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Vivere "serenamente" la vecchiaia (II)


Don Ninotto in una foto di gruppo del 1953.

Una cultura della vita ama la vecchiaia, perché ne è il suo culmine, non la sua negazione. Il grado di amore per la vita di una civiltà lo rivela nel suo modo di vedere e trattare la vecchiaia. Nel vecchio vede ancora la bellezza del fanciullo e non fa del bambino un idolo. Se non si cura la vecchiaia tutta la vita si appanna. La metafora della vita nelle culture che la amano è l'albero, non la candela. L'albero cresce con gli anni, fiorisce e porta frutti, in genere muore al culmine della sua vita, tornando in dono alla terra che lo ha generato e nutrito. La Bibbia ci insegna a guardare le querce nella nostra foresta, ama troppo la vita per presentarcela come un cimitero popolato da tanti lumini più o meno consumati. La vecchiaia è la grande sfida del nostro tempo. Vivremo in un mondo sempre più popolato di persone vecchie, paradossalmente considerate solo dal mercato, che trasforma tutto in business, creando l'illusione che ci possa essere un invecchiamento diverso dall'accoglierlo e chiamarlo fratello.

Forse uno dei «frutti più preziosi delle grandi religioni» era insegnare a soffrire, invecchiare e morire. Un equilibrio tra vita e morte fatto di famiglia, comunità, religione, fede, tempo, spazio, memoria, a contatto con la natura, che insegnava il ritmo della vita e della morte, si è spezzato.

Senza una buona cultura della vecchiaia e della morte non si riesce ad avere un buon rapporto con la vita, con la nascita, con i bambini. Il libro del Qohelet nella Bibbia insegna che un saggio, un maestro, che ha “donato al popolo conoscenza”, sente la vocazione di comunicare le proprie intuizioni e scoperte. «C'è un tempo per nascere e un tempo per morire»: è la sintesi del grande insegnamento biblico. Un tempo della vita che è nelle nostre mani non deve essere per forza tempo di decadenza.

«L'etica dei capelli bianchi»: alcuni consigli per una buona vecchiaia. La vita media è aumentata non per caso. Le scoperte scientifiche e l'assetto ambientale hanno prolungata e reso più agevole la dimora dell'uomo sulla terra. La vecchiaia è divenuta uno dei problemi più rilevanti della società contemporanea. È un'età in cui si possono ancora conseguire frutti nella vita. È necessario vivere bene. Se conosciamo i fattori di malattia possiamo evitarli, se conosciamo i fattori di invecchiamento, ci rendiamo conto che non tutto è deterministico, ma dipende molto da noi, dalla vita che conduciamo, dalle nostre scelte e abitudini. Rimanere attivi consente di vivere più lungamente rispetto a chi batte in ritirata.

Per vivere bene non è dato disporre incondizionatamente di sé stessi. Questo significa esattamente «essere in armonia con la natura». Più si vive, se meglio ci si amministra. Non fumare, non essere voraci, sono solo semplici esempi: insomma è necessario equilibrarsi. Sono consigli di sobrietà e non di misura, relativi non solo all'igiene alimentare, ma all'educazione del carattere. L'antica medicina greca prevedeva vita lunga, non vita eterna. Per vivere bene bisogna essere capaci di perseguire scopi. Ciò è impossibile quando si spezzano i legami sociali e la desolante idea che tutto debba finire. Chi dà un senso alla vita e alla vecchiaia, rendendola una stagione della vita, la rende una stagione che vale la pena di vivere.

«La nostra vita arriva a settanta anni, ottanta se ci sono le forze». Molte cose sono cambiate nei tremila anni che ci separano da questo salmo, che dà autorità di parola di Dio alla sapienza umana. Leggendo la Bibbia si ha l'impressione che la vecchiaia sia una beatitudine, perché la vita è il bene supremo e vivere a lungo fino alla «sazietà dei giorni», può significare pervenire alla sapienza del cuore e assumere una funzione testimoniale per le nuove generazioni. Una vita feconda conclusa nella pace è la massima beatitudine promessa come premio al giusto.

La morte è vista come un evento naturale verso il quale camminare senza angoscia e paura. La vecchiaia riceve dalle indicazioni bibliche e in tutte le antiche tradizioni religiose una sapienza e un patrimonio umano e religioso accumulato nello scorrere dei secoli. Questa esperienza diventa arte del vivere e fa degli anziani persone di discernimento capaci di consiglio. L'ultima stagione della vita è caratterizzata dalla diminuzione delle forze, ma accompagnata da un arricchimento interiore, che invita «al rispetto e all'onore».

La nonnità: una fase dell'esistenza, il titolo a cui si è maggiormente attaccati. Il nonno e la nonna sono figure cardine in una società che sembra del tutto sconvolta. Un insieme di fattori che richiamano sostegno e comprensione, la vera pietas, che richiamano quella di Ulisse per il vecchio padre Anchise e l'attaccamento verso il figlio Astianatte. Essere nonni significa appostare la propria senilità accanto ad una vita che comincia dal tempo zero. Sono vari i motivi per parlare di questo ruolo. È un'età che ha un proprio ritmo, al di là dei calendari, ed è il tempo dei sentimenti: scorre senza agende e senza riunioni. Il nonno/la nonna sono le figure della comprensione e dell'amore, della calma e della meditazione, del tempo che passa senza avvertirne lo scorrere dei giorni e degli anni. Vive nel mondo da una posizione di confine, che toglie ogni arroganza e superbia, che attribuisce ai sentimenti un ruolo dominante. Sa che l'amore è un grande segreto della vita, una componente che interpreta il mondo con bontà e con la voglia di sostituire la pace alla guerra, alle piccole guerre dentro le famiglie e persino a quelle che si svolgono, per imitazione, trai bambini.

I nonni non solo allargano la famiglia ma ne rappresentano la storia, poiché da loro trova continuità nei figli e nei figli dei figli. Possiedono la memoria del proprio padre fino al passato più lontano. Così si tiene insieme la trama di una famiglia, e la si impianta su un nipotino o una nipotina che lasciano intravvedere una nuova tappa verso il futuro.

I nonni sono i depositari per eccellenza di un sentimento bellissimo: la nostalgia. La memoria dei sentimenti, il ricordo senza coordinate storiche, staccato perfino dagli eventi storici e dei fatti. Un gesto, una carezza, uno sguardo, un dolore espresso nel silenzio del volto dei propri genitori morti. La nostalgia non sempre ha dignità tra le giovani generazioni. La cronaca e il presente soffocano perfino i sogni. La nostalgia è il legame dei morti che non sono più, ma vivono dentro la memoria. È il sorriso di chi non c'è più, e che si tiene in vita rivivendola. La nostalgia ridona vita ai morti, aiuta a fare sintesi meravigliose di passato e futuro, di un mondo ormai sepolto, che si lega a quello ancora da costruire e che sarà la cornice dei futuri protagonisti. Si scopre questa caratteristica "da nonni"... quando nessuno ti guarda. Per fortuna c'è lei o lui, che ti guarda e si attacca a te sempre, e pare di avere tutto il modo vicino. Pare di avere ancora un compito importante, un ruolo dentro i sentimenti per insegnare i sentimenti, per ricordare che il mondo, mentre corre, non si accorge di cosa non vede e perde. Avere un bambino vicino, che alza il suo sguardo per vedere il viso e pronunziare quel suono nonno-nonna, è un miracolo. Un suono semplice, una lallazione, un balbettio - no-no come ma-ma - attesta la nascita, l'identità di un nuovo essere, una nuova creatura.

Nel nostro alfabeto, dalla madre al padre, lui, il nonno è diverso da lei, la nonna, eppure hanno senso soltanto insieme, perché si compensano sempre, sono due ruoli per un'unica funzione, un'unica realtà. I vecchi hanno bisogno dei nipoti, di stare vicino alle vite appena incominciate. Una società che non cura i nonni è una società malata, fortemente malata, inaccettabile. Garantire loro di poter vivere con dignità, perché se hanno un corpo fragile e i muscoli deboli, hanno una fortissima dignità, la dignità umana: sono la memoria del popolo, sono coloro che hanno il senso della storia e della vita, sono un tesoro dell'umanità.

Norberto Bobbio: un pensatore del nostro tempo che ha affrontato con serietà i temi religiosi, dalla morte alla vita ultraterrena, ha analizzato la vecchiaia nel testo "De senectute" con uno stile personale, sobrio e convincente. La sua dichiarazione di fede nell'amore, che quieta in qualche modo l'angoscia del dolore, lo sostiene nella sua «stanchezza fisica e psichica» e lo accompagna insieme alla moglie Valeria nelle prove della solitudine. La potenza evocativa, la dolcezza, la freschezza, la forza con cui esprime il suo amore per Valeria, sono costantemente presenti nel suo cuore.

Con Valeria, per Valeria, attraverso Valeria ho capito che cosa è la morte e che cosa è l'amore. Ho capito che l'amore è più forte della morte. Lei è presente, è qui nel mio petto.

L'uomo Norberto parlava con se stesso, con le sue profondità, che esistono in ogni persona, tanto più vere quanto sono aperte verso l'altro, dove si trova il nostro io più autentico, all'incrocio di memoria, mente, volere, affetti. Amor omnia vincit.

Qualcuno potrebbe chiedermi: «Ma tu come vivi la tua vecchiaia?». Direi con una parola che ho una vecchiaia melanconica, intesa la malinconia come la consapevolezza del non raggiunto e del non più raggiungibile. Vi corrisponde l'immagine della vita come una strada, ove la meta si sposta sempre in avanti, quando credi di averla raggiunta, non era quella che ti eri raffigurata come definitiva. La vecchiaia diventa allora il momento in cui hai la piena consapevolezza che il cammino non solo non è compiuto, ma non hai il tempo di compierlo, e devi rinunciare a raggiungere l'ultima tappa. La malinconia è temperata, tuttavia, dalla costanza degli affetti che il tempo non ha consumato.

Hegel spiegava così la differenza tra il significato positivo e quello negativo della vecchiaia: «La vecchiaia naturale è debolezza; la vecchiaia dello spirito, invece, è la sua maturità perfetta, nella quale esso ritorna all'unità come spirito».

Dicono che «la saggezza per un vecchio consiste nell'accettare serenamente i propri limiti: Ma per accettarli, bisogna conoscerli, Per conoscerli, bisogna certo di darsene una ragione, Non sono diventato saggio. I limiti li conosco bene, ma non li accetto. Li ammetto, unicamente perché non posso farne a meno». Queste ultime parole di Norberto Bobbio aiutano a vivere "serenamente" la propria vecchiaia.


Osman Antonio Di Lorenzo



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