Il mio lavoro di ricerca, dopo Macchia Strinata, si focalizza su un abitato abbandonato, sito nel territorio comunale di Capracotta: Monteforte. Questo, insieme a Macchia, appartiene al Comune di Capracotta perché entrambi posseduti dalla famiglia d'Evoli di Castropignano e facenti parte della stessa curia baronale.
La collina Colle Parchesciana, con il toponimo di Terra Vecchia, dove insistono i resti dell'abitato, è posta a sud dei territori di Vastogirardi ed Agnone.
Una prima descrizione in ordine di tempo di questo territorio viene data dal geografo Al-Idrīsī nella seconda metà del dodicesimo secolo. Nel descrivere gli itinerari e le diverse località del mondo conosciuto nel suo libro geografico "Libro del Re Ruggero" esamina l'area in oggetto, luogo di confine tra i territori normanni del Principato di Capua e del Ducato di Puglia. In esso cita Agnone, Monte del Melo (Monte Miglio) e Li Cerri e li pone ai piedi del «gabal 'awlad b.rral», cioè ai piedi del monte dei figli dei Borrello.
In quest'epoca i signori di quest'area sono i Borrello, una famiglia comitale di origine franca discendente dai conti di Valva.
I «Burrelli filii», essendo attori partecipi nelle vicende della conquista normanna, inserendosi abilmente nel gioco politico, in alterne alleanze con i signori longobardi di Benevento e di Salerno e, più tardi, con i Normanni, riescono ad estendere il loro dominio in questa parte dei Molise e del contiguo Abruzzo.
Gualterio figlio di Borrello III dona nel febbraio del 1083 al monaco Giovanni eremita la chiesa di S. Nicola di Vallesorda «ubi capite Berrino bocatur». Questo territorio confina con Monteforte, ed intorno alla pieve si svilupperà il Casale di Vallesorda presso la «fonte que vocatur Spongia» in «Monte Capraru».
Nel Catalogus Baronum contemporaneo al Libro di Re Ruggero viene censito il feudo di Monteforte. Il barone signore è Guglielmo de Anglono (filii Burrelli) che lo tiene in suffeudo dal conte Ugone II di Molise. «Tenet de predicto Comite Hugone Castellum judicis, et Monte fortem et Anglonum quod est feudum VIIJ militum et cum augmento obtulit milites XVJ et Serventes XVJ». Tiene come suoi vassalli e curia baronale: Tancredi di Civitella e suo fratello per Civitella, sito ad est di Agnone, Iozzolino di Caccabono per [...], Roberto di Macchia e suo fratello per Macchia Strinata, Gentile Senebaldo per Castelnuovo sito a nord di Civitella, Gualterio barone per Castel Barone sito a Monte Castelbarone, Roberto del Vasto per Vastogirardi, ed infine Gualterio Bodano per Capracotta.
Il fratello Horrisius, feudatario di Simone di Sangro (dei Borrello), tiene in feudo, nell'area agnonense, Castiglione Messer Marino, Belmonte, Rocca dell'Abate e nella valle sangrina Fallo, Civitaluparella e Pescasseroli.
Guglielmo tiene in dominio diretto i feudi strategici di primaria importanza. Il primo, Agnone, perché è il nucleo demico più numeroso e ricco ed è anche percorso da un braccio tratturale. Il secondo, Castel del Giudice, perché è cerniera e controllo di due bracci tratturali, di un tratturo e di una via che segue il fiume Sangro ed infine il terzo, la nostra Monteforte, perché punto di transito e di controllo tra la valle del Verrino, da Agnone, e la valle del Trigno (Vastogirardi), strada che conduce rapidamente al tratturo Celano-Foggia. Nell'alto Medioevo la migrazione armentizia subisce forzatamente una sosta, causata dalle continue invasioni, dalla conseguente scarsa sicurezza delle vie, dalla povertà e dallo spopolamento verificatisi nei primi secoli. Con l'avvento dei Normanni, nella Puglia liberata dalla occupazione bizantina, rinasce l'attività pastorale. Nel XII secolo la nuova unità territoriale del "Regnum" permette il riavvio della transumanza invernale.
Questo istogramma desunto dal Catalugus Baronum mette in relazione i valori reddituali espressi in militi tra i feudi dei paesi limitrofi a Monteforte. Quest'ultimo, sommato a Castel del Giudice ed Agnone, dà 8 militi. Il rapporto è di 1 milite per 24 fuochi o famiglie. Analizzando bene il valore di quest'abitato dovrebbe essere tra 0,5 ed 1 milite considerando la successiva estrapolazione dei dati dalle subventio angioine e dalle decime ecclesiastiche del XIV secolo. Valore che corrisponde ad una popolazione tra le 50 e le 100 anime.
Da documenti tratti dall'Archivio di Montecassino abbiamo notizia che nel 1272 il Comestabulo Roberto di Agnone vende alla chiesa di S. Giovanni di Monte Capraro un terreno del territorio di Monteforte chiamato «li Valluni» e che nel 1276 concede due parti delle Vicende dello Spineto sito nella stesso luogo. I documenti sono redatti nel vicino Casale di S. Nicola in Vallesorda, che è feudo ecclesiastico della prepositura cassinense di S. Pietro Avellana.
Nella subventio generalis del 1277 la tassazione angioina, ridotta in grani, mostra un rapporto di grandezza «pro propria facultatis» tra i vari abitati limitrofi ed il nostro centro.
Monteforte è tassata per 4 once 19 tarì e 4 grani che corrisponde a 2.784 grani. I fuochi nel 1277 sono circa 92 con una popolazione presunta di 400 anime.
Monteforte risulta tra quelle con minore gettito fiscale, tra le meno ricche e le meno popolose, quindi con meno fuochi.
Analizzando la successiva della 1320, dove la tassazione è ridotta questa volta dal valore monetario al presunto numero dei fuochi. Ricordiamoci che i singoli abitati pagano ognuno a seconda della propria facoltà (ricchezza) e non necessariamente i più ricchi sono quelli più abitati. Per questo calcolo ci siamo attenuti, come ipotesi interpretativa, a quella del Filangieri, che ci pare più documentata e plausibile, dove le Università comprese sotto le 50 once di rendita vengono tassate per 30 grana a fuoco.
Monteforte è tassata per 4 once 24 tarì e 16 grana. In quarantatré anni la tassazione è quasi invariata, e si presume quindi anche il numero della popolazione abitante sia rimasta costante.
Monteforte possiede 96 fuochi, Capracotta 160, Macchia Strinata 180, Castrum Gerardi 66, mentre Agnone è la più numerosa con 918 fuochi. Considerando 4,5 persone per nucleo famigliare o fuoco, il nostro abitato possedeva 432 anime mentre Agnone 4.131, vera cittadina in rapida crescita sia in popolazione che in ricchezza.
Nelle decime ecclesiastiche del 1328 i chierici di Monteforte pagano 3 tarì, la tassazione più bassa presente nel grafico. Ciò a conferma ancora che l'abitato è tra i meno ricchi sia di rendite che di popolazione.
Altre notizie si hanno dai Notamenta del De Lellis, tratte dagli Archivi Angioini perduti. Dalla regestazione si ha che: nel 1309 il milite Corrado di Montagano padre di Francesco acquista da Guglielmo Bodano Capracotta e Monteforte. Nel 1316 paga l'adoa «pro tertia parte Castri Capracotta» e «pro quarta parte Montis Fortis». Nel 1320 succede al padre come erede Francesco figlio di Corrado e «pro medietate ad [...] Castris Montis agani, medietatis Castri Friseloni, et pro Peslo Lanzani cum Casali s. Blasj sub servitio unc. unius e tt. 15, tertia parte Castri Capracotte, quarta parte Montis fortis, et Castri Clauius et medietate Castri Montis Luponis tt. 28 et gr. 5». Nel 1327 «pro feudali servitio tertia parte Caprecotte sub adhoa tarì 3, pro 4° parte Montis Fortis sub adoha tarì 1.10». Nel 1331 «tertia parte castri Capracotte sub adhoa tarì 3, quarta parte Montis Fortis sub adhoa tarì 1 et grana 5». Compra nello stesso anno da Costanza consorte di Corrado di Agnone un altro quarto del feudo di Monteforte «sub Adhoa» di tarì 1 e grana 5. Nel 1335 muore Francesco e gli succede il figlio primogenito Corrado che paga l'adoa tarì 3 gr. 10 per metà di Monteforte e l'anno successivo paga il relevio «medietatis Castris Montisfortis» insieme al resto della curia baronale once 1 e tarì 15.
Da queste notizie abbiamo una parziale ricostruzione della successione feudale per Monteforte:
1272, Roberto d’Agnone;
ante 1309, Guglielmo Bodano 1/4;
1309-1320, Corrado di Monte Agano 1/4 e Corrado di Agnone 1/4;
1320-1331, Francesco di Monte Agano 1/4 e Corrado di Agnone 1/4;
1331-1335, Corrado di Monte Agano 1/2;
1417, Antonello d'Evoli.
Se analizziamo il rapporto del valore ridotto in grani del feudo dell'adoa del 1327 con quello limitrofo di Capracotta ed i dati desunti dalla subventio 1277 e della subventio del 1320 del rapporto di "grandezza e ricchezza" con Capracotta, risulta mediamente poco meno che doppia come rendita di servizio che il feudatario deve al Re ed ancor di meno come fuochi:
subventio 1277, Capracotta/Monteforte 2.082/1.013 = 2,05;
subventio 1320, Capracotta/Monteforte 4.807/2.896 = 1,65;
adoa 1331, Capracotta/Monteforte 180/100 = 1,8.
All'inizio del XIV secolo Monteforte è un centro abitato di modeste dimensioni e ricchezza. Nella metà del secolo una catastrofica pandemia sia in proporzione che in intensità depaupera il quadro demografico della popolazione europea. La micidiale peste bubbonica, conosciuta come la peste nera, tocca altissime punte di mortalità tra i contagiati, si stima superiore all'80%, ridimensionando la popolazione italiana da 11 milioni del 1300 a 8 milioni del 1350. La peste nera epidemica dal 1348-50 innesta carestie alimentari e infezioni periodiche nei decenni a seguire. Molte Università, soprattutto quelle più piccole, vengono abbandonate. Il morbo non lascia adito a fortuite incolumità.
Nel 1417 Antonello d'Evoli si impossessa di Speronasino, Castropignano, castro Monteforte e di Capracotta. Un secolo dopo, pochi paesi sono presenti nella numerazione dei fuochi aragonese del 1443. I più popolosi sopravvivono con un forte calo demografico. Nell'area in esame 17 paesi sopravvivono su 35 elencati. La metà è abbandonata.
Monteforte è disabitata, deserta.
Nell'elenco della Terre della prima numerazione dei fuochi aragonese del 1443, trascritta nel "Liber focorum Regni Neapolis" conservato nella Biblioteca Berio di Genova, viene citata «exab. Mons Fortis erat et est tar. 10» insieme a Mons Millulus, la vicina Monte Miglio. Il libro è uno strumento fiscale predisposto prima del 1456 e dopo il 1449. Le cifre del «que erat» sono riferite alla tassazione del 1447 e quelle «que est» del 1449, che sono coincidenti con la prima numerazione del 1443. In entrambe le tassazioni il valore è di 10 tarì; oramai è un feudo rustico ed il signore è Antonello d'Evoli. La quale famiglia la possiede per altri due secoli.
La nostra survey sui resti dell'abitato accerta la modesta estensione e piccolezza confermata dalla documentazione rimasta. Si ha l'impressione che sia Monteforte più un incastellamento di controllo e a funzione militare come Speronasino, che un paese in funzione abitativa come Macchia o Capracotta.
Giosa Menna
Fonte: https://giosamenna.wordpress.com/, 1 giugno 2018.
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