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Tiberio Carafa e il clima di tensione a Napoli tra il 1693 e il 1696


Tiberio Carafa (1669-1742).

Tiberio Carafa nacque a Chiusano il 27 gennaio 1669 da Fabrizio principe di Chiusano e da Beatrice della Leonessa dei duchi di Ceppaloni. Dopo aver ricevuto una prima educazione dai maestri del luogo si trasferì a Napoli, dove si dedicò all’apprendimanto delle cosiddette arti cavalleresche.

Nel 1692, sposò Giovanna Carafa dei duchi di Forlì, vedova del duca di Capracotta e, successivamente del duca di Campolieto. Il matrimonio era stato voluto dal padre del Carafa interessato ad assicurare al figlio la pingue eredità del Campolieto.

Gli ultimi anni del secolo XVII, durante i quali giunse a maturazione il problema della successione spagnola, determinarono un certo clima di irrequietezza di cui si faceva portatore un gruppo di nobili di cui il Carafa può essere considerato, insieme allo Spinelli, l'ideologo. I valori che lo muovevano non erano però quelli della nuova cultura sviluppatisi a Napoli nella seconda metà del Seicento.

L'interesse dimostrato dal Carafa nelle sue Memorie per le polemiche religiose del tempo, la simpatia per le filosofie moderne, sono legate a ben precisi interessi politici. In particolare il richiamo alla tradizione anticlericale era strumentale all'opposizione alle tendenze filofrancesi in materia di successione sul trono spagnolo che avevano il loro centro nella Curia napoletana.

Nell'estate del 1699 si ebbero i primi accordi relativi alla possibilità di realizzare una azione aristocratica comune da avviare in previsione dell'estinguersi della linea asburgica madrilena. Gli obbiettivi erano: l'assunzione del potere da parte del gruppo alla morte del re ed il trasferimento di esso agli eletti di Napoli per conseguire o l'autonomia del Regno o la possibilità di sceglierne il sovrano. Per procurarsi gli aiuti necessari il Carafa si sarebbe recato a Venezia. I contatti che vi ebbe non furono fruttuosi. Ritornato nel Regno riuscì ad attirare dalla sua parte un considerevole numero di nobili molisani.

Alla morte di Carlo II di Spagna il programma del partito patrizio si rivelò, tuttavia, irrealizzabile. L'ascesa di Filippo di Borbone al trono spagnolo vanificava ogni possibilità di rendere Napoli autonoma dal Madrid. Fu necessario mutare gli orientamenti del movimento e cercare di dargli uno sbocco inserendolo nella contesa tra Borboni ed Asburgo. Ci si proponeva a questo punto di giungere all'acclamazione di un principe austriaco come re di Napoli.

La dinamica della rivolta fu fallimentare tant'è che il Carfa unitosi al principe di Macchia fu costretto a fuggire alla volta di Venezia. Da qui si trasferì presso l'esercito imperiale di stanza in Italia, comandato da Eugenio di Savoia, alle cui dipendenze partecipò alla presa di Cremona, all'assalto di Mantova ed alla battaglia di Luzzara.

Nel 1702 si recò a Vienna dove svolse un'azione mediatrice per comporre i contrasti da cui erano divisi gli esuli napoletani. Alla fine del 1703 si recò al seguito di Eugenio di Savoia in Ungheria, dove si erano avute sommosse. Tornato a Vienna, nel settembre del 1704, postosi al seguito dell'arciduca Giuseppe prese parte all’assedio di Landau. Infine nel luglio del 1707 il Carafa poté tornare con l'esrcito austriaco del Daun a Napoli. Il 16 luglio 1707 venne inviato a Barcellona presso Carlo d'Asburgo per dargli notizia dell'avvenuta conquista del Regno e per esporgli le condizioni in cui esso versava nonché le disposizioni date da Vienna. In questa occasione il Carafa stese un Parere su ciò che riteneva "vantaggioso e convenevole alla sua Patria".

Alla fine del 1708, trovandosi in difficoltà finanziarie, ritornò a Napoli non senza aver ricevuto da Carlo d'Asburgo il titolo di Grande di Spagna ed una pensione annua di seimila ducati. Le sue condizioni economiche non erano delle più brillanti e lo stesso esilio volontario sarebbe stato in parte determinato dall’esigenza di ridurre le spese. Da questo ritiro il Carafa uscì in occasione della guerra che avrebbe condotto alla fine del dominio austriaco nel Napoletano.

Nel dicembre del 1733 venne nominato vicario generale della provincia del Principato Ultra. Costretto ad abbandonare la provincia per l'avanzata dell'esercito nemico, si ritirò al seguito del viceré prima in Capitanata e poi in Terra di Bari. Di questa ultima provincia assunse il governo.

Caduto il Regno nelle mani dell'esercito borbonico, il Carafa nel maggio 1734 si imbarcò per Venezia donde si recò a Vienna. Qui si risposò con Maria Giuseppa Pinelli dei duchi di Tocco e poté risanare un po' le finanze tanto più che tutti i suoi beni erano stati sequestrati. Morì a Vienna il 9 dicembre del 1742.


Francesca D'Avino

 

Fonte: F. D'Avino, La confisca dei beni agli eretici nella Napoli di età moderna, Dottorato di ricerca, Università degli Studi di Napoli "Federico II", Napoli 2011.

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