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Sant'Anna


Sant'Anna Capracotta
Un momento della processione di S. Anna del 26 luglio 2009 (foto: N. Mendozzi).

Anna forse deriva dall'ebraico Hannah che vuol dire "grazia". I latini veneravano una divinità lunare denominata Anna Perenna, che festeggiavano all'inizio della primavera con giochi e allegri banchetti nel Campo Marzio. Al tempo di Ovidio la dea fu confusa con Anna, sorella di Didòne. Alla popolarità della santa «ha contribuito probabilmente anche il culto precristiano di Demetra-Persefone o Cerere-Proserpina, dove la Grande Madre genera la Figlia che a sua volta genera, come si rievocava nei Misteri di Eleusi, la Spiga di grando mietuta in silenzio, il sacro fanciullo Brimòs».

Secondo un'antica tradizione cristiana, Anna era il nome della moglie di san Gioacchino e madre della Madonna.

Perché accendere i fuochi proprio il 26 luglio, festa di sant'Anna? Si possono avanzare almeno due ipotesi: la prima riguarda sicuramente la collocazione calendariale a poco più di un mese dal solstizio d'estate, allorquando accendere i fuochi significa non solo rallentare la discesa del sole verso il semestre oscuro, ma preservare i raccolti da ogni pericolo e sventura; la seconda, indubbiamente meno probabile, potrebbe essere il ringraziamento a sant'Anna da parte degli scampati al terribile terremoto che si abbatté sul Molise il 26 luglio 1805.

Nella nostra regione questi fuochi sono conservati solo a Capracotta, mentre negli altri paesi il rito è completamente estinto.

Il fuoco di sant'Anna arde il 26 luglio proprio a Capracotta. «Una volta, quando la popolazione era numerosa, se ne accendeva uno per ogni quartiere ma col calo demografico degli ultimi cinquant'anni questa usanza, oggi, è praticata solo nei quartieri di Sant'Antonio e di San Giovanni». In quest'ultimo rione il fuoco infiamma il crocevia tra via Michelangelo e via Pescara nelle vicinanze di casa Di Tella.

Infatti la famiglia Di Tella è molto legata al rito per una grazia ricevuta. Nel 1914 Carmela Sciullo, mamma di Costantino, Giuseppe e Raffaele Di Tella, fece voto a sant'Anna affinché i loro figlioli tornassero illesi dalla guerra. La santa esaudì il cuore della mamma e i tre baldi giovani rientrarono sani e salvi a Capracotta. Da allora gli eredi Di Tella omaggiano e ringraziano sant'Anna ogni 26 luglio, patrocinando la festa. A sera, insieme ad alcune persone del vicinato, donano legna e fascine, allestiscono il falò rituale con al culmine l'immaginetta della santa e con fervore e devozione gli danno fuoco. A seguire, tra compaesani si consumano stuzzichini, patate sotto la cenere e vino; canti e balli completano la serata. Adesso, al contrario dei tempi passati, «i ragazzini non accendono più le stoppie, [...] per cuocere nella cenere patate novelle rubacchiate nei campi».

I Di Tella con solerzia si occupano di organizzare le cerimonie religiose e civili, che di solito vengono spostate alla domenica successiva. Il giorno della festa a mezzogiorno, dopo la messa solenne, si svolge la processione. La statua della mamma di Maria, che risiede nel secondo altare a sinistra della Chiesa dell'Assunta, come da tradizione è portata solo dalle donne. La banda e i fuochi pirotecnici arricchiscono la ricorrenza.

A Carovilli sino alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, la sera del 26, in località Fontecurelli, allora campagna, si accendeva un falò in onore della santa.

Da circa un quarto di secolo il fuoco dedicato a sant'Anna non arde più a Roccasicura. I ragazzi a mano raccoglievano e caricavano le fascine e la legna ed era un'armonia vedere i pargoli, i giovani e alcuni uomini assortire con spensieratezza le pire. I fuochi si potevano ammirare in piazza Marconi, piazza Umberto (qui si allestiva il più grande), nel rione Villaggiotto e in altri spazi e stradine del paese. La sera, alle nove, si incendiava una decina di falò ed ognuno diventava teatro di canti, balli e passatempi in buona compagnia.

A Spinete il rituale igneo non si pratica più da circa quarant'anni. Il giorno di sant'Anna i falò si preparavano grazie all'impegno dei ragazzi nel raccogliere la legna. Tutti davano il massimo per fare il miglior fuoco. I posti prescelti erano piazza Fontana, piazza San Pietro e tutti i vicoletti. I fuochi cominciavano a sprigionare le fiamme al comparire delle prima ombre della sera. Una delle particolarità più belle era quella di saltare tra le fiamme. Per i giovani diventava un'autentica gara, ricca di audacia e spavalderia. Si faceva il giro dei fuochi per verificare chi era il più bravo ad attraversare le fiamme. Un rito, quello di Spinete, improntato alla semplicità e impresso nei ricordi di quanti lo hanno vissuto.


Domenico Meo

 

Fonte: D. Meo, Riti e feste del fuoco: falò e torce cerimoniali in Molise, Volturnia, Cerro al Volturno 2008.

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