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Celestino V tra ecologia umana e liturgie campanilistiche


Francesco e Celestino, Capracotta
L'altorilievo su roccia "Papa Francesco incontra papa Celestino" di Antonio Di Campli.

L'ecologia umana studia l'Uomo nell'ambiente, inteso come insieme di cultura e natura. L'ambiente naturale di Pietro da Morrone, vissuto nel 1200, fu quello del Sannio montuoso con vestigia storiche dell'antica civiltà dei Sanniti là vissuti tra l'VIII ed il III secolo d.C. Dopo Roma li sottomise ma dovette sostenere tre lunghe guerre sannitiche con l'umiliante sconfitta del 321 a.C. alle Forche Caudine. Nel Sannio si sono rinvenuti due significativi reperti religiosi: un'incensiere con scritta osca, forse del V sec. a.C. e offerto da una donna alla divinità segno di un'emancipazione femminile notevole (reperto rinvenuto dalla famiglia Bernardo di Colle d'Anchise, vicino Bojano, ex capitale dei Pentri) e la Tavola Osca di Capracotta (IS) che ad Agnone la fonderia vaticana Marinelli ha riprodotto per i turisti. Nell'ambiente naturale, economico e religioso molisano, dunque, le faville del fuoco di santa Caterina da Siena hanno potuto assecondare anche la religiosità di Celestino V, poverissimo Papa del Sannio. Egli non fu colto come il Papa tedesco, né fu prof. universitario a Bonn, Freising, Monaco, Münster, Tubinga e Regensburg. Entrambi però seppero penetrare il mistero implicito nella relazione Dio-Uomo.

L'ex papa Ratzinger afferma: «Dobbiamo di nuovo imparare a riconoscere che tra scienza e superstizione c'è ancora qualcosa d'altro: quel più profondo discernimento morale e religioso e custodirlo sotto la luce di Dio». Dal carattere poco espansivo Benedetto XVI non ha quel carisma del suo predecessore, né quello di Giovanni XXIII. Il teologo Ratzinger, nel libro "Un pensiero al giorno", tratta del problema dei problemi quando scrive, a pag. 529, relativa al 23 dicembre:

Il Natale ci chiama a penetrare nella quiete e nel silenzio di Dio, il suo mistero resta celato a così tante persone, perché queste non sanno scoprire quella dimensione di silenzio nella quale Dio agisce. Far silenzio dunque significa sviluppare i sensi interiori, il senso della coscienza, il senso di ciò che è eterno in noi, la capacità di ascoltare Dio. Si dice dei dinosauri che essi si siano estinti perché si erano sviluppati in una maniere sbagliata, molta corazza e poco cervello, molti muscoli ma poco intelletto. Non ci stiamo per caso sviluppando anche noi in una direzione erronea molto tecnica, ma poca anima? Non è assolutamente tempo di una correzione di rotta nella nostra "evoluzione"? Questa correzione di rotta non può, né deve consistere in una stolta rinuncia al lavoro umano, piuttosto nel recupero del posto che spetta al senso morale e al senso religioso nella vita dell'uomo e nel suo rapporto con le cose.

Ratzinger ha pubblicato nel 1977 a Colonia "Die Situation der Kirche heute" (La situazione della Chiesa della speranza oggi). Tra gli altri saggi ha pubblicato "La devozione a Maria nella Chiesa" (1979), "Rapporto sulla fede nonché Creazione e peccato" (1987), "La Chiesa. Una comunità sempre in cammino" (1991), "Chiesa, ecumenismo e politica" (1988) ecc.

Le inattese dimissioni papali hanno sorpreso. Non soprese, invece, la sua elezione dopo Giovanni Paolo II. L'attuale epoca è foriera di problemi insoluti di evoluzione culturale dell'Homo sapiens e la Chiesa, che ne conosce bene molte sue peculiarità, frena certe scelte e ne conserva altre che alcuni vorrebbero cambiare non sempre in meglio. Lo stesso neodarwinismo è stato frenato da questo papa, mentre è stato favorito da Giovanni Paolo II, che parlò anche di Uomo irripetibile e di non avere paura della verità. Benedetto XVI, dopo 8 anni di pontificato, abbandona il potere di Papa Re tra tante voci, illazioni, accuse, ipotesi, supposizioni di lotte di potere e nodi non sciolti su aborto, fecondazione assistita fuori del matrimonio, coppie di fatto, pedofilia, eutanasia, matrimoni tra gay e adozioni dai gay, Ior, non più celibato dei sacerdoti per risolvere la penuria di vocazioni, ecc.

«Anche ai nostri giorni molti sono pronti a "stracciarsi le vesti" di fronte a scandali e ingiustizie, naturalmente commessi da altri, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio "cuore", sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta». Ha il sapore di una denuncia questo passaggio dell'ultima omelia di papa Benedetto XVI, per il mercoledì delle Ceneri, nella Basilica di San Pietro. Il pontefice ha invitato a vivere la quaresima come tempo per «riflettere su come il volto della Chiesa venga a volte deturpato da colpe contro l'unità della Chiesa e divisioni del corpo ecclesiale». Superare individualismi e rivalità può essere un «segno umile e prezioso per coloro che sono lontani dalla fede». La nostra testimonianza allora - ha detto il Papa - sarà «sempre più incisiva quanto meno cercheremo la nostra gloria e saremo consapevoli che la ricompensa del giusto è Dio stesso, l'essere uniti a Lui, quaggiù, nel cammino della fede, e, al termine della vita, nella pace e nella luce dell'incontro faccia a faccia con lui per sempre».

Nel particolare rito che apre la Quaresima, durante la messa in San Pietro è stato il cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano, a cospargere le ceneri sul capo di Benedetto XVI. Quindi il Papa ha fatto lo stesso con alcuni cardinali, tra cui il segretario di Stato Tarcisio Bertone, vescovi, sacerdoti e semplici fedeli. Ma a questo si è aggiunto anche l'appello ai fedeli dell'arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra: «Pregate per noi cardinali perché nell'elezione del nuovo Pontefice siamo guidati esclusivamente dall'amore [...] Giunto alla certezza di coscienza, davanti a Dio, di non essere più in grado di svolgere il suo servizio, ha preferito il bene della Chiesa a se stesso, è stato il vero pastore che, come Cristo, non ha ritenuto la sua dignità un tesoro da custodire gelosamente, ma vi ha rinunciato per il bene della Chiesa». Ha parlato anche il segretario di Stato Tarcisio Bertone: «Tutti noi abbiamo compreso che è proprio l'amore profondo che Vostra Santità ha per Dio e per la Chiesa che l'ha spinta a questo atto».

Sfogliando le pubblicazioni del Pastore tedesco si possono leggere le sue visioni sulla Chiesa della speranza, il culto della Madonna, ma il fulmine abbattutosi sulla cupola di San Pietro il giorno dell'annuncio delle dimissioni, la strana morte del Papa veneto Giovanni Paolo I che amava la Madonna, l'attentato al Pastore polacco, le fughe di notizie del maggiordomo papale ecc., sono segni di un cerchio del potere papale.

Chi verrà eletto alla Cattedra di Pietro? Nell'antica Roma i migliori imperatori sono stati quelli non ereditari ma scelti per capacità riconosciute, come per il filosofo Marco Aurelio e il generale Traiano. I vescovi medievali erano tutti discendenti da nobili, come Bonifacio VIII dai Caetani, discendente di una nobile famiglia con cappella nella cattedrale d'Anagni e con evoluzione del casato in Gaetani, come il duca di Piedimonte d'Alife, poi Matese. Solo dal XX secolo i papi cominciano ad essere scelti per meritocrazia tra i cardinali e i migliori o più carismatici sono stati quelli d'origine umile e ricca di vissuta esperienza.

Il Sannita Celestino V, il 5 luglio del 1294, venne eletto papa, dopo Niccolò IV in un'epoca tormentata da lotte intestine tra gli aspiranti ai regni terreni e a quelli semiterreni come il papato. Lo Stato del Vaticano con propria bandiera, guardie svizzere ecc. si annovera tra le pochissime monarchie assolute, che guida solo 1 su 7 miliardi di individui della specie Homo sapiens. 1 su 7 è stato battezzato e dunque iniziato al Cattolicesimo, che si distingue in ortodosso, protestante luterano, anglicano ecc. L'eremita appenninico Pietro Angelerio dapprima rifiutò la carica a papa, salvo poi tornare sui suoi passi spinto dal dovere di obbedienza. Assunse il nome di Celestino V il 29 agosto 1294, si dimise il 13 dicembre dello stesso anno e gli succedette Bonifacio VIII per mutati equilibri tra conservatori, colti e innovatori.

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Controversi sono i pareri sulle dimissioni di Celestino V. Se si dà credito ad un'interpretazione molto popolare, ma contestata dai critici moderni e contemporanei, Dante Alighieri è quello che, forse, si espresse nella maniera più critica nei suoi confronti. Gli avrebbe contestato di aver provocato, abbandonando il pontificato, l'ascesa al soglio di Bonifacio VIII, del quale egli, in quanto guelfo bianco, disapprovava profondamente le ingerenze in campo politico. Secondo questa ipotesi, infatti, sarebbe proprio Celestino V il personaggio nel III Canto dell'Inferno di cui si dice che: «vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto». Occorre però precisare che Dante applica il concetto di viltà a personaggi tanto diversi da Celestino (come Ponzio Pilato, che pure era Sannita, forse di Telese) e i versi sono soggetti a diverse interpretazioni. Petrarca, invece, diede di questo gesto un'interpretazione diametralmente opposta, ritenendo che si dovesse considerare «il suo operato come quello di uno spirito altissimo e libero, che non conosceva imposizioni, di uno spirito veramente divino». L'avv. Alessio Spina di Bojano sostiene che Dante si riferisse a Ponzio Pilato e non a Celestino V mentre la prof.ssa salernitana Giuseppina Sconduto è di parere diverso. Ancora oggi, la storiografia fornisce pareri controversi sul gesto di Celestino V.

Sulla nascita a Sant'Angelo Limosano, dice Oreste Gentile di Bojano, autore di uno studio accurato in merito, si è espresso a favore anche l'arcivescovo di Campobasso-Bojano M. G. Bergantini. Dopo le dimissioni il Sannita ed ex papa venne catturato mentre stava per lasciare l'Italia, desideroso di tornare a fare l'eremita, e venne imprigionato nella rocca di Fumone, in Ciociaria, dove morì il 19 maggio 1296. Nel 1327 le sue spoglie furono traslate all'Aquila nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove sono ancora oggi custodite nell'apposito mausoleo.

Celestino V, venerato Santo, si onora il 19 maggio, è patrono d'Isernia e compatrono dell'Aquila, di Urbino e del Molise. Sul luogo di nascita di questo Papa del Sannio le moderne tribù dei Sanniti stanno a disquisire affette da morboso campanilismo come scrive, in presentazione, Brunetti, nel mio saggio dedicato a "Piedimonte Matese e Letino tra Campania e Sannio", con un capitolo dedicato all'antica Diocesi d'Alife-Caiazzo. Ciò che è certa è la sua origine sociale contadina, penultimo di 12 figli.

Pietro da Morrone nacque tra il 1209 e il 1215 (la fonte più accreditata è tratta dalla "vita C" che racconta che aveva 87 anni al momento della morte avvenuta il 19 maggio 1296 e ciò vorrebbe dire, che sarebbe nato nel 1209) in Molise. La sua nascita è tradizionalmente rivendicata da due comuni: Isernia e Sant'Angelo Limosano (dei quali è patrono). In seguito altre due località ne hanno anch'esse rivendicato i natali: Sant'Angelo in Grotte (frazione di Santa Maria del Molise) e Castrum Sancti Angeli de Ravecanina, nel casertano, dove hanno posto una statua di Celestino V al bivio dei Quattroventi. Allontanatosi dal suo eremitaggio del Morrone nel 1244 per costituire una Congregazione ecclesiastica riconosciuta da papa Gregorio X come ramo dei benedettini, denominata "dei frati di Pietro da Morrone", che ebbe la sua povera culla nell'Eremo di Sant'Onofrio al Morrone, il rifugio preferito di Pietro, e che soltanto in seguito avrebbe preso il nome di Celestini. Nell'inverno del 1273 si recò a piedi a Lione, ove stavano per iniziare i lavori del Concilio II voluto da Gregorio X, per impedire che l'ordine monastico da lui stesso fondato fosse soppresso. La missione ebbe successo poiché grande era la fama di santità che accompagnava il monaco eremita, tanto che il Papa gli chiese di celebrare una messa davanti a tutti i Padri Conciliari dicendogli che «nessuno ne era più degno». I successivi anni videro la radicalizzazione della sua vocazione ascetica e il suo distaccarsi sempre più da tutti i contatti con il mondo esterno, fino a quando non fu convinto che stesse sul punto di lasciare la vita terrena per ritornare a Dio.

Ma un fatto del tutto inaspettato stava per accadere. Papa Niccolò IV morì il 4 aprile 1292; nello stesso mese si riunì il conclave, composto da soli 12 porporati tra cui Benedetto Caetani, poi si ridussero ad 11 per morte di un porporato per malattia. Passò più di un anno prima che il conclave potesse nuovamente riunirsi, per disaccordo circa la sede in cui convocarlo, stabilendo la nuova sede nella città di Perugia il 18 ottobre 1293. Alla fine del mese di marzo del 1294 si decise anche per le trattative in corso tra Carlo II d'Angiò, Re di Napoli, e Giacomo II, Re di Aragona, per sistemare le vicende legate all'occupazione aragonese della Sicilia, avvenuta all'indomani dei cosiddetti vespri siciliani, del 31 marzo 1282. Per giungere alla stipula di un trattato, Carlo d'Angiò aveva necessità dell'avallo pontificio, la qual cosa era impossibile, stante la situazione di stallo dei lavori del conclave. Spinto da questa esigenza, il re di Napoli si recò, insieme al figlio Carlo Martello, a Perugia dove era riunito il conclave, con lo scopo di sollecitare l'elezione del nuovo Pontefice. Il suo ingresso nella sala dove era riunito il Sacro Collegio provocò ovviamente la riprovazione di tutti i cardinali e il Re fu cacciato fuori, soprattutto per l'intervento del cardinale Benedetto Caetani.

Pietro del Morrone aveva predetto "gravi castighi" alla Chiesa se questa non avesse provveduto a scegliere subito il proprio pastore. La profezia fu inviata al Cardinale Decano Latino Malabranca, il quale la presentò all'attenzione degli altri cardinali, proponendo il monaco eremita come Pontefice; la sua figura ascetica, mistica e religiosissima, era nota a tutti i regnanti d'Europa e tutti parlavano di lui con molto rispetto. Il Cardinale Decano, però, dovette rimuovere numerose resistenze che il Sacro Collegio aveva sulla persona di un non porporato. Alla fine, dopo ben 27 mesi, emerse dal conclave, all'unanimità, il nome di Pietro Angelerio del Morrone; era il 5 luglio 1294.

È possibile che i cardinali fossero pervenuti a questa soluzione pensando anche di poter gestire, ciascuno a modo suo, la totale inesperienza del vecchio monaco eremita, guidandolo in quel mondo curiale e burocratico a cui egli era totalmente estraneo, sia per reggere meglio la Chiesa in quel difficile momento. Sembra ripetersi l'analogia di quel papa con l'elezione di Giovanni XXIII nonché con il veneto Luciani e con il tedesco Ratzinger. La notizia dell'elezione del papa Sannita gli fu recata da 3 vescovi, nella grotta sui monti della Maiella. Sorpreso dall'inaspettata notizia, forse anche intimorito dalla potenza della carica, inizialmente oppose un netto rifiuto che, successivamente, si trasformò in un'accettazione alquanto riluttante, avanzata certamente soltanto per dovere d'obbedienza. Dietro consiglio di Carlo d'Angiò, trasferì la sede della Curia da L'Aquila a Napoli fissando la sua residenza in Castel Nuovo, dove fu allestita una piccola stanza, arredata in modo molto semplice e dove egli si ritirava spesso a pregare e a meditare. Di fatto il Papa era così protetto da Carlo, ma anche suo ostaggio, in quanto molte delle decisioni pontificie erano direttamente influenzate dal re angioino. Probabilmente, nel corso delle sue frequenti meditazioni, dovette pervenire, poco a poco, alla decisione di abbandonare il suo incarico. In ciò sostenuto forse anche dal parere del cardinal Caetani, esperto di diritto canonico, il quale riteneva pienamente legittima una rinuncia al pontificato.

In effetti il Sannita Celestino V dimostrò una notevole ingenuità nella gestione amministrativa della Chiesa, ingenuità che, unitamente ad una considerevole ignoranza (nei concistori si parlava in volgare, non conoscendo egli a sufficienza la lingua latina) fece precipitare l'amministrazione in uno stato confusionale, giungendo persino ad assegnare il medesimo beneficio a più di un richiedente.

Circa 4 mesi dopo la sua incoronazione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo avanzati da Carlo d'Angiò, il 13 dicembre 1294 Celestino V, nel corso di un concistoro, diede lettura di una bolla nella quale si contemplava la possibilità di una rinuncia all'ufficio di romano pontefice. 11 giorni dopo le sue dimissioni il conclave, riunito a Napoli in Castel Nuovo, elesse Benedetto Caetani nuovo papa, che aveva 64 anni circa ed assunse il nome di Bonifacio VIII. Caetani, che aveva aiutato Celestino V nel suo intento di dimettersi, temendo uno scisma da parte dei cardinali filo-francesi a lui contrari mediante la rimessa in trono di Celestino, diede disposizioni affinché l'anziano monaco fosse messo sotto controllo, per evitare un rapimento da parte dei suoi nemici. Celestino tentò invano di farsi ascoltare dal Caetani chiedendo di lasciarlo partire, ma questi restò fermo sulle sue decisioni. Celestino si rese conto dell'inutilità delle sue richieste e mentre veniva portato via sussurrò una frase rivolta al Caetani che sembrò essere un presagio: «Hai ottenuto il Papato come una volpe, regnerai come un leone, morirai come un cane».

Per i nobili Caetani un papa come il povero Sannita era quasi una cosa blasfema e lo appoggiarono solo per preparare le mosse più adatte per la conquista del potere papale come avvenne. Qualcuno suppone che anche le dimissioni di Benedetto XVI siano state volute per preparare l’'elezione di uno dei pochi papabili dei cardinali indicati. Per la morte del "Papa del Gran Rifiuto" si fecero accuse come quella che Bonifacio ne avrebbe ordinato l'assassinio, il Papa in realtà ne ordinò l'arresto che ne causò la morte. Il cranio di Celestino presenta un foro che, secondo alcuni, potrebbe essere la conseguenza di un ascesso di sangue. Due perizie sulla salma datate 1313 e 1888 rilevarono la presenza di un foro corrispondente a quello producibile da un chiodo di 10 cm. La morte improvvisa di Papa Luciani pure ha fatto ipotizzare molto i contemporanei come riferisce il già dirigente scolastico patavino, Luigi Spolaore, che il papa veneto lo ha conosciuto da vicino. Qualcuno ha fatto il film con connessioni tra Ior e "Il Padrino", ecc.

La vita tormentata di questo poverissimo papa del Sannio, Celestino V, non è così lontana dai problemi noti e volutamente occultati presenti nei flussi d'ingresso e d'uscita del Vaticano, che è lo Stato più piccolo del mondo, ma è anche il più potente per l'Autorità morale del Papa. Essa influenza i colleghi dall'ermellino rosso dove il papa è primo tra pari, oltre 5 mila vescovi, quasi 400 mila sacerdoti, oltre 500 mila suore, tanti frati, comitati pastorali, azioni cattoliche, partiti cattolici, teologia della liberazione, crac finanziari, ospedali cattolici, università cattoliche, tante e tante chiese, basiliche, monasteri, missioni in Africa (una è stata diretta da un vescovo emerito di conoscenza diretta dello scrivente) e nel lontano Oriente da indirizzare e sovvenzionare di Cina ed India da capire meglio e convertire dov'è possibile. I problemi dello Stato del Vaticano sono più complessi di qualunque stato nazionale e le lotte di potere come le grandi vedute universali sono là concentrate, là in quella Roma che fu caput mundi. Roma è centro della cristianità mondiale con oltre 1,5 miliardi di fedeli guidati da vescovi e sacerdoti con forte calo dei preti e aumento dei diaconi.

L'ecologia umana permette di ridurre la separazione tra saperi scientifici ed umanistici anche su Celetino V, mentre la chiesa universale romana giudica liturgie campanilistiche le diverse ipotesi sul luogo di nascita del papa Sannita. La sacralità, espressa in lingua osca, dall'incensiere di Colle d'Anchise e dalla Tavola Osca di Capracotta fanno ipotizzare un humus culturale sannitico di Celestino V.


Giuseppe Pace

 

Fonte: https://caserta24ore.altervista.org/, 6 settembre 2019.

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