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Don Elio Venditti ha corretto uno strafalcione!


Comparazione della lapide sulla prima colonna di sinistra.

D. O. M.

DIE XIV M(ensis) SEPTEMB(ris) A(nno) D(omini) MDCCLV

ILL(ustrissi)MUS AC R(everendissi)MUS D(omi)N(u)S D(on) JOSEPH CARAFA

EP(iscop)US TRIVENTINUS TEMPLUM HOC CUM

ARA PRINCIPE STATO RITU CONSECRAVIT.

ANNIVERSARIUM VERO DIEM FESTUM AD

QUARTAM DOMINICAM MENSIS AUGUSTI

CUM CONSUETIS INDULGENTIIS

TRANSTULIT


Colui che si appresta ad entrare nella Chiesa Madre di Capracotta si ritroverà di fronte, sulla prima colonna di sinistra della navata centrale, una grande lapide commemorativa a cornice mistilinea che presenta l'epigrafe appena trascritta. Proseguendo verso la navata laterale di destra egli troverà una lapide gemella, con un'iscrizione diversa nel contenuto ma identica nello stile.

Le pietre raccontano infatti due momenti della storia moderna della nostra chiesa: la prima si riferisce alla consacrazione ufficiale del tempio e del suo altare maggiore, avvenuta il 14 settembre 1755 per mano del vescovo Giuseppe Carafa Spinola; la seconda si riferisce al titolo di "insigne collegiata", riconosciuto alla nostra chiesa nel 1756 da mons. Giuseppe Pitocco, succeduto al Carafa, che a luglio era stato nominato vescovo di Mileto.

Don Elio Venditti ha il merito di aver corretto recentemente entrambe le iscrizioni presenti sulle due lapidi poiché, almeno dal 1979, presentavano diversi errori formali e sostanziali. Si pensi che pochi anni or sono le epigrafi furono oggetto di restauro arbitrario da parte di un volenteroso cittadino capracottese, molto bravo nell'arte manuale ma digiuno di latino. Se la lapide di sinistra non presenta grosse discrepanze con la versione precedente, in quella di destra l'errore era madornale. Sulla pietra in questione, infatti, oggi si legge:


D. O. M.

RESTAURATO HOC SAGRO TEMPLO

DEIPARÆ ASSUMPTÆ DICATO

ILL(ustrissi)MUS AC E(mintentissi)MUS D(omi)N(u)S D(on) JOSEPH PITOCCO

EPI(scopus) TRIVENTINUS IN DIE VII M(ensis) SEPTEMBRIS

MDCCLVI MUNIFICENTI ANIMO DUODENOS

EIUSDEM TEMPLI REVERENDOS

PRESBÝTEROS INSIGNE

DECORAVIT


Comparazione della lapide sulla prima colonna di destra.

Sorvolando sull'aggettivo «sagro» - che trovo più corretto nella forma classica - e sull'inchiostro nero, meno elegante del vecchio oro zecchino, nella precedente epigrafe si leggeva uno sgrammaticato «sub Pie VII» (sotto Pio VII), invece di «in die VII» (nel giorno 7), come a dire che il titolo collegiale era stato riconosciuto sotto Barnaba Chiaramonti, salito al soglio pontificio quasi mezzo secolo dopo la realizzazione della lapide commemorativa! Insomma, don Elio Venditti, in questo caso, ha giustamente corretto uno strafalcione storico che per anni è stato sotto gli occhi di tutti.

Il clero e il popolo capracottesi furono infatti invisi al vescovo Fortunato Palumbo per tutto il suo mandato episcopale (1736-1753), mentre con Carafa e Pitocco i rapporti "politici" tra il capitolo di Capracotta e la diocesi di Trivento furono improntati a una maggiore distensione, giacché questi religiosi si preoccuparono di rivalutare le prebende dei canonici e dei mansionari, di ammodernare gli arredi sacri e di curare l'aggiornamento delle linee pastorali in applicazione del Concilio di Trento.


Francesco Mendozzi

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