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La scrittura


Le mura ciclopiche di Capracotta, opera dell'uomo (foto: P. Di Vito).

La mano dell'uomo mostra in vari modi la sua opera.

Anche la "Mano di Dio", quella che fece vincere l'Argentina al Mondiale del 1986, altro non era che la mano dell'uomo (di Diego Armando Maradona) che ha modificato tante cose.

Prima che l'uomo intervenisse con la sua mano a bonificare i laghi, le pianure e i corsi dei fiumi con le dighe, l'Europa era un'immensa foresta.

La mano dell'uomo si è fatta sentire anche sui terreni, dissodandoli e coltivandoli con l'aiuto degli animali, specialmente buoi e cavalli. Si è fatta sentire anche nella costruzione di pagliai e muretti in pietra a secco e di macère diffuse in tutto il mondo.

La mano dell'uomo si è fatta sentire nella scrittura che, secondo alcuni autori, è nata nel 4.000 a.C. segnando il passaggio dalla preistoria alla storia.

Le prime forme di scrittura utilizzavano i disegni, detti anche pittogrammi, che rappresentavano oggetti. Poi sono venuti gli ideogrammi che, oltre agli oggetti, rappresentavano idee. Infine la fonetica, che non usa né simboli né disegni, ma suoni.

I Greci l'adottarono dai Fenici circa 3.600 anni fa, aggiungendo le vocali al loro alfabeto consonantico e gutturale. I Romani conobbero la scrittura greca nel 500 a.C. tramite gli Etruschi e, con pochissim modifiche, crearono l'alfabeto latino.

La storia e la scrittura si sono dunque mosse in un'unica costante direzione, da est verso ovest, finché non ricevette un'ulteriore poderosa spinta quando Cristoforo Colombo scoprì l'America.

Nello scrivere si sono usati vari materiali come tavolette di argilla, pietra, cera, legno, pelli di animali, foglie di papiro, via via sostituite dalla pergamena (membrana ricavata da pelle di pecora, capra o vitello).

Dal 1100 circa entrò in uso la carta. Per tutto il Medioevo l'arte dello scrivere venne coltivata dalla Chiesa, nelle scuole annesse alla cattedrale e nei monasteri, nei vari scriptoria, essendo la scrittura una mansione per pochi, riservata alle università, alle corti e ai monasteri. Molti scrittori dell'epoca dovevano infatti cercarsi un mecenate se volevano guadagnare qualcosa, ancor più se avevano famiglia.

Così si sono salvatie, grazie ai copisti, le orazioni di Cicerone, le odi di Orazio, le storie di Tacito, i libri di Varrone sull'agricoltura, i testi di medicina e molti altri, tutte opere che sarebbero andate altrimenti perdute, travolte dalla furia devastatrice dei vari popoli barbari.

Nel 1300 il passaggio dalla copia amanuense o alla stampa rappresentò una svolta di enorme importanza per la scrittura e, più ampiamente, per la cultura, lontana dalle grandi masse. Gli scrittori non ricorrevano più allo scrivano ma allo stampatore, in grado di fornire molteplici copie della stessa opera in tempi più rapidi e a prezzi decisamente inferiori.

Con la diffusione della stampa la scrittura raggiunse la gente comune e favorì il desiderio di informazione.

Molti riconoscono in Dante il primo utilizzatori della lingua italiana, chiamata all'epoca "volgare"; il Petrarca, nello stesso periodo, utilizzava ancora il glorioso latino e non credeva nella cultura popolare; Boccaccio, invece, si guardava intorno mentre scriveva il Decamerone in italiano (ma sapeva anche il latino).

Tutto si modifica, anche la scrittura, ed alcuni termini sono stati abbandonati mentre altri se ne sono aggiunti, perché, insieme agli uomini, migrano pure le idee. Ed anche il dialetto si modifica, essendo la scrittura una cosa viva: prova ne sia il fatto che, tornando in Italia, alcuni emigrati capracottesi in Argentina, America, Canada e Venezuela, parlano un dialetto "antico", insegnato loro dai genitori al tempo della grande migrazione e perciò diverso rispetto al dialetto attuale.

Dal fuoco, scoperto 800.000 anni fa e diffusosi in tutto il mondo "soltanto" 400.000 anni fa, l'evoluzione della Terra è stata sempre aiutata dall'intelligenza e dalla scrittura, insomma dalla mano dell'uomo.


Lucio Carnevale

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