Capracotta, gennaio.
Quando quassù cade la neve, è un'altra cosa. Bisogna starci, bisogna vedere. È uno spettacolo interessante, è bello. Anche perché la neve di quassù è diversa... È Neve (con la N maiuscola). È una neve superiore, una neve aristocratica: è la Neve. Giù il cappello, amici lettori, alla neve di Capracotta. Se poi, quando quassù cade la neve, si sente un pizzico di bufera, allora, compiaciuto, Dante si muove col più bello del suo Inferno, col più bello del suo Purgatorio, col più bello del suo Paradiso, messi insieme. E tutto trascende. È fisico e metafisico, in ordinato disordine. In queste condizioni, in questo ambiente, a questo spettacolo, se aggiungete un pizzico di sole (forse bastano dieci raggi), contemplate Iddio. Anche lo spirito volgare si avvicina a Dio e Lo contempla lassù quando cade la neve, con un pizzico di bufera e dieci raggi di sole.
Usciamo di casa. Non è facile. Ma non è impossibile. Basta la buona volontà. La neve tutt'intorno è vergine: non un'impronta. Né un'anima viva. Procediamo. Saranno tre, quattro metri. Comunque tutte le porte del Corso sono quasi ricoperte. È nostra intenzione arrivare al telefono, in piazza, da Donato, per le ultime notizie. A metà strada un uomo ricurvo con la pala che lavora. Ci salutiamo. È Vincenzo, il buon Vincenzo, la cui vita si svolge tutta nel circolo, per il circolo. Vincenzo è uomo onesto e capace. Grave colpa sarebbe per lui trascurare il circolo. E Vincenzo non lo trascura. Il circolo, nonostante la neve e la bufera, è pronto. Mi raccomando per le sigarette, però.
Andiamo avanti. Il telefono è inaccessibile per l'ingresso principale. Tutto è chiuso. Tutto è neve. Che fare? Eccolo, con gli sci, che avanza un uomo imbottito. Ci fa:
– Dottore... vi accompagno a casa?
Rispondo:
– No, vado a comperare le sigarette.
Ed egli:
– Ma è tutto chiuso...
Di rimando:
– Ed allora entro qui, da Romeo.
– Arrivederci, Dottore.
– Ciao – faccio io – e grazie.
Se ne va. Solo, solo. Qual è la porta di Romeo? Certamente quella. A due metri, forse meno. Mani e piedi, piedi e mani, in meno che dieci minuti raggiungo quella porta. Apro e faccio:
– Ueeé...
Sono invitato a entrare. Saraff, la bella Saraff, fa colazione. Rommell, vale a dire Romeo, fa il classico stravacco attorno al focolare. Mi faccio bello e dico:
– L'amico fa grossi sacrifici per andare a trovare l'amico in certe circostanze. Vi serve qualcosa?
Romeo (Forkettein, direbbe il comandante Nafra) fa il furbo e risponde:
– Stavo per venire io da te.
Usciamo tutti e due per andare a comperare le sigarette. E che vediamo? Un uomo che azzarda a uscire di casa. Lo guardiamo. Chi sarà? La montagna di neve è pericolosa, quell'uomo è temerario. Sembra strano. Io ho pensato all'uomo delle nevi dell'Himalaya, al tibetano Metoh-Kangmi. Quell'uomo fa di tutto per vincere. Anch'egli con le mani e con i piedi. Ad un certo momento si ferma, si arresta, ci guarda. Quindi ci fissa. Poi evidentemente ci ha riconosciuti, grida:
– Ué, campió...
È lui: Enzo. Enzo De Mauro. Gli risponde Romeo:
– Ci vediamo allo Sci Club.
Procediamo per le sigarette.
Allo Sci Club troviamo il quarta serie Renato Mosca (irriconoscibile con quella coppola) e il fuori serie Antonio Policella. La competizione è di prammatica. Romeo e Renato, Francesco e il sottoscritto. Perdiamo. Sarà un'altra cosa quando a sostegno del sottoscritto verrà Natalino. Anche Enzo De Mauro abbozza qualche parata. Macché... niente da fare: è negato.
Facciamo la via del ritorno. Non c'è più un pizzico di bufera, non ci sono più i dieci raggi di sole. C'è solo la neve. Completiamo questo "servizietto" fra le braccia di Enzo e di Michele, confortati dal sorriso del dolce Massimo.
Intanto il 1953 è finito proprio come Dio ha voluto. Ha avuto inizio il 1954.
Durante Antonarelli
Fonte: D. Antonarelli, Taccuino capracottese, in «Momento-Sera», IX:8, Roma, 9 gennaio 1954.