Capracotta (Isernia).
Stavano seduti davanti a un bicchiere di birra allo Sci Club. Il funzionario postale, il benzinaio, altri sette o otto amici. Era sei settimane fa. Il jackpot andava sui venti miliardi e uno del gruppo fece la proposta: mettiamo diecimila lire a testa e vediamo se ci va bene. Oggi sono diventati più di trecento, in rappresentanza dell'intero paese, almeno un giocatore per famiglia, compresi don Geremia il parroco e il sindaco. Raccolgono soldi nei bar (tre), dal benzinaio (uno) e allo Sci Club. Alle sette di ieri sera avevano messo insieme sui due milioni, ma si va avanti anche stamattina. Fino a quando il funzionario postale Antonio Potena, quello che ebbe l'idea mentre parlava con gli amici e adesso ha l'incarico di compilare la schedina, non si metterà in macchina e andrà al paese giù giù, perché qui non c'è nemmeno una ricevitoria.
Così Capracotta - provincia di Isernia, 1.400 metri di altezza, 1.200 abitanti all'anagrafe ma novecento residenti divisi in circa trecento famiglie - investe sul Superenalotto e sul proprio futuro. Perché qui non c'è uno che speri di diventare miliardario per farsi la villa o trasferirisi ai Caraibi o mandare alla malora il capufficio e roba del genere. Si sono fatti prendere tutti da un sogno che sanno benissimo che è un sogno: investire i miliardi di un eventuale "sei" per aprire una fabbrica che possa dar lavoro ai disoccupati che ci sono in paese (pochi perché pochi sono i giovani rimasti) e ai tanti che da Capracotta sono partiti per andare a lavorare a Milano, Roma oppure all'estero. Dice Antonio Potena che «noi siamo gente di montagna, e quindi siamo testardi. D'accordo il Superenalotto, ma stiamo anche pensando di autotassarci con un milione a famiglia e cercare di mettere comunque in piedi qualcosa». Ne parla con il sindaco, Candido Paglione, e quello gli dice che per lui va bene e che, anzi, «si potrebbe anche provare la strada dei boc (buoni ordinari comunali, ndr)» e far fruttare il denaro raccolto.
Intanto, però, il primo pensiero resta lui, l'irraggiungibile jackpot. E allora giù a compilare schedine: un sistema di 808 colonne con sedici numeri che costa 646 mila lire, e con il resto dei soldi altri sistemi integrali da dieci numeri e poi qualche giocata al Lotto (un paio di settimane fa hanno anche vinto 400 mila lire con un ambo) e al Totogol. Il tutto minuziosamente documentato su due o tre fogli esposti in bacheca allo Sci Club, con l'elenco dei numeri giocati e dei giocatori, con nome cognome e pure il soprannome. L'unico che manca è quello di Mario Comegna, il solo abitante di Capracotta che si è tenuto fuori da questa storia. C'è invece quello di donna Maria, la signora che sta al bar del circolo. «E che dobbiamo fare? Ci proviamo», dice. E aggiunge: «Qui di opportunità di guadagno non ne sono rimaste molte. Solo un paio di falegnamerie e nient'altro. Che speranze possiamo avere?». Ma allora ci contate davvero? Antonio Potena sorride: «Siamo come tutti: aspiranti miliardari fino all'estrazione. Ma comunque vada resta un gioco ed è divertente. Anzi, tra due settimane con una parte dei soldi raccolti faremo una grande festa. Con le nostre specialità: porchetta, agnello e formaggio».
Fulvio Bufi
Fonte: F. Bufi, Un intero paese va a scommettere, in «Corriere della Sera», Milano, 31 ottobre 1998.
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