi a salvarlo fosse stato un angelo, o il merito della solida struttura, non si sa, ma non dilunghiamoci troppo, altrimenti rischiamo di finire fuori tema.

Quindi durante la Seconda guerra mondiale, ad essere distrutti non furono solo i campi, ma anche le vite di uomini, donne e bambini. Ed è di quest'ultimi che vi vorrei parlare, di loro e del cambiamento di vita che hanno avuto da allora fino ad oggi.

La strada che facciamo per venire a Capracotta, ad esempio, che percorriamo seduti comodamente sulle nostre automobili, prima, chi poteva la faceva con il somarello, ma il più dei bambini la percorreva a piedi, dopo ore di sudore nei campi. La maggior parte delle ragazze non andava a lavorare nei campi, ma restava a casa a sbrigare le faccende domestiche. I maschi, invece, da poco più di sei anni, iniziavano a svolgere lavori da uomini (come lavorare nei campi, nei boschi o col bestiame) e, per farlo, dovevano svegliarsi anche prima delle cinque.

Mio nonno, Berardino Di Rienzo, è il secondo di tre figli e, visto che la primogenita era una femmina e che il fratellino era troppo piccolo per lavorare, a lui venivano assegnati gli incarichi più pesanti.

Vi assicuro che non dimenticherò mai di quando mio nonno mi ha raccontato che lui e mia zia, a sette anni appena, dovevano andare a prendere la legna in pieno inverno, con la neve alta alcuni metri. Quando io ne avevo sette, pensavo solo a giocare ed a divertirmi vicino ad un caminetto già riscaldato da altre persone.

Delle volte ripenso ad un racconto di mio nonno, di quando un dì, al termine di una giornata lavorativa, venne in paese un mangiafuoco. Prima di raccontarvelo però, desidero non chiamare più mio nonno come tale, ma nominarlo usando solo Berardino o il bambino Berardino. Se chiudo gli occhi mi viene facile immaginare il bambino Berardino, che allora non aveva mai visto un mangiafuoco, e che nell'ammirarlo fare i suoi spettacoli, ritardò di molto il suo rientro a casa. Lì però, sfortunatamente per lui, ad aspettarlo c'era il padre, pronto a dargli tante di quelle botte, da non fargli pensare neanche minimamente di rifare una cosa simile.

Ciò, infatti, non si ripeté mai più.

Quando riapro gli occhi, però, invece di trovare dei piccoli ometti rispettosi e responsabili, vedo solo ragazzi immaturi che escono tutto il giorno con gli amici per il Corso o si fermano in Villa per giocare, chiacchierare o per riposarsi, anche se non hanno fatto alcuno sforzo fisico. Il rispetto ed il modo di proporsi ad un adulto poi, è cambiato notevolmente: mentre prima non potevi fiatare neanche a tavola, ed aiutare era d'obbligo, adesso a tavola non si sente altra voce se non quella della gioventù, ed aiutare è diventato un favore che si concede una volta ogni tanto, di mala voglia.

Che fine hanno fatto i valori di una volta? Se continuiamo così dove finiremo?

Capracotta è un piccolo pezzo di storia, che racchiude sogni e speranze di generazioni passate, presenti e future.


Telene Di Rienzo

 

Fonte: T. Di Rienzo, L'infanzia capracottese di ieri e di oggi, in AA.VV., I racconti di Capracotta, vol. I, Cicchetti, Isernia 2011.

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