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Un santo Sacerdote


Don Orlando Di Tella (1934-2014).

Dopo essere venuto la prima domenica di agosto alla festa della Pezzata, sono tornato di nuovo a Capracotta, come ogni anno, per portare dei fiori sulla tomba del santo sacerdote don Orlando Di Tella.

Nella artistica collegiata del paese, dedicata a Maria Assunta in cielo, c'erano ad aspettarmi la sorella di don Orlando, di 92 anni, il fratello, e tre loro nipoti, insieme al reverendo don Elio Venditti, parroco della chiesa.

Il 26 agosto del 2014, nell'ospedale di Isernia, don Orlando Di Tella, contento della mia compagnia, sul punto di tentare l'ultima operazione chirurgica per l'inguaribile suo tumore, mi disse:

– Sarò il tuo angelo custode.

Morì prima dell'intervento.

Della sua persona, però, sento di essere testimone di quanto ho da far conoscere. Anno 2009, ai 50 anni del suo sacerdozio, tantissime persone vennero da ogni parte del Molise per manifestargli il loro affetto e la loro riconoscenza per il bene ricevuto. Era stato sempre vicino ai loro problemi e penso che questa sia stata la vera prova per essere ritenuto soprattutto dedito al bene, tanto che poi fu gratificato anche dalla Curia che lo nominò monsignore. Ma il riscontro più immediato è stato quello di aver convinto gli amici più intimi su cosa è la condivisione, e quindi d'aver saputo loro inculcare il pensiero d'essere d'aiuto al prossimo, spiegando così quella prontezza che lo pervadeva, sin dall'intimo, che è proprio solo delle persone che vengono scelte quali servi di Dio, non appena ce n'è bisogno.

Accompagnava così l'arcivescovo di Campobasso ogni giovedì a Montagano, presso la Chiesa di Faifoli che aveva bisogno di essere sistemata. Era l'unico che rispondeva sempre alle domande che venivano poste da TeleMolise in ordine alla Bibbia.

Solo per notizia sulla sua persona, ebbe tre funerali nello stesso giorno. Quello di Pietracupa, quello di Trivento, ed infine, quello di Capracotta, dove c'erano, oltre tutti i capracottesi, 50 sacerdoti e due vescovi.

Don Orlando, in attesa della ricostruzione della Chiesa di San Gregorio, decise di adibire la grotta sottostante la superiore chiesa rupestre, a funzioni religiose, fino al punto ad essere chiamata la chiesa vecchia, anche quando fu usata in tanti altri modi, quali luogo per le adunanze dei capofamiglia, magazzino, abitazione, stalla, deposito, ricoveri di fortuna.

Ma per una felice intuizione e sua proposta, nel 1977, questa antica grotta, che in passato, tra XI e XIV secolo, era stata adibita come posto di guardia del castello del Barone del paese e relativo tribunale, con l'aiuto volontario dei pietracupesi, fu recuperata come vera chiesa. Una macina d'un vecchio molino divenne l'altare, e su di esso un antico crocifisso del '500, senza braccia, trovato tra i rifiuti, volutamente non restaurato, (le mie braccia siete voi), e le panche in cerchio che rimandavano ad una più intensa partecipazione per essere stata anche luogo di preghiera e meditazione di monaci, forse anche i celestiniani. Oggi vi è conservato un bambino Gesù proveniente da Betlemme ed una bellissima Madonna, proveniente da Nazareth, ambedue benedetti dal papa polacco Giovanni Paolo II. Questo, lo splendido esempio di una fede che rinuncia agli orpelli, e venne chiamata la cripta di Sant'Antonio Abate che, secondo alcuni storici, sarebbe stata un luogo di fede risalente addirittura al V secolo.

D'estate, nel pomeriggio, ogni domenica diceva la Messa nella mia cappellina di campagna, insegnandoci a tenerci tutti uniti per mano, durante la preghiera del Padre nostro. E, alla elevazione, il suo viso sembrava trasformarsi al ricordo del supplizio della Croce.

Ogni anno andava a Lourdes col treno azzurro dei malati per dare a tutti il suo aiuto ed il suo conforto, confessando ogni persona per prepararle degnamente all'incontro con le funzioni e le preghiere.

Conosceva il papa Francesco, sin dall'Argentina, e fu contento di accompagnarmi alla Messa delle ore sette in Casa Marta, per esser io arrivato alle nozze d'oro. Nella Chiesa di San Bartolomeo, era tanto contento di officiare quella funzione che, nella Messa, si stava dimenticando di dare la comunione.

Di più, questo non lo dimentico, in ogni occasione, era sempre prodigo di aiuti a quanti avevano urgente necessità, finanche del necessario olio per poter cucinare, chiedendo tutto al buon cuore dei suoi conoscenti ed amici.

Sembra strano quello che dico, ma Capracotta, in questa santa occasione, non mi è sembrata mai così bella. La collegiata mi è sembrata una basilica. Il maestoso organo collocato al di sopra del coro, davanti alla navata centrale, conferiva alla collegiata una solennità particolare.

L'organo fu costruito nel 1750 circa da Luca D'Onofrio, di Caccavone, col suo nome sulla base delle paraste che sorreggono il somiere maestro. La ragione del nome "Principalone", imposto a questo capolavoro, fu per il registro del Principale 16' a base della fonica, cosa assai rara negli strumenti coevi, le cui 700 canne, sopra l'altare maggiore, sembravano ingigantire l'ambiente. Nel 1854, questa collegiata fu insignita, infatti, del titolo di collegiata insigne.

La Chiesa di S. Maria Assunta in Cielo, aggiungo, è posta sullo sperone di roccia più alto della cittadina. Il suo sagrato invita ad ammirare quello che è uno dei panorami più belli del Molise. Tutti i paesi sottostanti, la catena dei monti Meta, Monte Greco, Monte Amaro, sino al Gran Sasso, sono qualcosa che non ti stancheresti mai di guardare. I paesi sottostanti: Castel del Giudice, Sant'Angelo del Pesco, San Pietro Avellana, e tanti altri, sono riportati su una piastra fotografica colorata, appoggiata al muro di cinta, con i loro nomi, fino all'orizzonte.

Don Orlando, dimenticavo, faceva giocare anche a pallone i ragazzi del paese, per poi portarli in canonica ed istruirli delle cose importati della vita e formarli.

Aveva riscoperto le abitudini del piccolo paese. Tutti quelli che tornavano a Natale, dovevano accendere un fuoco davanti la propria casa e, alla vigilia, davanti alla grande chiesa rupestre, accendere un grosso fuoco. A Carnevale, invece, il gioco delle maschere per animare tutti i ragazzi.

Quello che non dimentico mai è l'aiuto alle persone che avevano bisogno immediato e l'impegno per il collocamento al lavoro di quanti avevano bisogno di mezzi di sostentamento, rischiando anche il carcere con il vescovo Santucci, per il centro di riabilitazione di Salcito.

A dir la verità non mi ero mai soffermato sulla bellezza della collegiata, sugli interni della stessa: altare di marmo, il tizianesco quadro del Caputi della Maria Assunta, il grosso quadro all'ingresso, opera di un monaco amico, l'antico fonte battesimale.

Ma la bellezza del paese è il panorama dalla chiesa costruita sullo sperone di roccia nella parte più alta del paese, che dava l'impressione d'essere la stella polare di Capracotta.

Don Elio, nella chiesa, con solo i parenti del santo sacerdote, la mia presenza con l'autista, anche lui legato a don Orlando, iniziò a dire la Messa di suffragio per darci la comunione.

Perché scrivo tutto questo? Sono stato 22 anni con don Orlando, ed oltre a stimare questo vero servo di Dio, penso faccia piacere ricordarlo a quanti lo conobbero e furono da lui aiutati ed augurarsi che il Signore ne chiami altri.


Vincenzo Ferro

 

Fonte: https://www.vincenzoferro.it/, 6 settembre 2022.

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