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Di padre in figlio (II)



La mattina Amedeo sedeva al tavolo della cucina e sua madre, insieme a pane e formaggio, gli metteva davanti il latte fresco che gli aveva portato suo padre. Gli piaceva questa colazione, ma spesso non era soddisfatto della semplicità di questo piatto.

Dopo colazione raccoglieva i libri di scuola, pronto per partire nel suo cappotto caldo e con le scarpe nuove che il padre gli aveva comprato all'inizio dell'anno scolastico. Prima di uscire, appendeva i libri alla spalla con una cinghia e la mamma gli metteva in mano le due uova che aveva appena bollito. Le teneva una per mano, per tener calde le dita fino a scuola. Lì, seduto al banco, faceva un buco ad ogni uovo e li succhiava a caldo dal guscio come ultima portata della colazione.

L'insegnante sarebbe entrato e la giornata avrebbe avuto inizio. Come gli piaceva imparare! Tutto e niente! Che gioia, che rapimento! Che belli i sonetti di Shakespeare! Il "Peter Camenzind" di Hesse gli provocò le lacrime, le fece scorrere veloci e copiose, tanto che dovette coprirsi il viso con le mani per paura che gli altri ragazzi lo vedessero e ridessero di lui. L'insegnante era soddisfatto dell'effetto che la letteratura aveva su di lui. Qualcosa ne verrà fuori da lui - disse al parroco - dobbiamo tenerlo d'occhio.

Gli anni passavano, Amedeo studiava e imparava, ma gli sembrava che tutti i successi scolastici fossero conseguenza degli incitamenti del padre piuttosto che esserne la causa. Nei confronti di suo padre Amedeo non si sentiva come un figlio. Certe sere guardava il padre seduto davanti al caminetto, un lato del viso arancione, i capelli scuri sempre più macchiati di bianco. Le sue membra si stavano assottigliando ed era piegato. Notte dopo notte, il papà invecchiava davanti al fuoco e, col passare degli anni, ad Amedeo sembrava che l'ignoranza di suo padre aumentasse.

Eppure Amedeo sapeva quanto il padre avesse fatto per lui. Sarebbe morto per il figlio e questo lo faceva arrabbiare. Odiava ancora suo padre tanto quanto quella sera di molti anni prima. Non con la stessa passione: il fuoco ardente si era calmato, ma il calore era ancora lì. Inoltre non sopportava che suo padre dovesse invecchiare a causa sua, rendendolo un martire dell'amore paterno. Così decise di rifiutare quell'amore. Non poteva esser prigioniero dei sogni del padre!

Amedeo aveva diciotto anni quando ricevette la lettera dal vescovo della sua diocesi. Il messaggio lo informava che la sua carriera era stata a lungo oggetto di interesse per certe persone di certuni luoghi. A quanto pare era meritevole di una borsa di studio per continuare i suoi studi a Roma. Era meglio dichiararsi subito o accettare il premio? Il giovane, felice, rifletté per un po' sul suo successo prima di rispondere. Era molto onorato - scrisse - di essere così altamente stimato da coloro che erano tanto superiori a lui. Naturalmente sarebbe stato disponibile e grato ad accettare il premio. Sarebbero stati così gentili da fargli sapere quando era previsto? Era pronto a partire per la Capitale in ogni momento.

Non disse nulla ai suoi genitori. Avrebbe voluto dirlo a sua madre, ma sarebbe corsa subito dal marito, e Amedeo voleva che suo padre fosse l'ultimo a saperlo. Voleva negare a suo padre il piacere di vantarsi con tutti di suo figlio, plasmato, così pensava, dal suo metodo illuminato. Soprattutto voleva che suo padre provasse la stessa umiliazione che aveva provato lui quel giorno in piazza!

Il rettore della scuola fu il primo con cui Amedeo si confidò. Ai suoi occhi padre Cattini era il responsabile della sua educazione, l'uomo che Amedeo desiderava fosse suo padre, l'uomo che voleva compiacere. Il minuscolo sacerdote era felicissimo che il suo allievo preferito potesse accedere all'università. Lì, ne era sicuro, Amedeo avrebbe primeggiato e portato notorietà sia a se stesso che a Capracotta. Gli brillavano gli occhi mentre applaudiva fragorosamente il giovane, aprendo una bottiglia di vino rosso pescarese, che molti in Italia dicono essere il migliore del mondo, aggiungendo che quel vino era destinato ai suoi migliori amici per le occasioni più speciali. Quelle lacrime contro cui Amedeo aveva lottato così tanto minacciavano di diventare nuovamente fastidiose. Silenziosamente, ripeté quelle preziose parole: solo per le occasioni più speciali! Solo ai suoi migliori amici! Che onore, che gioia provava a sentire padre Cattini che proferiva simili parole in sua lode.

Amedeo scrutò ogni angolo della stanza. I mobili erano grandi e scuri, caldi e confortevoli. Le pareti erano ricoperte, scaffale dopo scaffale, di volumi colorati d'ogni genere in pelle di vitello. Tra i tanti libri vi erano minuscoli quadri incorniciati, sculture e ricordi d'ogni tipo. Quant'era più attraente delle nude e fredde pareti in pietra di casa sua! Come sarebbe stato felice se questa fosse stata la sua casa!

Padre Cattini versò il vino pescarese in calici di finissimo cristallo di Vienna. La mano di Amedeo tremò nell'accettare il bicchiere. Il prete fece sedere Amedeo sulla sua sedia vittoriana, estraendone una di legno per sé. Accovacciato in avanti, posando le mani sulle ginocchia del giovane, voleva parlargli di qualcosa di molto serio. La sua voce assunse un tono più basso e più grave. I suoi occhi fissarono quelli di Amedeo mentre iniziava a parlare. Padre Cattini parlò di una guerra ancora fresca e tormentosa negli animi di molti, di una insoddisfazione dilagante nella Nazione, di gente depressa e affamata. C'era stato chi aveva colto l'occasione che si era presentata quando il confine tra caos e stabilità si era fatto più labile. Erano uomini pericolosi. Per Amedeo sarebbe stato saggio evitarli, doveva essere un nemico della loro empia chiamata, del loro canto di odio!

Amedeo rimase a bocca aperta. Come appariva diverso padre Cattini solo pochi istanti prima. Amedeo promise al prete che sarebbe stato attento. Non doveva preoccuparsi di lui.

Padre Cattini gli sorrise, ma continuò cupo a parlare. Amedeo deve mantenere la calma, non deve dimenticare chi è e quali sono le sue origini, per non perdere di vista ciò che è vero e giusto; se ciò dovesse accadere, vuol dire che l'istruzione non è servita a nulla, è solo una decorazione su una torta posticcia.

Amedeo rimase in silenzio. Capì l'importanza del sermone ma non sapeva cosa farsene. Il prete bevve del vino, poi continuò. Non c'era nient'altro che un povero prete di campagna potesse fare per un giovane tanto promettente se non augurargli buona fortuna e assicurargli il suo aiuto e la sua amicizia in ogni momento. Inoltre gli offrì l'uso della sua biblioteca; i bei volumi rilegati in pelle erano di Amedeo oltre che suoi. Poteva usarli ogni volta che voleva.

Nella sua mente Amedeo sentì il contrasto tra questo prete calmo ed intelligente e suo padre, goffo, ignorante e rozzo.

Padre Cattini chiese se lui e i genitori sarebbero andati a cena con lui quella sera, o la prossima, e il cuore di Amedeo sprofondò. Suo padre? Portare il suo rozzo padre a cena con un uomo come padre Cattini? Non poteva e non voleva!

Per il padre di Amedeo l'invito sarebbe stato un'occasione memorabile, invitando un povero contadino a cenare con forse l'unico uomo veramente colto di Capracotta. Una cosa da raccontare ad amici e parenti. Che gran cosa! Quanto sarebbe stato felice se Amedeo fosse tornato a casa quella sera per dirgli del desiderio del prete di cenare con loro, e invece Amedeo disse subito al prete che il padre sicuramente non avrebbe accettato l'invito. Suo padre si sarebbe sentito a disagio fuori casa. Inoltre, era passato un po' di tempo dall'ultima volta che aveva partecipato alla messa, quindi sarebbe stato imbarazzante incontrare il prete. Padre Cattini si disse dispiaciuto di tale situazione e aggiunse che la sera seguente voleva comunque vedere Amedeo. Questo invito il ragazzo lo accettò di buon grado.

Quella sera Amedeo tornò a casa e trovò suo padre che cenava con molto appetito. Quando vide il figlio, lo spinse su una sedia vicina, gli versò un bicchiere di vino e lo fece bere. Questo ti manterrà sano - disse. Amedeo stava diventando troppo magro e, se si fosse improvvisamente ammalato, tutto il suo studio sarebbe stato stato inutile.

Amedeo non disse nulla della borsa di studio.


John Monaco

(trad. di Francesco Mendozzi)




 

Fonte: J. Monaco, From Father to Son, in «The Angle», XXI:1, St. John Fisher College, Rochester 1976.

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