top of page

La presenza di una Donna da sempre in mezzo a noi


Madonna di Loreto Capracotta
La Madonna di Loreto di Capracotta (foto: A. Mendozzi).

Se si aprisse il cuore di un capracottese vi si troverebbe inciso un nome: "Madonna di Loreto", con le lettere dell'alfabeto dell'amore. Incancellabili proprio come è incancellabile l'amore. La Madonna di Loreto la portiamo dentro di noi come la realtà più amata e più amabile; come una notizia meravigliosa che stiamo per rivelare e ci sorridono gli occhi. Anzi, ci sfavillano come vi si riflettessero tutte le stelle del firmamento.

La sentiamo nostra "conterranea", nata in mezzo a noi, iscritta alla nostra anagrafe. Ma la sentiamo soprattutto come la nostra "contemporanea". Porta i suoi anni con la leggerezza di una piuma. Essa va, come incontro ai secoli, li ringiovanisce; li fa perfino innamorare. Forse, siamo noi che dobbiamo essere suoi contemporanei. In principio, c'era la Madre. Come a dire: «C'era la vita».

E alla fine? Ammesso che possa esserci una fine e non un fine, beh - alla fine - ci sarà ancora e sempre la Madre.

Ci affascina e ci seduce il suo "giovane splendore". Quando mi incammino verso il suo Santuario lì, in mezzo ai pini odorosi e il vento soffia tra i loro rami come se fossero canne d'organo e ne trae sublimi accordi con la sinfonia del Creato, la saluto da lontano come «la creatura più giovane del genere umano».

È la "protettrice dei viaggi" la Madonna di Loreto. Una viaggiatrice e pellegrina anch'essa. Da sempre amo invocarla con la stessa parola dei cristiani d'Oriente: odigitria, colei che "addita la via". Ma è anche la donna del primo passo. I suoi spostamenti sono tutti segnati nel Vangelo di Luca e sono tutti in salita: verso la "pietrosa" Betlemme; verso Hain Karin, lì, tra le aspre giogaie dei monti di Giuda; verso Gerusalemme, la città posta sull'altura di Sion; verso il Calvario, il monte della "sfigurazione" del suo Figlio e verso il Rabor, il monte della "rara" sfigurazione. Sulla sua agenda di viaggio è annotato l'"espatrio clandestino" in terra d'Egitto e ritorno in Palestina, con il "foglio di via" rilasciato dall'Angelo del Signore: «Và, torna nella terra dei tuoi padri perché è morto il re, che attentava alla vita del Bambino».

La Madonna di Loreto? Una itinerante. E chi dopo di Lei è più itinerante di un capracottese?

A lui essa addita la via per le "partenze dolorose" e indica la via per i sospirati ritorni. Itineranti per vocazione prima e per necessità poi lungo tutte le strade del mondo, i figli di Capracotta portano sempre nella loro valigia il "lievito amaro" della nostalgia. Nostalgia delle radici! Le radici e le fondamenta sono la stessa cosa. Servono a rendere stabili la casa e l'albero, quando la voria soffia con rabbiosa violenza.

Una tradizione rabbinica racconta di un gruppo di giovani che chiedono ad un anziano rabbino:

Quando ha avuto inizio l'esilio degli ebrei?

E il rabbino risponde:

Quando Israele non ebbe più a soffrire del fatto di essere in esilio.

È vero, l'esilio comincia non quando si lascia la patria ma quando nel cuore non c'è più la struggente nostalgia della patria lontana; quando ci si adagia nella piattezza di una vita senza fremiti, senza l'attesa di un ritorno, senza neppure il sobbalzo di un ricordo. Ma chi non ricorda è condannato a non vivere.

A un capracottese basta richiamare all'orecchio il tinnulo suono di una delle campane per ridestare nel cuore il ricordo del suo paese con le sue piazze, i suoi vicoli, le sue chiese e, in modo più vibrante, quella della Madonna di Loreto.

Fu costruito a spese dei pastori, uomini con il cuore fatto buono dal guardare le stelle e con gli occhi fatti miti dalla viva lana di pecore erranti. Era il 1700, il secolo in cui Capracotta traeva dalla pastorizia il suo maggiore incremento economico e segnò il suo boom demografico. Faceva ormai fatica a rimanere "entro la cerchia delle antiche mura".

La civiltà della pastorizia stimolò una gran voglia di vivere e l'apertura alla speranza, che fidanza un popolo con il suo futuro. I pastori dotarono la "loro" Chiesa di una ingente ricchezza: 15.577 capi di ovini. Era l'anno 1794 quando fu iscritta nei registri della Dogana di Foggia (da cui dipendeva, in quel tempo, il Molise) con una connotazione del tutto atipica sul piano amministrativo: "azienda armentizia".

La chiesa "Madonna di Loreto" promossa cooperativa di mutuo soccorso fino a svolgere attività creditizie. «L'Europa al dire di Goethe nacque durante un pellegrinaggio e il Cristianesimo fu la sua lingua materna». E il nostro Molise? È nato durante la transumanza (trans humus = passare da una terra all'altra).

Un pellegrinaggio sui generis anch'esso, sostenuto da una presenza materna, che rende sicuro il cammino e certa la meta, lungo l'iter tractorium, designato e tracciato sulle curve delle colline, sulla sinuosità delle vallate, sempre vicino ai corsi d'acqua. Ha cento metri di larghezza il tratturo. Molto più di una autostrada. Vi transitavano in media 3 milioni di ovini. Come non ricordare D'Annunzio nella lirica dedicata ai pastori? «E vanno per il tratturo / antico al piano / quasi per un erbal fiume silente / su le vestigia degli antichi padri».

Andavano i nostri pastori, sorretti da un'incrollabile fede in colei che "addita la via". La fede insegna ad aver coraggio, insegna a vivere non a sopravvivere. I piedi eran ben piantati sulla terra ma gli occhi erano rivolti verso l'alto, miravano il cielo.

La Madonna di Loreto ha dimestichezza con il cielo, non è senza motivo che Benedetto XV l'abbia proclamata Patrona degli aviatori.

L'astronauta McDivitt volle portare con sé, in volo verso la luna con la sua navicella spaziale, l'immagine della Madonna di Loreto. La volle nella carlinga del suo aereo l'aviatore americano Lindberg nella prima trasvolata da New York a Bourget, in Francia, nel 1927: 33 ore e 39 minuti.

Si racconta che la casa della Madonna di Loreto fu portata di peso da Nazareth a Loreto da un nugolo di angeli, nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294. Lì a Nazareth fu smontata pezzo dopo pezzo e lì, sulla collina di Loreto, fu rimontata con diligente cura. "Angeli" erano stati chiamati i Crociati e i Francescani perché erano i "custodi della terra" di Gesù. Santi crociati marchigiani gli angeli trasportatori della Santa Casa.

La Madonna, venendo in Italia (ad italicos suos, come amabilmente si sarebbe espressa, secondo una accreditata tradizione) è come se avesse trasportato un pezzo della sua terra in Italia. Poi venne Lourdes, venne Fatima. Ma Loreto resta il "più italiano" tra gli altri mille e cinquecento santuari mariani che costellano, come punti luce, la nostra Penisola.

Tra questi santuari c'è anche il nostro, piccolo nelle sue dimensioni ma tra i più elevati con la sua quota di altitudine: 1.421 metri. È lì che batte il cuore di ogni capracottese.

Madonna di Loreto siamo fieri di Te noi montanari; razza di aquile giammai suddita. E siamo fieri della nostra libertà.

Lasciaci dire che ci stupisce questa tua presenza vigile e premurosa in mezzo a noi. E ci stupisce ancora di più questo Tuo durare nel tempo e questo nostro attaccarci a Lei come un groviglio di funi delle nostre ansie, delle nostre pene, dei nostri drammi.

E andiamo interrogando perché mai solo davanti a lei ci accogliamo tutti in un comune senso di fratellanza, senza più discriminarci tra buoni e cattivi, tra colti ed ignoranti, tra poveri e ricchi.

È in questo il tuo mistero profondo di Donna, di Madre. Infinitamente giovane perché infinitamente Madre.

Infinitamente celeste perché infinitamente terrestre.


Michelino Di Lorenzo

 

Fonte: M. Di Lorenzo, La presenza di una Donna da sempre in mezzo a noi, in «Voria», II:4, Capracotta, settembre 2008.

Comments


bottom of page