Il territorio di Capracotta nel Giustizierato di Terra di Lavoro
Come ognuno sa il periodo di dominazione degli Hohenstaufen, ai quali si prostrarono poeti e prosatori, storiografi e giuristi, lasciandone parole di encomio come iniziatori di una nuova civiltà fu un periodo turbolentissimo in Italia, specialmente meridionale, nei contrasti del Papato e dell'Impero. Assai tribolato ne restò il nostro Contado di Molise, sballottolato fra le lotte e l'antagonismo di coloro che, mandati a difendere, ovvero col pretesto di sostenere, chi la causa del Papato, chi quella dell'Impero, pensavano in fondo al proprio tornaconto, dispostissimi a mutar vela secondo il vento.
Il Muratori nei suoi Annali riassume la cronaca di questi eventi; ed il Ciarlanti, nelle Memorie storiche del Sannio, dà un ampio quadro delle schermaglie intese all'accaparramento di buone parti della nostra Provincia.
È singolare però che di quel periodo non resti documento che riguardi direttamente il nostro territorio, il nostro paese; solo indirettamente ne abbiamo indicazione quale parte della Contea d'Agnone tolta ai Borrello come rilevasi nella cronaca "De rebus gestis Federici II Imperatoris, eiusque filiorum ab anno 1210 usque ad 1258" nell'accenno «Acciditi quod quidam de Dominis Anglonis Burrellus nomine, cui Princeps ipse quantam terram qua iuxta fuerat per Imperatorem privatus gratiose restituit» nel quale bisogna considerare che un Borrello dei Signori di Agnone, privato già dall'Imperatore (Corrado IV) della signoria di alcune terre, ne otteneva la restituzione dal principe (Manfredi) per mezzo del legato del Papa, insieme al conferimento delle Contee di Lesina e Montesantangelo, come si legge nel seguito di quella cronaca. Ma forse giungeva tardi la restituzione della signoria delle terre di Agnone, come si avvertirà qui appresso.
Dalla serie dei giustizieri poi si rileva che intorno al 1220-21 il Contado di Molise, e con esso il nostro territorio, fu distaccato dal Giustizierato degli Abruzzi ed unito a quello di Terra di Lavoro. Ma quel periodo che va fra il declinare della dominazione Sveva e il sollevarsi di quella Angioina persiste sempre fra i più confusi ed oscuri in ogni memoria delle nostre contrade. L'odio spiegato dai Sovrani Angioini contro tutto ciò che era appartenuto alla dinastia Sveva; e più di ogni altro la distruzione portata nel grande Archivio di Stato del Regno di Napoli, durante le varie rivoluzioni, han fatto perdere un'infinità di documenti.
Due altri storici avvenimenti in quel periodo, ossia in tutto il 1200-300, vennero fuori e dilagarono in tutta Italia, turbando la tranquillità delle popolazioni, troncando in tutto il mezzogiorno d'Italia ogni allettamento ad un progrediente svolgersi di vita sociale, agli studi, alle arti, alle industrie. Prima la larghezza invalsa di far concessioni ai grandi feudatari non più di un solo feudo ma di parecchi e spesso in punti svariati e lontani, onde nessun legame durevole veniva a stringersi fra signore e popolo suo soggetto, il quale perciò tutto doveva dare senza mai nulla ottenere.
Poi il sorgere dei Capitani di ventura e delle loro compagnie mercenarie cui era facile via la rapina. A tutti poi aperto il campo agli arbitri ed ai soprusi. Ecco perché le nostre contrade fino alle Calabrie estreme, restarono tanto indietro alle altre più a nord in ogni ramo, dell'umana attività. Ecco perché tanto buio nelle memorie di quel tempo.
Allorché i Conti Borrello furon privati della signoria di Agnone e con essa del nostro territorio, altri eran subentrati in esso, non si sa se per concessione dell'impero Svevo, se per prepotenza, ovvero se per influenza di più potenti feudatari od avventurieri che con l'ardimento s'impadronivano di vasti possedimenti senza renderne conto a chicchesia.
Qui è opportuno ricordare che appunto nei nostri dintorni ebbero culla, svolsero le loro gesta ed ingrandirono i Caldora, intesi poi a sostenere dinastie straniere contro altre, ribadendone la tirrannide ed impadronendosi di quanto veniva loro fatto.
Diversi indizi si hanno che un loro fido avesse assunto la giurisdizione feudale di Capracotta un Andrea d'Ebulo, il cui nome si andò ripetendo d'avo in nipote per parecchie generazioni, fin dopo che uno di essi ottenne formale investitura dei feudi del nostro agro da un Re Aragonese. Un cenno ce ne viene tramandato nei celebri Diurnali di Matteo Spinelli, il quale narra che, in seguito all'appello proclamato da Manfredi ai Baroni nel 1261 perché lo raggiungessero all'accampamento verso Frosinone, esso Spinelli seguì Iozzolino della Marra da Barletta, e, percorsa la Capitanata, traversarono in Agosto il Molise, incontrandone parecchi Baroni, fra i quali ad Isernia «Messer Andrea d'Ebulo, Messer Bernardo Carbonara e Messer Cola de Monte Agano tutti tre Baroni d'Abruzzo» egli dice che portavano 25 cavalli.
Se si consideri a questo punto l'attestazione dello Spinelli che il Conte di Molise aveva la sua vasta Signoria fino a Boiano e che Bernardo Carbonara era Signore di Agnone, come Messer Cola lo era di Montagano; che da altre Cronache si desume come a Trivento imperasse Guglielmo d'Eboli, un'altra d'Eboli a Carpinone, Raimondo di Maleto a Castrogirardi, i Caldora a Casteldelgiudice, che per lo Spinelli tutti questi luoghi e persino Gambatesa, erano Abruzzo (come del resto anche pei Pugliesi generalmente d' oggidì), si può trarne la dimostrazione per absurdum (secondo l'espressione dei vecchi insegnanti di Geometria) che l'Andrea d'Eboli avesse già ghermita la signoria di Capracotta.
Luigi Campanelli
Fonte: L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Tip. Antoniana, Ferentino 1931.
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