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Il territorio di Capracotta: primo periodo dei Longobardi



Il territorio di Capracotta nel Ducato di Benevento

Era trascorso così «di cinque secoli il silenzio» finché i Longobardi per i primi potettero ottenere una certa stabilità ed unità di governo, costituendo i Ducati di Spoleto (Duce Faroaldo nel 568) e di Benevento (Duce Zotone nel 569) formando poi la piccola Longobardia coi Principati di Capua e di Salerno. I ducati di Spoleto e di Benevento, dalle ricerche compiute dal Fatteschi e da altri scrittori, restarono delimitati dal confine già assegnato alle Provincie Costantiniane, ossia dal corso del fiume Pescara, anziché da quello Augusteo del Sangro.

È da credere che la stabilità del governo dei Longobardi fosse dovuta sopratutto alla pieghevolezza delle popolazioni inermi ed assorte nel desiderio della eterna salvezza e quindi alla tolleranza dei Duci degli ordinamenti ecclesiastici che si andavano formando, oltreché al loro rispetto verso gli antichi ordinamenti civili secondo le leggi Romane. Essi pertanto spartirono amministrativamente le terre in Gastaldati, ai quali, a giudizio del Faraglia, corrisposero altrettante Diocesi Ecclesiastiche.

Il Faraglia stesso enumera sette Gastaldati Abruzzesi fra il Pescara ed il Sangro, due dei quali, Teate e Valva, ossia Chieti e Sulmona terminavano al Sangro con le rispettive Diocesi. Ma l'autore tace e tacciono i Cronisti sulla formazione dei primi Gastaldati nel nostro Sannio Settentrionale. «Tenebre dense gravano su di esso» scrive il Romanelli.

Nulla si oppone però al presupposto che fossero tracciati sulle due antiche Diocesi costituite, ossia Trigentum e Aufidena. Il ricordo di queste è sicuramente anteriore all'avvento Longobardico.

Certo gli scrittori di Storia Ecclesiastica sono tutti concordi nel riconoscere la tradizionale antichità della Diocesi di Trivento col suo primo Vescovo S. Casto, che vi si sarebbe mandato dal maestro Clemente nell'anno 98 d.C. sotto Traiano. Altra tradizione è tramandata di un altro Vescovo o Ecclesiastico Milanese che vi avrebbe recato le teste dei Santi Martiri Nazario e Celso «cui Divis Tutelaribus Cathedralis Ecclesiæ vetustæ structuræ dicata est» come scrive l'Ughelli. Moderne ricerche però pubblicate dal Lanzoni sorgono contro la fondatezza di queste tradizioni tratte da un Codice Beneventano del XIV secolo, contenente la vita di S. Casto. Lo stesso autore però attribuisce la istituzione della Diocesi di Trivento all'epoca Bizantina. Fugacemente riferisce che essa Diocesi succedette a quella di Alfedena, desumendo ciò da un incarico affidato da Papa Gelasio Primo a due Giudici per una contesa «contra Episcopum civitatis Aufidiani» nell'anno 494, argomento questo debole per dubitare della maggiore antichità ed importanza della Diocesi di Trivento; tanto più che lo stesso autore fa menzione di una pastorale diretta nel 459 da Papa Leone 10 ai Vescovi «per Samnium» come è a dire che già ve ne era più di una.

L'Hirsch rileva che prima dei Longobardi nella bassa Italia c'era un numero di Vescovi sproporzionatamente grande. Non rimane dubbio perciò che la piccola Diocesi fondatasi in Alfedena (e così forse il suo piccolo Gastaldato) fosse concentrata in quella maggiore di Trivento; e ciò dovette avvenire nel periodo della sistemazione delle Diocesi promossa da S. Gregorio (Papa dal 560 al 613 primo a chiamarsi servus servorum Dei) che la chiesa ed il Gastaldato di Trivento fossero assoggettati al capoluogo del Ducato, Benevento. Ed infatti la Diocesi ne restò suffraganea fino al 1474 in cui Sisto quarto la dichiarò immediatamente soggetta alla Santa Sede per istanza del Vescovo Tommaso Carafa (1472-1499), e l'intercessione di Ferdinando Primo come emerge dalla relativa bolla trascritta dall'Ughelli. Tali circostanze depongono che un Gastaldato trovavasi istituito in Trivento conformemente alla Diocesi. La "Dissertatio chorografica mædii ævi" nel decimo volume dei "Rerum Italicarum scriptores" del Muratori, mentre ricorda la istituzione del Gastaldato offerto dal Duca Romualdo al Duce Bulgaro Altzeco nel 667, già riferita da Paolo Vernefrido nelle «spatiosa ad habitandam loca, scilicet Saepianum, Bovianum, lserniam, et alias cum suis territoriis civitates, quae satis indicant hunc gastaldatum constitutum ubi antiqui Pentri Samnites trans Appenninum ut ex Livio» ne esclude Trivento e le nostre circonvicine contrade, lasciando bene apparire cosi questo Gastaldato di Trivento di per sé stante.

In altro documento trascritto dall'Ughelli, nel quale i principi Landolfo, e Pandolfo di Benevento nel 1032 confermano al Vescovo Gerardo la reggenza delle chiese e dei monasteri tutti fra le terre diocesane di Venafro e di Boiano; venivano incluse quelle già sottoposte alla Badia di S. Vincenzo al Volturno »a civitate Iserniæ usque in Sangrum et quomodo coniungit cum comitato Triventino».

A chi rifletta che i Comitati o Contadi non furono che una innovazione di nome dei Gastaldati riesce facile intendere l'anteriore coesistenza di potere del Vescovo e del Gastaldo in questa Diocesi, che il compianto Mons. Pietropaoli «a poco a poco fra l'inclemenza dell'aere, attraverso fiumi e torrenti per valli amenissime e colli festanti, su per erte montagne o giù per balze dirupate, ne percorse il vasto territorio chiuso intorno da otto altre Diocesi, stendentesi per tre Provincie dal Biferno al Trigno, e dal Trigno al Sangro, con una popolazione di circa 120.000 anime distribuite in 58 parrocchie» e che dové improvvisamente abbandonare colpito da infermità che inesorabilmente lo trasse a prematura morte quando festosamente acclamato vi aveva fatto ritorno dopo la sua missione diplomatico-pontificia al Venezuela.

Ma chiara conferma della costituzione del Gastaldato triventino si trova nel "Chronicon Beneventani monasterii" (Ughelli vol. X) in cui trovasi la conferma di investitura datane da Pandolfo e Landolfo nel 992 al Conte Randolsio: «Concedimus tibi, tuisque hæredibus civitatem Triventinam sic quomodo tu illam modo tenes et cum terris [...] quam Castellum Angelorum e Cacononem et Cantalupum prædictas terras sic quomodo tenuerunt et dominaverunt inter fluvium Trinium et Sangrum homines qui prædictis castellis habitant» dove si capisce che il Castellum Angelorum è Agnone, Cacononem è Caccavone, ed il Cantalupa non quello nel piano di Boiano, ma l'altro fra S. Pietro Avellana ed Ateleta, rimasto col nome di "Feudo di S. Martino e Cantalupa" nell'agro di S. Pietro Avellana, nella Diocesi di Montecassino, ma compreso un tempo nel Mandamento di Capracotta oggetto di molteplici contestazioni per essere stato dichiarato Demanio dello Stato al tempo delle Leggi eversive dell'asse ecclesiastico.

Mi son trattenuto forse un po' troppo a lungo sulla Diocesi e sulla costituzione del Gastaldato di Trivento, ma fu proprio in quel primo periodo di tranquillo governo dei Longobardi (che chiamerei puro) che le nostre contrade potettero popolarsi alquanto; e fu sul finire di quell'epoca che sorsero nel territorio di Capracotta i primi aggruppamenti di popolazione con fissa dimora; maggiori apparvero: quello denominato di S. Nicola della Macchia, sul colle sovrastante a quella Fonte del Romito presso cui emersero le reliquie osche innanzi citate; l'altro restato col nome di Capracotta. Minori sorsero altri nelle contrade di Monteforte; di S. Croce; di Ospedaletto; di S. Nicola di Vallesorda; di S. Iusta; di S. Maria Caprara, delle quali restano pressoché invisibili vestigia o informi ruderi. Più di una restò forse come semplice stazione pastorale. La constatazione che il primo raggruppamento di abitazioni permanenti in Capracotta sorgesse in quell'epoca e cioè nel IX secolo (800) emerge da due incontrovertibili dati di fatto; il primo che traccia di più antiche costruzioni giammai furono rinvenute nei suoli dovunque scavati, ovvero rimossi nelle terre entro o prossime all'abitato presente; il secondo che le prime rivelazioni di popolazione unita nel nostro territorio appaiono proprio in documenti del periodo immediatamente successivo, dei quali perciò conviene far parola qui di seguito.


Luigi Campanelli




 

Fonte: L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Tip. Antoniana, Ferentino 1931.

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