Il secondo fratello di Lucia, Adamo Fiore, comunemente chiamato Fiore, faceva il capraio e portava al pascolo sempre con sé il figlio Emilio che, al pari del figlio di Irene, aveva preso il nome del nonno. Fiore aveva infatti sposato Giovannina Serlenga che morì a soli 43 anni; dalla loro unione erano nati Antonietta, Maria Rosa, Emilio e Lucio Antonio. Solo la prima figlia visse abbastanza a lungo da metter su famiglia, ma di lei si sono perse le tracce.
A Capracotta ogni famiglia possedeva una capra, dimorante nella stalla, il più delle volte posta nella parte più bassa della casa, sia per contribuire al riscaldamento dell'abitazione sovrastante, sia per facilitare la mungitura quotidiana, passando così per le scale interne senza dover uscire in inverno sulla neve e sul ghiaccio.
Fiore portava al pascolo fino a duecento capre. Ricordo questo favoloso avvenimento quotidiano, quando al mattino il capraio faceva il giro interno del paese suonando il corno, per avvertire i proprietari di capre affinché liberassero le bestie e gliele lasciassero in custodia. Le capre, svelte svelte, uscivano ognuna dalla propria stalla in un tintinnio di campanelli squillanti e di belati a tono variato.
Che meraviglia vedere quel torrente caprino dai colori cangianti, dal bianco al marrone al nocciola al nero, punteggiato di ciuffi rossastri! E quel battere di zoccoli! Le vedevo partire verso la Guardata come un treno che sfreccia, lasciando una scia di gioia fatta di suoni, di polvere e di colori. Tenerissimi anche i nomi: Zerella, Bianchina, Peppenella... Credo che ci fosse molto amore verso quelle capre diventate, per ognuna di quelle donne, parte della propria famiglia. Al mattino la colazione era costituita da pane locale - molti avevano il forno in casa, altri lo producevano presso i forni a legna con farine locali - e latte appena munto.
Erano sempre i caprai che si occupavano dell'accoppiamento degli animali, visto che possedevano il becco (zùrre), il maschio della capra, acquistato alla fiera degli animali dell'8 settembre, dove lo rivendevano dopo che, durante l'anno precedente, aveva montato non meno di duecento capre. Ricordo con vividezza l'odore asfissiante del caprone. Il capraio veniva pagato su base mensile per ogni bestia affidatagli e/o per ogni accoppiamento che avesse dato vita a splendide caprette.
Fiore e il giovanissimo Emilio morirono durante la Seconda guerra mondiale. Mentre pascolavano il gregge in località Difesa, a circa tre chilometri dal paese, calpestarono una mina o un proiettile inesploso, restando uccisi sul colpo. È anche possibile che a ucciderli fosse stata una granata sparata dall'altra sponda del fiume Sangro, dove erano acquartierate le truppe tedesche. Le capre tornarono da sole in paese, ognuna nella propria stalla, tanto che i capracottesi si allarmarono e partirono alla ricerca dei due caprai. La morte di Emilione e di Fiore, così come la fuga di Francesco, porteranno a una situazione inedita che lascerà tre donne, Marosa e le figlie Lucia e Irene, a inventarsi molte attività per sopravvivere.
Antonio D'Andrea
Fonte: A. D'Andrea, La pecora che miagola perde il boccone. L'immensa eredità di Lucia di Milione: strega, amazzone e sacerdotessa di Capracotta, Youcanprint, Lecce 2019.
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