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Società italiana ed animazione in abito di tulle


La "Lectura Dantis" di Carmelo Bene del 31 luglio 1981.

La società italiana, come tutto l'Occidente, sta attraversando una grave crisi. Ovunque si respira un'aria di decadenza ed insieme di barbarie. La fine di un'epoca e di un impero si celebrano fra omicidi e congiure di Palazzo, complotti e società segrete, ripiegamenti nel "privato" e disperazione collettive. Le città scoppiano, la produzione e l'occupazione decrescono, il malessere sociale ed individuale dilaga senza freni colpendo classi e ceti diversi. Può sembrare superstizione, ma il clima generale è apocalittico e millenaristico. Gli unici a guardare oltre la soglia del 2000 sono pochi umanisti visionari e pochi rapaci ottimisti del Capitale. La società post moderna ed energotronica sembra avviata ad assomigliare al mondo della fantascienza: una massa amorfa schiavizzata e drogata a fronte di un'élite del potere e del denaro; in mezzo, qua e là, qualche mistico predicatore.

Viene subito da pensare alle somiglianze con epoche quali l'alessandrina, il tardo impero romano, il seicento, il fascismo. Epoche decadenti, raffinate anche, ma odorose di morte; ridondanti, orpellose e gaudenti; amorali per disperazione. La facciata è decorosa, quasi elegante. Le facce dei cronisti televisivi, il linguaggio degli elzeviristi, i discorsi dei politici sono compassati, qualche volta raffinati e sottili. Riprende corpo la cronaca rosa (come negli anni '50) dei reali d'Inghilterra; rinasce il music-hall; il cinema propone la fantasia, magari tecnologizzata, dei più ingenui fumetti; l'androgino furoreggia. L'effetto è tragico. Come quando nei films si vede la figlia del colonnello festeggiare i suoi diciotto anni in abito di tulle, mentre fuori il padre viene scotennato dagli indiani. L'Italia mostra un abito di tulle. Intanto, circa duecentomila giovani si stanno facendo il buco quotidiano nel solito sottoscala. Dieci milioni di "vecchi" vengono rinchiusi in monolocali e guardati a vista dai televisori. Tre milioni di handicappati percorrono il loro calvario da un "territorio" all'altro.

Cinquemila operai ogni anno muoiono per "disattenzione" sul lavoro. Centomila adulti circa, nella sola Milano, vengono classificati analfabeti (d'andata o di ritorno). Quindicimila famiglie del Belice vivono quasi accampate dopo oltre due lustri dal terremoto. Mezzo milione di persone è già virtualmente sfrattato e senza casa. I suicidi sono in aumento: d'altronde la droga non è un suicidio "differito"? Le psicoterapie si moltiplicano geometricamente. Cartomanti, astrologi, esorcisti vivono un periodo aureo. Ma l'Italia mostra un abito di tulle.

Una delle balze di questo tulle è l'animazione. I governi locali, di ogni colore e gradazione, hanno scoperto l'animazione. Persino l'esercito ha scoperto l'animazione. Venezia muore, il Comune riscopre il Carnevale. Una bomba uccide 80 turisti ignari? Bologna commemora il fatto con l'animazione. Il centro storico di Roma si decompone per il traffico e lo smog? La Giunta lancia il cineclub di massa. A Milano si arriva a morire di animazione, cadendo da un fatiscente ponticello, ma la Giunta seda le angosce con risotti più abbondanti.

L'animazione è dunque diventata una decorazione, un'evasione, un'attività illusionistica, una droga culturale. Essa ripristina i fatti estetici e le nefandezze etiche degli imperatori romani, del barocco e del nazi-fascismo.

Gli antenati di Nicolini, assessore di una Giunta "progressista", sono Nerone, G. B. Marino («è del poeta il fin la meraviglia»), G. D'Annunzio l'immaginifico. Con qualche eco dell'architetto nazista Speer (scenografo delle Olimpiadi di Berlino).

Ha una grande tradizione dunque il nostro teorico dell'effimero, dell'immaginario e del meraviglioso.

Al confronto sbiadisce il radicale Aghina (assessore a Milano), che si muove sulla scia dei vecchi dopolavoro padronali e dei caserecci sabati fascisti sull'aia. Sport (la Stramilano è uno dei fori all'occhiello degli assessori milanesi); un po' di ballo liscio e di musica tradizionale con ruderi riciclati (Rita Pavone e Don Lurio al Castello Sforzesco!); un pizzico di spregiudicatezza con Renato Zero e di avanguardia con l'impacchettamento del monumento a Vittorio Emanuele; ed infine tante belle mangiatone di risotti in piazza Duomo. Ecco la ricetta del minculpop degli anni '80 nella città più europea d'Italia.

Ma anche Bologna non scherza. Commemorare un'ottantina di morti facendo "dire" a Carmelo Bene qualche pezzo dantesco dalla torre degli Asinelli, è un'idea da premio Nobel per la pace.

Vorrei subito sgombrare il campo dal dubbio che qui si voglia fare un attacco ai governi locali di sinistra. La manipolazione, la stupidità, l'incultura inquinano purtroppo Giunte di ogni colore. Si parla qui di Roma, Bologna, Milano perché sono grandi città e perché si sono esse stesse "fatte chiacchierare" su ogni mezzo d'informazione. Più avanti parleremo di esempi positivi, gestiti da Giunte anch'esse "rosse". Un fatto indiscutibile, purtroppo, è che i cattivi esempi sono sempre più seguiti. Giunte d'ogni colore, città e paesini di ogni parte d'Italia, stanno imitando i "mostri" arrivando al grottesco. Bari, Rivisondoli, Capracotta, Desenzano, Rimini, Cuneo stanno "nicolinizzandosi" alla caccia all'effimero, purché sia costoso e chiacchierabile. Una caccia smodata in una logica da circo Barnum sempre più stupefacente. Se non si trattasse delle nostre teste e dei nostri soldi, ci sarebbe da ironizzare sulle prossime trovate.

Stefano Benni auspica un incontro di calcio Roma-Brasile in piazza Navona, facendo saltare le fontane. Bologna potrebbe commemorare il secondo anniversario della strage, facendo suonare la Valchirie dall'orchestra della Scala, sospesa ad un pallone aerostatico a cento metri dal suolo. Milano, che si appresta a commemorare Leonardo, potrebbe offrire risotti surgelati a tutti i Leonardi del mondo; far cantare Leonard Coen dalla Madonnina; costruire una statua della Gioconda con 100.000 lattire di birra. Venezia potrebbe coprire per una settimana tutti i canali ed aprire al traffico la città, lanciando un "Carnevale meccanico".

Ma il segno della degradazione e della strumentalizzazione maggiore viene dall'operazione "caserme aperte". Ancora non si parla di animazione, ma ci saremo presto. I luoghi di addestramento alla morte e all'omicidio, gli spazi dell'incultura e del paradosso; i territori di assuefazione alla droga ed all'omosessualità: le caserme, si aprono al territorio con feste, frizzi, lazzi, cotillons.


Guido Contessa

 

Fonte: G. Contessa, Dall'età di Vulcano all'età della Luce. Scritti sull'animazione, Clup, Milano 1989.

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