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Variazioni di attualità: Capracotta sotto la neve


Piazza S. Falconi negli anni '50.

Capracotta, gennaio.

Abbiamo già scritto che d'inverno quassù la neve cade in abbondanza. Abbiamo anche scritto che la neve quassù è molto diversa dalla volgarissima neve che cade giù a valle. Qui cade la neve vera, la neve d'alta montagna, la Neve con la N maiuscola; la neve Aristocratica. Saranno due o tre metri di neve. In alcuni posti si notano banchi di neve alti cinque-sei metri. È la neve di Capracotta, la rinomata neve di Capracotta delizia di sciatori, che resiste sino ad aprile, a volte sino a maggio.

E quando quassù cade la neve e tira forte il vento che ogni cosa sconvolge, è la bufera. È la bufera che acceca, è la bufera che arresta il respiro, è la bufera che ti fa fare mezzo passo innanzi e due o tre passi indietro o di lato. Guai a cadere nella bufera sulla neve sconvolta. Eppure la vita quassù si svolge assai regolarmente con la neve e nella bufera. Di giorno e di notte. Sposano anche in quest'ira di Dio. Dicono che porti fortuna. Lo spartineve, il potente spartineve di Capracotta, che pure in queste condizioni quasi ogni giorno va al bivio di Staffoli, fa miracoli. E i miracoli glieli fa fare il buon Leo Conti che, impassibile all'ira che lo circonda, sembra un monumento quando sta alla guida di questo "tritatutto". E con Leo, intorno alla spartineve, manovrano e operano alcuni uomini di carattere che hanno di acciaio i nervi e i muscoli. Costoro quasi ogni giorno vivono un dramma. E lo vivono quasi sempre di notte. Noi, se ne avessimo il potere, daremmo a questi uomini un premio per il loro valore civile.

Certo, bisogna esserci abituati. Perciò gli uomini in montagna sono forti. A volte neanche i lupi resistono e preferiscono scendere a valle. Vanno in Agnone, come ha riferito il nostro Mastronardi; vanno in Isernia in cerca del nostro buon Sabino il quale, perché sindaco e poeta, di lupi mastica poco.

Che fanno alcuni nostri amici quando quassù fa brutto? Andiamo a vedere. Al Circolo Sannitico sempre aperto nonostante tutto, Vincenzo sta preparando strane calde miscele, mentre intorno alla stufa si parla di politica. Tengono banco don Vincenzino Conti, Ciccio Pettinicchio, Michele Ianiro e Arnaldo Sammarone. Di Arnaldo dobbiamo dire che se non tratta la politica come tratta il ramino e lo sport, non la tratta bene. Eppure la politica è femmina... Però dobbiamo aggiungere che Arnaldo conosce bene il "quaranta". È pure un appassionato delle corse di cavallo. Di queste preferisce il trotto. Ma che ci facciamo di questa passione del nostro Arnaldo per le corse dei cavalli a Capracotta dove tutto al più si può assistere a qualche gara di fondo o di slalom più o meno gigante? Ci può dire, ripetiamo, il nostro Arnaldo Sammarone che ci facciamo quassù della sua passionaccia per le corse dei cavalli?

Questi sopracitati quattro amici naturalmente in politica non vanno d'accordo. Hanno idee diverse e seguono naturalmente programmi diversi e giudicano i fatti più o meno salienti della politica nazionale e internazionale non nella stessa maniera appunto perché non la pensano allo stesso modo. Sono però d'accordo in questo: sono anticomunisti. Anche qui spontanea nasce una domanda: che ci facciamo dell'anticomunismo, se l'anticomunismo non va d'accordo? Non conviene, forse a queste condizioni, fare il comunista? No, non conviene; ma intanto... Comunque, lasciamo questo argomento che nel suo piccolo rispecchia una piaga nazionale.

Salutiamo gli amici del Circolo e andiamo da Romeo Paglione. Sappiamo che la stufa di Romeo sta a Romeo (e viceversa) come l'edera sta al muro. S'era messo in testa di piazzarla lì e lì l'ha piazzata. Alcuni consigli di persona a lui molto cara non sono valsi a nulla: aveva stabilito così e basta. Intanto se la mira, se la rimira, l'accarezza e convenientemente la tratta. Al vederci non dice: «Come vai... buon giorno... ma perché sei uscito con questo tempo...» e altre cose del genere. No. Fa: «Uè... ma è una delizia 'sta stufa... che magnificenza... qui si sta proprio bene... e chi esce?».

Salutiamo il nostro Romeo, quello stesso che d'estate fa il centauro per via della sua tenera Vespa, e andiamo in pretura. Anche qui la solita calda stufa. Troviamo l'amico "cancelliere di ferro", il nostro Mario Carnevale, nel pacato atteggiamento di chi è abituato a pensare con ordine. Gli fanno doverosa compagnia don Pasqualino ed Enrico. Don Pasqualino è un giovanissimo napoletano che sta quassù perché di quassù è l'ufficiale giudiziario. Lo chiamano «il pericolo pubblico n. 1», ma tutti però lo trattano con stima e benevolenza perché il buon don Pasqualino merita stima e benevolenza. Però c'è in lui qualche cosa che non va... non conosce Jepperson né lo ha sentito mai nominare, né sa che il Napoli va forte. E questo è molto grave per un napoletano. In ciò è d'accordo anche Mario. Diamo alla stampa, quale primizia, un "si dice" che interessa il nostro don Pasqualino: sta per fidanzarsi ufficialmente con una graziosa fanciulla di Capracotta. Sarà vero? Non sarà vero? Per essere più sicuri dobbiamo aspettare il rientro di Gorizion.

Per finire. Sono le ore 20. Fuori la tormenta. Azzardiamo ad aprire la finestra. Guardiamo da dentro quel che succede fuori. Un uomo solo si muove a stento. È tutto coperto dal mantello a ruota. Si ferma e cerca di guardare lontano. Poi sconsolato, torna, come può, indietro. Ci riconosce e ci saluta. È il segretario comunale di Capracotta, Achille Conti, preoccupato per lo spartineve e la corriera che non sono ancora rientrati. In nottata una chiamata d'urgenza per via di un poveretto che oltre la Madonnina, oltre lo spartineve, se l'è vista brutta.

Quando verranno pubblicate queste note? Vero è che la corriera è bloccata, ricolma forse di neve, a Vallesorda, e lo spartineve pure è bloccato a due passi dalla Madonnina. Questa volta proprio non ce l'ha fatta!

Siamo sempre del parere che gravi inconvenienti non si verificherebbero se potessero funzionare le grandi ali dello spartineve. E queste grandi ali potrebbero funzionare solamente se si allargasse almeno sino agli otto metri la strada che da Staffoli mena a Capracotta.


Durante Antonarelli

 

Fonte: D. Antonarelli, Variazioni di attualità: Capracotta sotto la neve, in «Momento-Sera», IX:16, Roma, 19 gennaio 1954.

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