In contrada Macchia esiste la Fonte del Duca, un "nobile" fontanile, tra i più distanti dall'abitato di Capracotta, dirigendosi ad est, il cui nome è dovuto al fatto che si trovava all'interno dei possedimenti del Duca di Capracotta.
Grazie a due piante topografiche redatte il 31 ottobre 1812 dagli agrimensori Saverio Pulcino e Matteo Mascioli, siamo in grado di aggiungere ulteriori dettagli storici, geografici e toponomastici.
La prima cartografia descrive, con dovizia di particolari, gli «ex feudi di Cannavina, Cannavinello, Macchia, Ortojaniro e Guastra di proprietà della Duchessa di Capracotta», la cui realizzazione è diretta conseguenza delle leggi napoleoniche che, al fine di abbattere la feudalità, portarono a una nuova divisione dei demani.
L'intendente provinciale incaricato della ripartizione era Biase Zurlo (qui), il cui lavoro implicava due operazioni distinte: la prima consisteva nel dividere le terre ex feudali tra baroni e comuni con lo scioglimento delle promiscuità, ossia la ripartizione dei demani tra comuni limitrofi e il ripristino dei confini modificati dalle usurpazioni; il secondo riguardava la divisione in quote delle terre spettanti a ciascun comune e la loro assegnazione ai richiedenti.
Per quanto concerne Capracotta, i territori da ripartire e da riassegnare erano detenuti da donna Maria Angela Rosa de Riso dei Baroni di Carpinone, che li aveva ereditati dal marito Carlo Capece Piscicelli, 6° Duca di Capracotta, morto il 23 settembre 1799. La porzione di territorio in suo possesso era piuttosto ampia e comprendeva 6 feudi, 2 dei quali interamente boscosi (Cannavina e Cannavinello). Il feudo più esteso era quello di Orto Ianiro (1.382 tomoli), seguito da Macchia (1.333), Guastra (1.011) e Difesa di Guastra (207).
In questa vasta fetta di territorio - che proprio in virtù delle leggi di eversione della feudalità appartiene oggi al Comune di Capracotta - ricadevano alcune fonti che ancor oggi gettano acqua ed altre che evidentemente non esistono più. Tra le prime vi sono:
Fonte Ariente;
Fonte Cupello;
Fonte dell'Eremita;
Fonte del Forno;
Fonte della Gravara;
Fonte Guagnarda;
Fonte della Lama;
Fonte dei Pezzenti;
Fonte di S. Giovanni.
Bisogna precisare che quella che chiamiamo Fonte Cupello era allora segnata come Fonte delle Cupelle, probabilmente dal latino cupella, che significa "piccolo vaso". Diverso il discorso per la Fonte Ariente, che nel 1812 si chiamava Fonte d'Argenzio, forse in onore di quel nobile casato capuano, il cui discendente Decio d'Argenzio, nel 1582, era stato «Capitano d'Infanteria sotto 'l Colonnello D. Francesco Carafa». Questa fonte si trova al di sotto della Gravara, termine prelatino (grava) che sta per "ghiaieto". Grazie al lavoro degli agrimensori Pulcino e Mascioli scopriamo poi alcune fonti di cui ignoravamo l'esistenza, come:
Fonte del Colle Bell'Apete;
Fonte dello Iaccio del Bove;
Fonte del Lupo;
Fonte del Meluccio;
Fonte del Pisciariello;
Fonte di S. Maria;
Fonte del Trocco di Lemme;
Fonte del Tremolizzo;
Fonte della Vallecona;
Fonte della Veticara;
Pescara;
Pozzo d'Incagno.
Mancano all'appello la Fonte della Cannavina, la Fonte di Guastra, la Fonte di Jennaruccio e la Fonte del Passo della Regina, messe in opera nella prima metà del XX secolo.
Per quanto riguarda i casalini di Guastra e Macchia, vengono indicati i cosiddetti «Molini del Duca» nel punto più depresso del territorio capracottese (796 m.s.l.m.), sulle sponde del Verrino, e una grande «Massaria della Macchia» in prossimità della Fonte di S. Maria, da cui si dipartiva la strada per Agnone. La dedicazione di una fonte alla Madonna fa pensare che l'antico feudo di S. Maria Caprara fosse probabilmente situato nelle vicinanze.
La seconda cartografia mostra invece i 3 feudi meridionali di «Monteforte, Paduli e Ospidaletto», anch'essi di proprietà della Duchessa di Capracotta, il più esteso dei quali è ovviamente Monteforte (1.474 tomoli), a cui è accorpato Paduli, seguito dall'Ospedaletto (838). Anche in questo caso leggiamo di fonti svanite nel nulla e di altre tuttora esistenti, come ad esempio:
Fonte dell'Acqua Nera;
Fonte del Galluccio;
Fonte dell'Ospedaletto;
Fonte delli Prati;
Fonte della Terravecchia;
Lago Spadone.
Una delle cose sorprendenti contenute in questa seconda carta sta nei toponimi andati perduti e che sarebbe interessante recuperare, sia in chiave narrativa sia in vista di una nuova sentieristica dal sapore archeologico. I due agrimensori hanno infatti indicato 7 fonti supplementari di cui s'è persa memoria e posizione:
Fonte del Padulone;
Fonte della Parchesana;
Fonte di Pietra Campanile;
Fonte di Pietra Pomponio;
Fonte della Pignatara;
Fonte di S. Simmaco;
Fonte Vecchia.
L'unica fonte a restar fuori è quella della Morgia, che probabilmente ha sostituito nel nome la Fonte della Parchesana.
Tuttavia un altro elemento che attira la nostra attenzione è la «Terra diruta dell'Ospedaletto», che pare far coppia con la «Terra diruta di S. Nicola» presente sulla prima mappa, in un continuum spazio-temporale che ci porta dritti alle escursioni storico-letterarie (qui) sul territorio capracottese che abbiamo incominciato l'anno scorso alla ricerca di nuove tracce e di nuove interpretazioni in grado di chiarire remoti irrisolti dilemmi...
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
V. Coronelli, Biblioteca universale sacro-profana, libro IV, Tivani, Venezia 1703;
D. D'Andrea, Sul filo della memoria, a cura di V. Di Nardo, Capracotta 2016;
M. De Giovanni, Molise, Pacini, Pisa 2003;
F. Jovine, Il Molise, in Touring Club Italiano, Abruzzo e Molise, vol. XIV, Bertieri, Milano 1948;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016.
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