Mentem santam spontaneam
honorem Deo et patriæ liberationem
XPS rex venit in pace Deus
et homo factus est
Verbum caro factum est
Nicolaus de Crapa Cotta
me fecit A.D. 1566
«Una mente sana a onor di Dio e liberazione della patria. Cristo Dio re viene in pace e si è fatto uomo. Il Verbo si è fatto carne». Nicola Perilli - mastro fonditore capracottese, celebre rappresentante d'una tradizione perduta per sempre, quella dei campanari itineranti - impresse l'epitaffio di sant'Agata sulla grande campana della Chiesa di S. Maria Maggiore di Roio del Sangro, «fusa nel 1566 con l'oro e l'argento offerto da tutti i roiesi», restaurata e riportata a nuova vita grazie all'amore dei cittadini di colà della classe 1950. I generosi roiesi, nell'inaugurare il 12 agosto 2010 il restauro di quella campana, scrissero che «il suono [...] richiama all'aprirsi della mente all'ascolto di Dio: un Dio che ha amato l'uomo divenendo come uno di noi nel grembo purissimo della Madonna che accogliendolo si è sentita accolta infinitamente. Simili all'eco della campana ognuno è chiamato a risuonare di Dio facendo diventare la propria vita amore: dono di sé agli altri».
Nel '500 il cosiddetto Nicola de Crapa Cotta e suo figlio Donato erano depositari della tradizione di famiglia, campanari capracottesi tra i primi d'Abruzzo, sia in senso cronologico che artistico, prova ne sia l'elenco stilato sulla "Revue de l'Art Chretien" dallo storiografo francese Xavier Barbier de Montault, in cui comparivano i più grandi fonditori di campane europei dei secc. XIII-XVIII, tra cui l'unico abruzzese: «Donato Perilli, de Capracotta, [qui] a fondu en 1576 la cloche de l'èglise de Matrice, [avec] sa signature». La caratteristica dei Perilli stava infatti nella loro estrema mobilità, poiché si spostavano da Capracotta per andare a fondere o ad installare campane in posti in cui già operavano altre famiglie di fonditori.
Nel caso della campana della parrocchiale di Roio del Sangro, il dettaglio che più di ogni altro salta all'occhio sta nell'effige della salamandra (o lucertola), che il solerte Sebastiano Trotta ha fotografato. Stando a una millenaria leggenda, infatti, la salamandra è un simbolo di purezza perché essa, passando indenne nel fuoco, si purifica. In Spagna, addirittura, è molto frequente rappresentare una salamandra o una lucertola sulle campane appena fuse, in segno di scongiuro contro i fulmini.
La salamandra compare ad esempio su tutte le campane dei fonditori Donati de L'Aquila, le cui opere sono diffuse tanto nelle Marche quanto in Umbria. Qualche ricercatore, ingenuamente, ha indicato la salamandra come simbolo proprio dei fonditori Donati ma questi, attivi tra il XVIII e il XIX secolo, seguivano in realtà un'usanza praticata da tutti i fonditori europei e infatti la ritroviamo un po' ovunque. Nel Duomo di Ascoli Piceno vi è perfino una campana che prende il nome di Lucertola; la salamandra compare anche nel campanone del Duomo di Fermo, opera dei fratelli Giuseppe e Vittorio Camplani. Lo sgusciante anfibio compare addirittura sulla campana della Chiesa di San Marcellino a Cremona, fusa nel 1715, e sulla Turela del concerto di Gargnano (BS), fusa da Andrea Crespi nel 1819.
A quanto pare, insomma, la famiglia Perilli di Capracotta era ben inserita nel contesto italiano dell'arte campanaria, tanto che, allo stato attuale, grazie agli studi precedenti, possiamo ascrivere loro con certezza la realizzazione delle seguenti campane:
1443, Chiesa di S. Croce, Solofra (AV);
1481, Chiesa di S. Germano, Cassino (FR);
1545, Chiesa di S. Giovanni, Castel di Sangro (AQ);
1545, Chiesa di S. Giovanni, Cineto Romano (RM);
1566, Chiesa di S. Maria Maggiore, Roio del Sangro (CH);
1571, Chiesa di S. Maria Assunta, Pietrabbondante (IS);
1576, Chiesa di S. Maria della Strada, Matrice (CB);
s.d., Chiesa del SS. Sacramento, Scanno (AQ).
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
V. Ambrosiani, La chiesa badiale di Santa Maria della Strada in Matrice, Jamiceli, Campobasso 1887;
U. D'Andrea, Campane e fonditori in Abruzzo e Molise dal 1532 ai giorni nostri, vol. II, Tip. dell'Abbazia, Casamari 1980;
A. di Nardo Ruffo, Il Molise e le sue mani d'oro, Grafica Isernina, Isernia 2010;
M. Di Rienzo, Il diario di Capracotta: luglio 2005-giugno 2006, Capracotta 2006;
E. Mattiocco, Segni sulla pietra. Iscrizioni e araldica della terra di Castel di Sangro, Itinerari, Lanciano 2003;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;
X. B. de Montault, Les fondeurs de cloches en Italie, in «Revue de l'Art Chretien», XXXI:6, Lille 1888;
E. P. Pignatiello, Epitaffio di S. Agata, in S. R. Corinaldi, Una goccia di splendore. Il campanone e l'orologio di Cingoli, Tip. Ilari, Cingoli 2016.